IL "DIVO GIULIO" SEGRETO: ARRIVA IL ROMANZO INEDITO DI ANDREOTTI SCOPERTO DALLA FIGLIA SERENA – DA MILITARE DI LEVA PUNTO' IL FUCILE CONTRO IL SUPERIORE, LE CORSE DEI CAVALLI, IL REFERENDUM SUL DIVORZIO, LA RABBIA DI DE NICOLA PER IL MANCATO INCHINO, L’AVVENENTE MANICURE... - BISIGNANI: "UNA SCENEGGIATURA DA COMMEDIA ALL'ITALIANA CON UNA SCRITTURA DI ANTICA SIGNORILITA'"
2. IL BUONO CATTIVO
Marco Ventura per il Messaggero
E’ mettendo in ordine le carte del “babbo” che Serena Andreotti ha raccolto nel setaccio degli archivi un gioiello. Lo troveremo in libreria dopodomani come “il libro inedito” di Giulio Andreotti scritto nel 1973, prosecuzione de I minibigami che gli aveva provocato amarezza per certe critiche ai tribunali ecclesiastici sui matrimoni in pieno referendum sul divorzio.
In 256 pagine dal titolo Il buono cattivo, pubblicate da La nave di Teseo, le conversazioni di un circolo d’amici che si riuniscono le sere dell’estate 1970 in un’immaginaria villa sul Lago di Como. Decameron moderno col pepe dell’aneddoto, del ritratto di un’Italia che sapeva ancora ridere di sé stessa, come Andreotti fino all’ultimo. Libro lieve, sapiente, novellistico, privato e politico, nel quale la figlia Serena, scoprendolo «fortunosamente» un anno fa, ha ritrovato la voce paterna.
«Leggendolo mi sono divertita e emozionata, risentivo i suoi discorsi e racconti, rivedevo babbo alle corse dei cavalli quando io e mia madre non riuscivamo a tirarlo via, le vacanze a Segni, la vita di provincia vista da un gruppo di ragazzini smaliziati, e scoperte sorprendenti che non riesco neppure a collegare, come la storia dell’avvenente manicure... Io ricordo solo, dal suo barbiere, una signora centenaria».
LA CURIOSITÀ Filo conduttore: la curiosità per gli uomini che lo spingeva ogni volta a raccontare. «Forse il suo libro più autobiografico», ammette Serena. Vi sono descritti episodi meno noti della sua vita dalla guerra in poi, da ragazzo a militare di leva, dai primi passi al fianco di De Gasperi alle vacanze a Deauville e in Costa Azzurra, dalla passione per le corse dei cavalli alle “storie italiane” collezionate nel segreto del Palazzo come nelle botteghe da barbiere, restituite con grazia.
«Bonariamente si è vendicato di qualcuno, per esempio del presidente De Nicola che non prendeva mai una decisione e lasciava ogni volta in sospeso De Gasperi e quindi mio padre che era il suo assistente…» Così Andreotti scrive che Enrico De Nicola, capo provvisorio dello Stato nel ’46, indispettito per il «moderato inchino» (da protocollo) riservatogli all’inaugurazione dell’anno giudiziario, non si rassegnò a essere appena citato in conclusione del discorso del procuratore generale Massimo Pilotti. E perciò ne chiese la testa.
«Cominciò a inveire duramente, con espressioni irripetibili» che scandalizzarono il consigliere militare. La diatriba si risolse alla romana, con lo spostamento di Pilotti alla Magistratura delle acque (previamente equiparata). «Roma non è una città imprenditoriale – commenta Andreotti – ma come industria dei ruoli è davvero imbattibile».
CAPOCOTTARI C’è la rievocazione dell’omicidioMontesi del 1953-‘54 che generò il neologismo “capocottari” (il cadavere fu ritrovato sulla spiaggia di Torvaianica, vicino alla tenuta di Capocotta). Pure lì troneggia la figura di un magistrato gigantesco, Sepe, che di Piero Piccioni, figlio del vicepresidente del Consiglio, disse sprezzante ai giornalisti: «Ma lo sapete che è un compositore di jazz?». Era però una montatura.
MEMORIE MILITARI Ancora, nei primi anni ’70, il divario tra la rivelazione quotidiana del segreto istruttorio sui giornali e la ridotta pubblicità delle assoluzioni (già allora). I ricordi da militare di leva che per errore punta il fucile contro il superiore. Cronache dall’ippodromo con pillole di saggezza:
«Chi conosce bene l’andamento di una stagione ippica e le genealogie di regola perde, mentre chi gioca il numero della propria abitazione o un nome che suona bene al suo orecchio va spesso al botteghino dei vincenti».
Andreottiana l’autoironia sul non essere mai stato sportivo. Idiosincrasia nata nella “palestra” della scuola elementare, «uno scantinato buio e tanto polveroso che, quando l’istruttore comandava di battere il passo, si levava dal suolo una specie di nuvoletta» che impiastricciava gli atleti in erba.
La facilità nel prendersi i raffreddori, i pomeriggi in biblioteca, la passione per il teatro (un biglietto in cambio di fare la claque), l’hobby di collezionare la posta affrancata degli ultimi 18 anni dello Stato Pontificio. Quindi il racconto delle avances dell’olandese Van Qualcosa alla manicure Orietta. E tanta presenza di Roma vaticana con la sua corte di prelati e una digressione sui negozi di abbigliamento ecclesiastico e la parabola dellamoda religiosa dei cappelli. Al fondo la tesi, esposta da Andreotti stesso nella prefazione, per cui «non sempre il bene appare, e ciò che appare come bene molto spesso non lo è».
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