ADRIANO, IL CRETINO DI TALENTO – CECCARELLI: IL MOLLEGGIATO E’ STATO IL SINTOMO PIU’ EVIDENTE DELLA FINE DELLA POLITICA - TELE-PREDICATORE EVOLUTO ED ARCAICO, PERICOLO PER LA DEMOCRAZIA E INSIEME INNO ALLA LIBERTÀ DELL'INDIVIDUO: LA POTENZA DEL SUO MESSAGGIO DICEVA CHE IL CAMPO DEL POTERE ERA ORMAI APERTO ALLE SCORRERIE DELLO SPETTACOLO - VIDEO
Filippo Ceccarelli per la Repubblica
Pubblici compleanni e meditabondi. Quanto basta per farsi venire il sospetto che Adriano Celentano, prima e meglio di tanti altri uomini politici, sia stato il più straordinario sensore, per non dire il sintomo più evidente della crisi terminale della politica. E in questo senso, il fatto che oggi compia 80 anni consente di osservare che questa fine egli ha non solo prevista e accompagnata, ma in parte anche determinato.
Dopo tutto, con gli occhi di oggi, era già pienamente politica la frenesia dell' urlo che nei primissimi anni 60 contrappose il Molleggiato ai conservatori del gorgheggio. Di tale acerrima contrapposizione si trova ampia traccia nei preziosi cinegiornali dell' Istituto Luce. Ce n' è uno in cui Alighiero Noschese imita Celentano e al culmine delle smorfie e dello sregolamento motorio, gli fa confessare la colpa invocando il più sacro degli affetti: "Mamma, perdono!".
Ma a parte le parodie, poi le cose cambiarono e da ribelle del rock' n roll, in quell' Italia così segnata dalle appartenenze, venne facile valutarlo a seconda delle canzoni: nostalgico-passatista nel Ragazzo della via Gluck, qualunquese nel Mondo in mi settima, democristiano in Chi non lavora non fa l' amore.
Andò avanti così, grosso modo, per tutti gli anni 70 e oltre.
A ripensarci, la varietà delle etichette rivelava in Celentano una vena anarcoide temperata da un certo cattolicesimo non proprio in pace con l' attualità; e su un piano più personale, un' indubbia attenzione imprenditoriale ai ritorni che il suo personaggio certamente procurava.
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Fu nella seconda metà degli anni 80, durante l' epopea televisiva di Fantastico, che Celentano iniziò a configurarsi come indizio, segno, avviso, preannuncio e termometro vivente di una mutazione che, a insaputa di tutti, avrebbe sconvolto la vita pubblica italiana. Per farla breve, c' erano in ballo due referendum: non fu tanto importante quello che lui disse in diretta sulle centrali nucleari, ma come lo disse e davanti a quanti milioni lo disse. Il risultato delle urne gli diede, se è possibile, ragione.
Con il senno di poi fu il classico inizio della fine.
L' intrattenimento scacciava il ragionamento; l' emozione sostituiva la persuasione; un solo showman pesava più di due o tre partiti di governo. L' immagine è abusata, ma apocalisse vuol dire anche, letteralmente, disvelamento. La potenza di quel suo messaggio così esterno e così verticale, diceva che il campo del potere non aveva più difese, era ormai aperto alle scorrerie dello spettacolo, delle sue leggi, dei suoi codici.
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Ingenuo Celentano non è mai stato, fin da quando giovanissimo (altro cinegiornale Luce) si faceva filmare mentre firmava un assegno per un povero circo distrutto dalle fiamme. E siccome si può essere furbi e generosi, ma soprattutto capaci di muovere il mezzo televisivo pilotandolo verso l' audience, tutto lascia pensare che ci prese gusto. E divenne abile pure a individuare gli argomenti controversi su cui i suoi monologhi avrebbero fatto scattare la baraonda; e altrettanto avveduto si mostrò nel raggiungere picchi di ascolti da capogiro, anche 15 milioni di italiani inchiodati al video mentre ordinava di spegnere la tv o di salvare la foca, proclamandosi nel contempo "re degli ignoranti".
Per cui, nei successivi trent' anni, tutto e il suo contrario Celentano ha intuito come un rabdomante di allucinazioni a scarto ridotto e rapido impatto: aborto, ecologia, pena di morte, trapianto di organi, guerra, adozioni, mafia, tecnologia, Expo, Venezia, gli intellettuali che parlano difficile, i ragazzini che si fanno le canne, il caso Sofri e la grazia a Fabrizio Corona. E tanti ha via via lodato per poi criticarli e magari di nuovo tornare a lodare: un paio di papi, Berlusconi, Prodi, Pannella, Vespa, i vescovi, Grillo.
Ma a quel punto già non era più lui, era il contesto che sulle rovine della razionalità, prima che della politica, celebrava la propria spaventosa insignificanza.
Il fatto che nessuno abbia mai anche solo tentato di cercare un filo di coerenza nel mare magnum delle sorprese e delle provocazioni, la quantità impressionante di polemiche sull' uso della tv, il trionfo dello sproloquio come super-messaggio in una società soggiogata dal dominio delle rappresentazioni, tutto questo prescindeva ormai dalla lezione di Celentano. Pericolo per la democrazia e insieme inno alla libertà dell' individuo.
Tele-predicatore al tempo stesso evoluto ed arcaico. Puro futuro remoto, quindi perfetto per il presente.
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