SPIA CHI TI RISPIA - LA SENATRICE DEMOCRATICA DIANNE FEINSTEIN ACCUSA LA CIA DI AVER FRUGATO ILLEGALMENTE NEI SEGRETI DELLA COMMISSIONE INTELLIGENCE DEL SENATO (CHE DOVREBBE CONTROLLARE GLI 007)

Vittorio Zucconi per "la Repubblica"

Nell'orrendo groviglio di spie che a Washington spiano le spie, di controllati che controllano i controllori, esplode la denuncia della senatrice democratica Dianne Feinstein contro la Cia sorpresa a frugare illegalmente nei segreti della Commissione Intelligence del Senato. Furiosa, indignata, in piedi nell'aula del Senato, la Feinstein, non usa mezzi termini.

Lei, obamiana della prima ora e presidente della Commissione, spiega che la Central Intelligence Agency, «senza chiedere permesso a nessuno, senza neppure avvertirci », ha allungato le proprie mani elettroniche nei computer della Intelligence Commission, perché, ha confessato sfacciatamente il direttore dell'Agenzia Brennan, «avevamo il sospetto che nei suoi lavori al Senato avesse trovato indizi ed elementi utili», senza che senatori e il loro staff se ne rendessero conto.

L'impudenza della firm, della ditta, come la si definisce nel gergo degli agenti, è stata talmente irrispettosa, talmente sfacciata, da richiedere un immediato intervento del presidente Obama in difesa del direttore della Cia, John Brennan, con la canonica «espressione di fiducia».

Ma se l'azione di spionaggio contro la commissione parlamentare che dovrebbe sorvegliare le attività spionistiche dell'agenzia scandalizza la Feinstein, e si aggiunge al vespaio di scandali scoperto dal transfuga Snowden, non è questa certamente la prima volta in cui la centrale di Langley viene pizzicata con le dita nel barattolo della marmellata probita.

La legge, che proibirebbe alla "ditta" di agire sul territorio americano lasciando all'Fbi il lavoro del controspionaggio, ha una lunga e torbida storia di violazioni. Giustificata inizialmente dall'imperativo della Guerra Fredda e della caccia ai rossi - come oggi dall'incubo del terrorista sotto ogni letto - già dal 1959, dodici anni dopo la creazione nel 1947, la Cia aveva creato una Divisione Operazioni Nazionali per sorvegliare, reclutare e usare americani di origine cubana contro Fidel Castro, da poco insediato al comando dell'isola.

E nel 1964, sul sangue di John F. Kennedy ancora fresco, Lyndon Johnson, ossessionato dal sospetto che dietro Lee Harvey Oswald ci fossero proprio i cubani, ordinò che corrispondenza, telefonate, contatti anche dal territorio americano diretti a Cuba o nelle nazioni del blocco sovietico fossero setacciate. Ne nacque, nel 1968, l'Operazione Chaos, riorganizzata da Richard Nixon che con la paranoia, e con l'impiego illegittimo della Cia addirittura contro l'Fbi che lo tallonava, fece la fossa nella quale precipitò, fino alle dimissioni.

Nessuno prima, o dopo Nixon, avrebbe più usato l'Agenzia come scudo per salvare la propria posizione politica o per attaccare gli avversari, come avvenne nel Watergate, che brulicava di ex agenti, informatori e complici legati alla Cia. Fu dalle inchieste generate dal disperato e incostituzionale uso interno della Centrale che sgorgarono, negli anni ‘70, le rivelazioni sui finanziamenti e le "black op", le operazioni "in nero" nel mondo e in territorio nazionale.

Dove non sarebbe arrivata la follia nixoniana, avrebbe fornito materia la psicosi della "talpa", dell'infiltrato del Kgb, per giustificare altre forme di sorveglianza clandestina e senza autorizzazione giudiziaria di cittadini Usa sospetti di favoreggiamento del nemico. Ma sarebbe stato l'11 settembre, il giorno del più atroce e abbagliante fallimento dello spionaggio e del controspionaggio Usa, a sciogliere i guinzagli e a confondere in un viluppo inestricabile le varie agenzie di intelligence.

Dietro il velo sottilissimo della FISA, la legge che autorizzava di fatto ogni forma di controllo e di spionaggio interno o esterno purché formalmente approvato da un giudice con il "timbro di gomma", con il sì automatico, Nsa, Cia, Fbi e l'altro grappolo di centrali di spionaggio si sono sentite libere di fare tutto ciò che poteva passare sotto l'enorme tenda della «Sicurezza Nazionale».

Il caso denunciato dalla senatrice democratica della California Feinstein - non una scolaretta fresca di elezione, ma una veterana ottantenne che siede in Senato dal 1992 - ha scandalizzato per primo proprio il direttore in carica della Cia, John Brennan, scelto da Obama.

Brennan si è meravigliato dello stupore della presidentessa della Commissione. Si è difeso spiegando di avere semplicemente seguito le tracce di indagini antiterrorismo che avevano condotto negli uffici del Senato e negli archivi di impiegati e assistenti della Commissione, che non si erano resi conto di avere inciampato in dettagli e piste importanti.

Il fatto che una navigatissima senatrice come la Feinstein si sia sentita in dovere di dire pubblicamente quello che Brennan le aveva confidato quasi en passant in una conservazione informale dimostra che l'invadenza della Cia, che lei pure conosce bene, era arrivata a livelli insopportabili di sfacciataggine.

La senatrice ha avvertito il sentore della formula classica e micidiale del "fare il proprio dovere", senza guardare a sottigliezze e formalismi, del "fare ogni cosa" per proteggere la nazione. Anche a costo di calpestare quelle leggi e quella Costituzione che fanno degli Stati Uniti quello che gli Stati Uniti vorrebbero essere.

 

DIANNE FEINSTEIN DIANNE FEINSTEIN DIANNE FEINSTEIN BARACK OBAMA E GEORGE BUSH jpegJohn Brennan Obama National SecurityEDGAR HOOVER E RICHARD NIXON CONGRESSO STATI UNITI WASHINGTON

Ultimi Dagoreport

gaetano caputi giorgia meloni giuseppe del deo

DAGOREPORT - 'STO DOCUMENTO, LO VOI O NON LO VOI? GROSSA INCAZZATURA A PALAZZO CHIGI VERSO IL PROCURATORE CAPO DI ROMA, FRANCESCO LO VOI: IL DOCUMENTO-BOMBA PUBBLICATO DA "DOMANI", CHE RIVELA LO SPIONAGGIO A DANNO DI GAETANO CAPUTI, CAPO DI GABINETTO DELLA MELONI, NON SAREBBE MAI DOVUTO FINIRE NEL FASCICOLO D'INDAGINE (NATO PROPRIO DA UNA DENUNCIA DI CAPUTI) - LA DUCETTA, DAL BAHREIN, HA URLATO CONTRO I SUOI E CONTRO L'AISI - E IL QUOTIDIANO DI FITTIPALDI CI METTE IL CARICO SCODELLANDO IL TESTO INTEGRALE DEL DOCUMENTO, DOVE SI AMMETTE CHE PALAZZO CHIGI SPIAVA…PALAZZO CHIGI! – L’AISI RISPONDE CHE, AD ATTIVARE L'INDAGINE, È STATO GIUSEPPE DEL DEO, ALLORA VICE DELL’AISI (ORA NUMERO DUE DEL DIS), SU DISPOSIZIONE DELL'EX DIRETTORE DELL'AGENZIA INTERNA, MARIO PARENTE. DOMANDA: PARENTE DA CHI HA RICEVUTO TALE RICHIESTA? 

francesco saverio marini sabino cassese giorgia meloni premierato

DAGOREPORT – IL PREMIERATO? ANNACQUATO! DOMANI GIORGIA MELONI RIUNIRÀ I SUOI COSTITUZIONALISTI PREFERITI (MARINI E CASSESE) PER METTERE NERO SU BIANCO L’IPOTESI DI UN PREMIERATO “DI FATTO”. UNA RIUNIONE PRELIMINARE A CUI SEGUIRÀ UN INCONTRO CON I VERTICI DEL PARTITO PER TIRARE LE SOMME E VARARE LA NUOVA STRATEGIA: LA COSTITUZIONE NON SI TOCCA, PER FARE LA “MADRE DI TUTTE LE RIFORME” BASTA CAMBIARE LA LEGGE ELETTORALE – TROVATA LA QUADRA PER LA CONSULTA: MARINI IN QUOTA FDI, LUCIANI PER IL PD E…

giorgia meloni daniela santanche ignazio la russa

DAGOREPORT – DANIELA SANTANCHÈ NON È GENNARO SANGIULIANO, UN GIORNALISTA PRESTATO ALLA POLITICA SENZA “PROTETTORI”: GIORGIA MELONI NON PUÒ SFANCULARLA SENZA FAR SALTARE I NERVI A LA RUSSA. E SAREBBE UN BOOMERANG POLITICO PER LA DUCETTA DEI DUE MONDI: ‘GNAZIO È UN PESO MASSIMO DEL PARTITO, GOVERNA DI FATTO LA LOMBARDIA TRAMITE LA SUA CORRENTE MILANESE. SOPRATTUTTO, È IL PRESIDENTE DEL SENATO. MEGLIO NON FARLO IRRITARE: LA VENDETTA, LO SGAMBETTO, “L’INCIDENTE D’AULA”, POSSONO ESSERE SEMPRE DIETRO L’ANGOLO…

luigi lovaglio - francesco gaetano caltagirone - giancarlo giorgetti - milleri - alberto nagel - philippe donnet mediobanca mps giorgia meloni

DAGOREPORT - A RACCONTARLO NON CI SI CREDE. RISULTATO DEL PRIMO GIORNO DI OPS DEL MONTE DEI PASCHI SU MEDIOBANCA: TRACOLLO DELLA BANCA SENESE - SE IL MEF DI GIORGETTI, CHE HA L’11,7% DI MPS, LO PRENDE IN QUEL POSTO (PERDENDO 71 MILIONI), IL DUPLEX CALTAGIRONE-MILLERI FA BINGO: 154 MILIONI IN UN GIORNO - INFATTI: SE I DUE COMPARI PERDONO SU MPS 90 MILIONI, NE GUADAGNANO 244 AVENDO IL 25,3% DI MEDIOBANCA - E DOPO IL “VAFFA” DEL MERCATO, CHE SUCCEDERÀ? TECNICAMENTE L’OPERAZIONE CALTA-MILLERI, SUPPORTATA DALLA MELONI IN MODALITÀ TRUMP, È POSSIBILE CON UN AUMENTO DI CAPITALE DI MPS DI 4 MILIARDI (PREVISTO PER APRILE) - PER DIFENDERE MEDIOBANCA DALL’ASSALTO, NAGEL DOVRÀ CHIEDERE AL BOSS DI GENERALI, PHILIPPE DONNET, DI CHIAMARE ALLE ARMI I POTENTI FONDI INTERNAZIONALI, GRANDI AZIONISTI DI MEDIOBANCA E DI GENERALI, PER SBARRARE IL PASSO AL “CALTARICCONE” ALLA FIAMMA (FDI)

dario franceschini elly schlein gattopardo

DAGOREPORT - FRANCESCHINI, IL SOLITO “GIUDA” TRADITORE! SENTENDOSI MESSO DA PARTE DALLA SUA “CREATURA” ELLY SCHLEIN, ECCO CHE REAGISCE E LE DÀ LA ZAMPATA CON L’INTERVISTA A “REPUBBLICA”: “ALLE ELEZIONI SI VA DIVISI, E CI SI ACCORDA SOLO SUL TERZO DEI SEGGI CHE SI ASSEGNA CON I COLLEGI UNINOMINALI”. PAROLE CHE HANNO FATTO SALTARE DALLA POLTRONA ARCOBALENO LA SEGRETARIA CON TRE PASSAPORTI E UNA FIDANZATA, CHE VEDE SFUMARE IL SUO SOGNO DI ESSERE LA CANDIDATA PREMIER. COME INSEGNA L’ACCORDO DI MAIO-SALVINI, NON SEMPRE IL LEADER DEL PARTITO PIÙ VOTATO DIVENTA PRESIDENTE DEL CONSIGLIO – LA “GABBIA” IN CUI LA SCHLEIN SI È RINCHIUSA CON I SUOI FEDELISSIMI È INSOPPORTABILE PER I VECCHI VOLPONI CATTO-DEM. IL MESSAGGIO DAI CONVEGNI DI ORVIETO E MILANO: ELLY PENSA SOLO AI DIRITTI LGBT, NON PUÒ FARE DA SINTESI ALLE VARIE ANIME DEL CENTROSINISTRA (DA RENZI E CALENDA A BONELLI E FRATOIANNI, PASSANDO PER CONTE). E LA MELONI GODE...

dario franceschini elly schlein matteo renzi carlo calenda giiuseppe conte

DAGOREPORT: PD, PARTITO DISTOPICO – L’INTERVISTA DI FRANCESCHINI SU “REPUBBLICA” SI PUÒ SINTETIZZARE COSÌ: IO CI SONO. E’ INUTILE CERCARE IL FEDERATORE, L’ULIVO NON TORNA, E NON ROMPETE LE PALLE ALLA MIA “CREATURA”, ELLY SCHLEIN, “SALDA E VINCENTE” AL COMANDO DEL PARTITO – AMORALE DELLA FAVA: “SU-DARIO” NON MOLLA IL RUOLO DI GRAN BURATTINAIO E DAVANTI AI MAL DI PANZA INTERNI, CHE HANNO DATO VITA AI DUE RECENTI CONVEGNI, SI FA INTERVISTARE PER RIBADIRE AI COLLEGHI DI PARTITO CHE DEVONO SEMPRE FARE I CONTI CON LUI. E LA MELONI GODE…