IL CINEMA DEI GIUSTI - ARRIVA “ALBERTO IL GRANDE”, TRIBUTO DI VERDONE A SORDI NEL DECENNALE DELLA MORTE - LA ROMA CINEMATOGRAFARA RACCONTA IL SUO PROTAGONISTA, DALLA SUA CUOCA A VITTORIO DE SICA - MA LE PERLE SONO LE GRANDI ENTRATE DI VERDONE NEGLI SPAZI SORDIANI, L’INCREDIBILE BARBERIA DELLA VILLA DOVE L’ATTORE SI TRUCCAVA E IL FOLLE CINEMA CHE SI ERA COSTRUITO NEGLI ANNI ’60 - MANCANO GIUSTO DUE ANEDDOTI…

Alberto il grande di Carlo e Luca Verdone.

"Che mangiava la domenica a pranzo?", chiede Carlo Verdone a Pierina, la cuoca di Alberto Sordi. "La pasta al sugo. E come secondo le polpette. Le metteva dentro, assieme alla pasta. Se con c'era il sugo non la considerava pasta". E Verdone annuisce. "Giusto". Solo questa magistrale scena del documentario di Luca e Carlo Verdone, "Alberto il grande", presentato a Roma in questi giorni per il decennale della scomparsa dell'attore, vale da sola molto del cinema che vediamo oggi in sala.

Ci ricorda una delle scene chiave del suo ultimo, terribile film, "Incontri proibiti", quello con Valeria Marini,dove mangia appunto da solo a casa un piatto di pasta al sugo e di fronte a un piatto mezzo vuoto ordina al cameriere "E metti!". Adesso abbiamo capito...

E mettiamoci anche l'intervista a Emy De Sica, che spiega la buffa gag nascosta nel capolavoro di Luigi Zampa, "Il vigile", con Sordi che per fare uscire Vittorio De Sica lo prende per una mano e quello, come faceva nella realtà, gli dà una botta con l'altra mano, o l'intervista al pugile Franco Venditti detto "Raspone", che racconta il rapporto tra Sordi e il grande caratterista romano Giovanni Baghino, poco considerato dalle produzioni, anche perché comunista, anche se Raspone non lo dice questo, con Sordi che lo impone proprio sul set.

O il mai visto making di Luca Verdone sul set di "In viaggio con papà", con Carlo e Albertone che scherzano come padre e figlio. Anche lì la mente vola a una "Domenica In" dove i due irrompono nello studio del programma a Via Teulada e si comportano davvero come padre e figlio. Molto più di un extra. Molti critici non avevano mai visto Sordi truccato per il provino per il "Casanova" di Federico Fellini che scherza con il suo vecchio regista facendo un Casanova sordizzato.

E' un vecchio meraviglioso programma dove Fellini veste da Casanova non solo Sordi, ma anche Alain Cuny, Marcello Mastroianni e, soprattutto, Vittorio Gassman, che era il migliore dei quattro. Poi scelse, per dovere di produzione ma forse anche per controllarlo meglio (come facevi a controllare Sordi o Gassman?), Donald Sutherland. Per poi piangere che il migliore, l'unico Casanova possibile non era certo Sutherland ma il suo stesso maestro, Roberto Rossellini...

Ma le perle di "Alberto il grande" sono in realtà le grandi entrate di Carlo Verdone negli spazi sordiani, l'incredibile barberia della sua villa dove l'attore si truccava e il folle teatrino con cinema che si era costruito nei primi anni '60, quando "erano altri tempi", come dice Verdone. In verità la bellezza del documentario sta un po' non tanto nella rarità del materiale, quanto su quello che Carlo Verdone riesce a trasmettere a contatto col mondo sordiano.

Ne viene qualcosa di tenero, affettuoso, totalmente romano che poco ha a che vedere con un documentario e molto con la vita. Solo Verdone poteva raccontarci una cosa simile. Per inciso ricordo due storie come extra. Biennale di Venezia di un paio d'anni fa. Avevo invitato Verdone a raccontare proprio Alberto Sordi presentando "Lo scapolo" di Antonio Pietrangeli in Sala Volpi. Verdone parla per un po' quando viene quasi interrotto da uno stizzito Michel Ciment, decano dei critici francesi, che voleva vedere il film.

"Ma chi è sto stronzo?", è la giusta domanda che si fece Verdone. Ripresi come due scolaretti, davanti alla faccia offesa e stizzita di Ciment, non ce la sentimmo però, di andare molto oltre. Un'altra riguarda il vecchio Alvaro Mancori, oggi scomparso, che per tanti anni fece il direttore della fotografia dei film di Alberto Sordi. In un incontro pubblico a Roma, da moderatore feci la prima domanda a Mancori, la più semplice, cioè come andò sul set del suo primo film. Partì una storia incredibile, che andava sicuramente filmata, di come il suo primo film, "La signorina"di Ladislao Kish, uscito nel 1941, fosse anche uno dei primi film di Alberto Sordi.

Un titolo che non viene mai inserito nelle filmografie sordiane girato prima della guerra a Roma, e molto raro. La storia però, era talmente dettagliata, e Mancori andava così in profondità nel ricordo, che portò via oltre un'ora e non accennava ancora a finire, ma che molto spiegava del carattere di Sordi giovane, che aveva ottenuto il ruolo dicendo di saper andare a cavallo e che al momento di girare si ritrovò su un cavallo imbizzarrito e bastardo che partì all'impazzata sul set seminando il panico. Ecco, il ricordo di Mancori e la faccia di Ciment bene ci sarebbero stati nel bel documentario dei fratelli Verdone su "Alberto il grande".

 

 

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