
IL CINEMA DEI GIUSTI - ''CHIAMATEMI FRANCESCO'' È UN RITRATTO ONESTO E LAICO DI PAPA BERGOGLIO, CHE SOFFRE DEI TAGLI (DA 4 ORE A UNA E MEZZA), DEL TRUCCO E DEL DOPPIAGGIO. MA RIESCE A EVITARE IL SANTINO DA FILM TV
Marco Giusti per Dagospia
Chiamatemi Francesco di Daniele Luchetti.
“E lei da che parte sta, destra o sinistra?”, chiede una donna a Jorge Bergoglio, futuro papa, nel pieno della dittatura. Alla risposta cattolica, ma vaga di Bergoglio, di stare con chi soffre, la donna ribatte con un “Ecco, io sto dall’altra parte”.
Daniele Luchetti, regista celebrato di film come Il portaborse, I piccoli maestri, Mio fratello è figlio unico, si è sforzato il più possibile, come ha dichiarato, di non fare di questa biografia di Bergoglio, Chiamatemi Francesco – Il papa della gente, prodotto da Medusa e dalla Tao2 di Pietro Valsecchi, il solito santino da tv generalista. Non lo è, come non è un film televisivo.
E’ un film fortemente laico che cerca di descrivere in tutta onestà le avventure e gli incontri tutti terreni di Jorge Bergoglio prima di diventare papa, in mezzo a anni difficili se non terribili. Magari è anche un buon compromesso tra generi e interessi produttivi diversi, il biopic televisivo, ma la versione da quattro ore si vedrà in tv solo tra un anno, il film d’autore di durata normale, visto che esce a 98’, il grosso film storico tipo Il cardinale di Otto Preminger, per intenderci, visto il budget di 15 milioni di euro, e il film d’impegno civile alla Pablo Larrain su una tragedia storica come la dittatura militare in Argentina.
Al tempo stesso sa di non poter scivolare troppo né sul mélo cattolico, né sul dramma politico sudamericano, né sul ritratto di un santo che diventerà un papa già molto amato dalla gente, come spiega il sottotitolo. “I santi tristi sono tristi santi”, dice a un certo punto lo stesso Bergoglio.
Luchetti cerca, soprattutto, di portare alla luce la carica di umanità e di forza di un gesuita che cerca costantemente di fare il buon pastore, di mediare il più possibile, soprattutto quando diventa Padre provinciale dei Gesuiti a Buenos Aires, per salvare vite durante la dittatura militare, e poi, da arcivescovo, di salvare le favelas e i loro abitanti dalla speculazione edilizia, di stare sempre e comunque dalla parte dei più deboli cercando di non diventare mai un santo triste o un triste santo.
E affida il suo Bergoglio a due bravissimi attori sudamericani, il più giovane Rodrigo De La Serna, argentino, che abbiamo visto ne I diari della motocicletta di Walter Salles e in Tetro di Francis Coppola e il più anziano Sergio Hernandez, cileno, che vanta una filmografia che va da Costa-Gravas, Miguel Littin, Raul Ruiz a Pablo Larrain. Divide la vita di Bergoglio, prima di diventare papa, in grandi capitoli, come “Gli anni della dittatura 1976/1983”, o quello sui dieci anni dopo la fine della dittatura a Cordoba nel 1992.
Nella versione televisiva c’è anche un capitolo riguardante Bergoglio in Germania, che qui è totalmente rimosso, come è rimosso il personaggio del Cardinal Bertone. Diciamo, che in questa versione la parte più importante è quella che riguarda gli anni della dittatura, con Bergoglio che cerca di salvare dalla tortura e dalla morte i preti più esposti e fare ritornare a casa una serie di desparecidos. Incredibile è la vera dichiarazione alla tv di Videla sui desparecidos che ci riporta nel pieno di quel periodo.
In questo capitolo il piano di Luchetti è ben visibile e il film funziona maggiormente. Generalmente è un buon film che soffre, ma era naturale, del compromesso televisivo, del doppiaggio, in spagnolo sarà più efficace, dei tagli, di un trucco che non è il massimo, ma Luchetti ha saputo trattare bene un tema complesso e alla fine è un ritratto serio, sentito, onesto e laico di Papa Bergoglio.
Che soffrirà internazionalmente, più che dalla causa che ha intentato Roberto Faenza, che doveva essere in un primo tempo il regista del film, dall’arrivo di un’altra biopic su Bergoglio tutta sudamericana, Francisco – El padre Jorge, diretta da Beda Docampo Fejoow con la star argentina Dario Grandinetti protagonista, film già uscito in tutto il Sudamerica da settembre. In sala con 700 copie dal 3 dicembre.