IL CINEMA DEI GIUSTI - IL DELIZIOSO “POLLO ALLE PRUGNE” DI MARJANE SATRAPI (SUO IL CAPOLAVORO “PERSEPOLIS”) RACCONTA L’IRAN DEGLI ANNI ’50, AI TEMPI DELLO SCIA’ - CRITICATO A VENEZIA PER AVER TENTATO UN FILM “MÉLO, COMMEDIA, FUMETTO, SOGNO, FANTASIA”, QUEL TIPO DI MISCHIONI CHE TI FANNO ODIARE DALLA CRITICA IMPEGNATA - UN PO’ DI ESTETISMO C’È, MA CI SONO ANCHE GRANDI ATTORI, GRANDE FOTOGRAFIA, UN IMMAGINARIO FORTISSIMO…

Marco Giusti per Dagospia

Pollo alle prugne di Marjane Satrapi e Vincent Paronnaud.

Cosa fa un violinista se una moglie non troppa simpatica e sposata controvoglia nell'Iran degli anni '50, cioè nel pieno del colpo di stato dello Scià, gli spezza il suo amato Stradivari? Primo: ne cerca un altro. Secondo: se non lo ha trovato, decide di morire. Più che giusto. Questo, più o meno, è lo spunto iniziale di "Pollo alle prugne", deliziosa opera seconda di Marjane Satrapi, la regista dello strepitoso film di animazione "Persepolis" (premiato a Cannes nel 2007), firmato assieme a Vincent Paronnaud, come questo.

Eppure, "Pollo alle prugne", lanciato in concorso a Venezia lo scorso settembre, ha trovato non pochi critici talebani che hanno storto il naso di fronte al lato favolistico e romantico di questa ricostruzione della vita e della cultura in Iran del secolo scorso, come se da un'autrice di graphic novel impegnate ci si dovesse aspettare solo graphic novel impegnate. Che palle. La Satrapi tenta la fellinata romantica, giura che il suo film è "Mélo, commedia, fumetto, sogno, fantasia", non sapendo che proprio questi mischioni ti fanno odiare di più dalla critica più impegnata (Cahiers, Les Inrock).

Peccato, perché le avventure del suo eroe, Nasser Ali, magnificamente interpretato da Mathieu Amalric (noi un attore così non l'abbiamo, forse Sergio Rubini potrebbe le sue corde...), ci toccano profondamente. Nel corso della sua ricerca, prima del violino, poi di una forma spettacolare di suicidio, poi del solo lasciarsi morire, Nasser Ali ci racconta del suo amore sfortunato per la bellissima Iran, il nome non è un caso, interpretata dalla bellissima Golshifiteh Farahani (ragazza scandalosa in patria) che non ha potuto sposare per l'opposizione del padre di lei. E ci racconta così che ha dovuto ripiegare su un matrimonio non felice con la moglie attuale, Maria De Medeiros, che gli ha dato un figlio che non ama.

Ma più importante delle stravaganze del musicista, sono le costruzioni visive della Satrapi, un mischione di fumetto e cinema d'autore, e la ricostruzione di un Iran che non esiste più ormai da molti anni, più sognato nei racconti familiari che vissuto davvero. Grandi attori, ci sono anche Chiara Mastroianni e Isabella Rossellini, bellissima fotografia, un cinema al femminile che rilancia un immaginario molto forte che può piacerci o meno, ma mai lasciarci indifferenti. Certo, un po' d'estetismo c'è.

 

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