IL CINEMA DEI GIUSTI - "FINO A QUI TUTTO BENE" È UN PICCOLO MIRACOLO CHE PUÒ RINFRESCARE IL CINEMA SMORTACCINO E BORGHESUCCIO DEL 2015: LE VITE DEGLI UNIVERSITARI PISANI, TRA STORIE D'AMORE, SCREZI E SESSO SFRENATO
Marco Giusti per Dagospia
Fino a qui tutto bene di Roan Johnson.
Preparatevi, perché potrebbe essere il film giovanile dell’anno, un piccolo fenomeno alla Smetto quando voglio in grado di rinfrescare un cinema un po’ smortaccino e borghesuccio come quello italiano del 2015. Del resto al Festival di Roma lo scorso novembre, dove ha vinto il premio del Pubblico BNL, era già stato accolto benissimo in sala, nessun posto libero alle proiezioni, gran folla di ragazzi.
Insomma, questo Fino a qui tutto bene del toscano Roan Johnson, già regista del riuscito I primi della lista, scritto assieme alla sua compagna Olivia Maddeddu, costruito sulle loro stesse esperienze di studenti e sul lavoro svolto per un documentario sui 50 mila ragazzi che affollano l’Università di Pisa, girato con soli 250 mila euro (lo vedete che i soldi contano fino a un certo punto…), è già un piccolo miracolo italiano. Al punto che Roan Johnson si prepara a girare a settembre il suo terzo film, stavolta a Roma.
Qui ha invece raccontato la vita e i sogni di cinque studenti fuori sede dell’Università di Pisa nel loro ultimo week end di coinquilini insieme. I giovani interpretati sono Alessio Vassallo, Paolo Cioni, Silvia D’Amico, Guglielmo Favilla e Melissa Bartolini. Mettiamoci, oltre a loro, Isabella Ragonese che fa una piccola apparizione.
Il titolo è ripreso da una frase di un film cult di ormai più generazioni come L’odio di Matthieu Kassovitz, anche se qui non sono di scene gli scontri sociali e la violenza della banlieue, ma solo piccole storie d’amore, screzi, sesso anche sfrenato (c’è pure un’orgia coi parà e una scopata con un’anguria come in Vereda Tropical di Joaquim Pedro De Andrade), di una generazione che non vuole arrendersi alla crisi e a un lavoro che magari non sarà facile trovare.
C’è chi fuggirà all’estero, chi rimarrà, chi tornerà a casa. Dopo la marea di commedie natalizie e di altre senza senso che raccontano un’Italia che non esiste, è ovvio che i ragazzi si riconoscano più in film come questi. I giovani universitari all’ultimo anno del film di Johnson, sono la prova di una qualche speranza per la nostra gioventù e per il nostro cinema. Basta che si racconti la realtà che stiamo vivendo, non quella di fintissimi paesini del sud per motivi di film commission.
Basta coi remake di commedie spagnole o cilene o francesi. Certo. Neppure il film di Roan Johnson è originalissimo. Ne sono stati fatti già tanti di film simili, ma il taglio, tra il sociologico e il già nostalgico, tra il sub-Scarpelli-Virzì e la commedia più pop non è mai costruito sul piangersi addosso o sul ridicolo. Roan Johnson e la sua compagnia trovano una via originale, seria e non melensa per raccontare la crisi di un’intera generazione sperduta di fronte al nulla. Ah, già, e poi c’è la storia della “pasta col nulla”. Ma per spiegarla dovete vedere il film. In sala dal 19 marzo.