IL CINEMA DEI GIUSTI - “IL TOCCO DEL PECCATO”, PER RILEGGERE LA CINA DI OGGI IN CHIAVE VIOLENTA

Marco Giusti per Dagospia

Il tocco del peccato di Jia Zhang-Ke.

Stanchi di Checco Zalone e pure delle martellate di Thor, volevate un film difficile, vero? Eccovi accontentati. Bang! Bang! Stavolta però la difficoltà è unita a una bella dose di sangue e sparatorie che ci arrivano da uno dei più sofisticati e complessi registi cinesi, il Jia Zhang-Ke di "Platform" e "Still Life" che con il suo "Il tocco del peccato", presentato a Cannes lo scorso maggio, propone una rilettura in chiave wuxiapian (il cinema d'arti marziali), con tanto di citazione nel titolo al capolavoro di King Hu ("A Touch of Zen") della situazione della Cina attuale, alle prese con un rapidissimo e feroce capitalismo che sta massacrando tutte le classi sociali.

Jia Zhan-Ke mette in scena, ma spostandoli di regione, quattro celebri fatti di sangue di questi ultimi tempi, tre omicidi e un suicidio, che hanno fatto molto scalpore in Cina. Tutti questi fatti di sangue vedono però esplosioni di violenza provocate direttamente dalla perdita del collettivismo a favore di una industrializzazione troppo rapida che ha fatto perdere, soprattutto alla classe operaia, qualsiasi tipo di famiglia e di identità.

Così in una miniera si scatena la guerra ai padroni che hanno venduto a una multinazionale. Una donna che lavora in una sauna, risponde col coltello a chi la vuole comprare a tutti i costi. Un ragazzo lascia il posto di lavoro in una fabbrica di abiti per un night club dove le ragazze si vestono a seconda dei desideri dei clienti. Un lavoratore solitario si vendica dei suoi datori di lavoro.

Jian Zhang-Ke si serve di grandi attori popolari del cinema cinese come la strepitosa Zhao Tao, nota anche in Italia per "Io sono Li", che maneggia da maestra il coltello, il barbuto Jian Wu, protagonista di "Vivere" di Zhang Yimou, lo vediamo armato di un fucilone avvolto da un tessuto con una tigre stampata pronto a sparare ai traditori della sua miniera, Wang Baoqiang, che è una specie di Clint Eastwood dalla pistola facile e l'inedito Luo Lanshan il ragazzo che lavora al nightclub.

Ognuno di loro è avvolto del fascino che avvolgeva gli eroi dei film di King Hu, anche se il film segue una sua precisa strada di critica sociale alla Cina odierna e non poco rimpianto per quel che si è perduto. Certo, non è un film per chi vuole perdere del tempo al cinema. Ma, personalmente, mi sono addormentato anche a "Thor". In sala dal 21 novembre.

 

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