IL CINEMA DEI GIUSTI - QUANTO CI PIACCIONO I MASCALZONI. E QUANTO CI PIACCIONO, ALMENO AL CINEMA, GLI AVVOCATI MASCALZONI ITALIANI - QUESTO “IL TUTTOFARE” OFFRE A SERGIO CASTELLITTO L’OCCASIONE DI INTERPRETARE UN PERSONAGGIO CHE RACCHIUDE UN PO’ TUTTI GLI AVVOCATI AFFABULATORI E TRAFFICONI DEL CINEMA E DELLA REALTÀ ITALIANA - VIDEO
Marco Giusti per Dagospia
Quanto ci piacciono i mascalzoni. E quanto ci piacciono, almeno al cinema, gli avvocati mascalzoni italiani. Tutti i più grandi attori italiani hanno interpretato un avvocato mascalzone, da Vittorio De Sica a Alberto Sordi a Vittorio Gassman. Questo Il tuttofare, scritto e diretto da Valerio Attanasio, offre a Sergio Castellitto l’occasione di interpretare un personaggio molto sopra le righe, il penalista Toti Bellastella, che racchiude un po’ tutti gli avvocati affabulatori e trafficoni del cinema e della realtà italiana.
Difendi mafiosi e politici, massone, cocainomane, bugiardo, sfruttatore, adultero, Toti deve la sua fortuna ai soldi della moglie, Elena Sofia Ricci, e ha uno stuolo di praticanti assolutamente devoti, dei quali storpia regolarmente il nome. Così il giocane Arnaldo… Alfredo… Ascanio… Antonio Bonocore, interpretato da Guglielmo Poggi con molta grinta, 300 euro al mese, che arriva da fuori Roma dopo due ore e mezzo di viaggio, diventa molto più di un praticante supersfruttato, il suo agnello sacrificale.
A Toti non basta che Antonio faccia anche da cuoco e cameriere in studio, gli propone una specie di contratto regolare a patto che sposi la sua amante sudamericana, Clara Alonso, che si rivelerà pure incinta. Come se non bastasse, quando il professore finirà in galera per qualcosa come 22 milioni di euro frodati al fisco, Antonio dovrà risolvere in tribunale il caso di un mafioso che Toti ha convinto al cambio di sessi per evitare l’ergastolo.
E dovrà vedersela anche con due famiglie mafiosi in guerra. Attanasio, già sceneggiatore del primo Smetto quando voglio, ripropone qui lo stesso modello narrativo del film di Sydney Sibilia, al punto che Poggi sembra incastrato nel racconto come lo era lì Edoardo Leo. E, magari, dalla divisione, tutti e due hanno perso qualcosa.
Rimane un’opera prima in gran parte riuscita e molto ambiziosa, che cerca, come Io sono Tempesta, di riallacciarsi alla commedia all’italiana più classica. Il ritmo è ben tenuto nella prima parte, grazie anche a un Castellitto fenomenale e alla grande fotografia di Ferran Paredes Rubio, e si sfalda un po’ nella seconda, forse perché non era facile proseguire in maniera così concitata. Ma il cast, anche quello secondario, è di gran classe, con Tonino Taiuti, uno dei più grandi attore teatrali napoletani che abbiamo, come padre di Poggi, e i cattivi Mimmo Mignemi, Domenico Cantamore, ecc., tutti molto stracult. In sala da giovedì 19 aprile.