IL CINEMA DEI GIUSTI - “LA SPIA”, TRATTO DA UN LIBRO DI LE CARRÉ, È BEN FATTO, UN PO’ LENTO E FATICOSO, MA CON UN CAST STELLARE E L’ULTIMO RUOLO DI PHILIP SEYMOUR HOFFMAN
Marco Giusti per Dagospia
La spia - A Most Wanted Man di Anton Corbijn.
philip seymour hoffman e robin wright
Siete avvisati. Le spie di John Le Carré si muovono in situazioni complesse e seguono meccanismi narrativi non così lineari. Il cinema di Anton Corbijn, geniale fotografo e videomaker olandese degli anni ’80 e ’90, molto legato al rock europeo, è lento e stiloso, come dimostrano sia “Control” che il meno riuscito “The American”. Può non piacere a tutti, insomma.
Detto questo, “La spia – A Most Wanted Man”, che Anton Corbijn ha diretto interamente in Germania, a Amburgo, e un paio di giorni a Berlino, sceneggiato dall’australiano Andrew Bovell (“Lantana”), e che vanta l’ultima interpretazione completa di Philip Seymour Hoffman in un film, visto che è morto una settimana dopo la fine delle riprese, è un thriller politico e spionistico faticoso, ma estremamente fine e intelligente con un cast strepitoso, anche se costretto a parlare un inglese con sporcature di accento tedesco per ovvii motivi di distribuzione internazionale.
Ma già vedere sullo stesso schermo Philip Seymour Hoffman con due stelle del nuovo cinema tedesco come Nina Hoss e Daniel Bruhl, che formano la sua squadra di investigatori anti-terrorismo in quel di Amburgo, è un gran piacere. Per non dire di Robin Wright come boss della Cia, di Rachel McAdams come avvocatessa pasionaria, di Willem Dafoe come avvocato ambiguo. O della giovane star russa Grigoriy Dobrygin, che interpreta appunto Issa Karpov, l’uomo più ricercato del mondo, figlio di un oligarca russo che ha stuprato sua madre, cecena, morta dandolo alla luce, e che attira su di sé l’interesse dei servizi segreti di mezzo mondo in quel di Amburgo.
Terrorista o martire innocente? Tutto si gioca sul personaggio del giovane ricercato con barbone e corpo martoriato dalle torture che si aggira in quel di Amburgo, ben ricordandoci che proprio lì venne studiata l’azione che portò all’11 settembre. Lo cercano tutti, ma con intenti e meccanismi diversi. Gunther Bachman, cioè Philip Seymour Hoffman, con i suoi assistenti Irna Frey, cioè la Nina Hoss del bellissimo “Phoenix”, e Max, cioè il Daniel Bruhl di “Inglorious Bastards”, che cercano di capire chi sia veramente il ragazzo.
E si deve destreggiare tra la determinata Martha Sullivan di Robin Wright, cioè la Cia, e la scatenata avvocatessa Annabel Richter di Rachel McAdams, pronta a immolarsi nella difesa del ricercato. Mettiamoci anche il fatto che l’eredità del padre del ragazzo è ben nascosta in una banca di Amburgo, che non si sa quale ruolo giochi l’ambiguo dottor Abdullah e altre delizie.
Estremamente ben fatto, magari un po’ noioso e troppo ligio al testo di Le Carré, visto che lo hanno prodotto in gran parte i figli, il film vanta le musiche davvero notevoli di Hubert Gronemeyer con esplosione finale di “Hoist That Rag” di Tom Waits, che sia Corbijn che Philip Seymour Hoffman adoravano. In sala dal 30 ottobre.