ECCO COME LA CENSURA (DELLO STATO O DEI PRODUTTORI) SI È ABBATTUTA SENZA PIETÀ SUI FILM ‘’SCOMODI’’ - DI “TOTÒ, CAROLINA E BANDIERA ROSSA” DI MONICELLI RIMASERO SOLO I DUE NOMI, “LA SPIAGGIA” DI LATTUADA FINÌ IN PARLAMENTO, LA VERSIONE INTEGRALE DI “CALIGOLA” DI TINTO BRASS NON VIDE MAI LA LUCE - KUBRICK SCRISSE AL MINISTERO DEI BENI CULTURALI RAMMARICANDOSI DEL DIVIETO AI MINORI DI 18 ANNI IMPOSTO A “FULL METAL JACKET”...

Malcom Pagani per il "Fatto quotidiano"

Quando dalla galleria il topo coprì l'arco della caduta precipitando in platea, in sala avevano iniziano già a starnutire da un po'. Il diavolo è nella coda, irrita come la polvere sparsa ad arte dai nazisti in un cinema berlinese del 1930, spaventa più della nidiata di ratti liberati tra le poltrone e sul fronte occidentale, come nell'oriente dei divieti di Stato, parla sempre il linguaggio della censura.

L'esorcismo del potere. Il divieto. Anche in Italia. Che si descriva la più demenziale delle guerre di trincea impietosamente narrata in All'Ovest niente di nuovo di Lewis Mileston, premio Oscar osteggiato dal terzo Reich e proiettato a Roma e Milano solo nel 1956 (a un quarto di secolo dalla sua realizzazione) o che si provi a sorridere. Totò e Carolina di Monicelli in cui 82 tagli ridussero la materia di mezz'ora costringendo il Marchese Altoviti e Carlo Ponti, i produttori, a cambiare in corsa battute e titolo del film, fu perseguitato.

Avrebbe dovuto chiamarsi Totò, Carolina e bandiera rossa. Rimasero solo i nomi propri e nei titoli di coda, la lunga postilla: "Gli eventuali riflessi nella realtà non hanno riferimenti precisi, e sono sempre riscattati da quel clima dell'irreale che non intacca minimamente la riconoscenza e il rispetto che ogni cittadino deve alle forze di Polizia" spiegò meglio di ogni considerazione il clima dell'epoca. Il metacontrollo della politica sui messaggi. Il filtro preventivo. Subito da molti di quei registi che si dividevano tra Cinecittà, le tavole imbandite di Otello in Via della Croce e le interrogazioni parlamentari.

Alberto Lattuada, regista de La spiaggia, 1954, commentò rapidamente: "Il film andò in parlamento perché rovesciavo i valori tradizionali, attaccavo la borghesia. Le puttane erano perbene e le signore perbene erano puttane". Lattuada era in buona compagnia. Il Marco Ferreri de La donna scimmia, 1964, due metri di tagli. Il Decameron di Pier Paolo Pasolini, 1971, 54 metri e un divieto ai minori di 18 anni che la commissione preposta, dando il via libera a una parzialissima fruizione dello stesso, motivò così: "Visionato il film il 9 Luglio stesso e sentito il regista Pasolini, a unanimità rileva che il film si muove indubbiamente su un piano artistico".

PROVOCAZIONI TRA MOCCIA E KUBRICK
Bernardo Bertolucci andò a processo con Ultimo tango a Parigi e per l'amore ignoto tra Brando e Maria Schneider si riesumò un medievale rogo della pellicola. L'impurità da eliminare, la blasfemia, l'idea sinistra che il comune senso del pudore non possa subire scosse. Molti dei film citati per anni sono scomparsi. Eliminati alla vista.

Lasciati marcire nelle beghe legali, negli scantinati, negli accordi taciti tra l'azionista di maggioranza del senso generale (il Vaticano), la politica e le produzioni che alla protesta, preferivano il cammino da proseguire, la pagina da voltare. Lo sanno bene i colti cantori dell'erotismo come Tinto Brass (il suo Caligola poi editato come Io caligola, gran cast con Peter O'Toole e Helen Mirren è tra le più censurate opere della storia del cinema).

La versione presentata a Cannes, quattro ore di durata, è ormai introvabile. In America, dove venne proiettata la più vicina all'originale, si perse per strada un'ora e mezzo di film. A volte intervengono le forbici di stato, altre quelle del produttore (Eyes Wide Shut di Kubrick, prima di mettere piede sul suolo americano, perse un paio di scene che con il regista ancora in vita non sarebbero saltate), altre ancora quelle della televisione. È il caso del magnifico Bella di giorno di Buñuel, trasmesso dalla Rai nel 1983 procedendo a tagli e modifiche anche in sede di montaggio (la copia originale, vietata ai 18, è oggi irrintracciabile). In prima linea per difendere l'integrità della prospettiva immaginata in fase di scrittura, si trova il regista.

Di fronte al mandato di cattura, il divieto ai 18 spiccato nei confronti di Full metal Jacket, Stanley Kubrick scrive al Ministero dei Beni culturali di stanza a Roma nel novembre 1987. La lettera a Rocco Moccia, direttore generale dello spettacolo di stanza in Via della Ferratella è un capolavoro di equilibrio e indignazione: "Senza dubbio lei capirà il mio rammarico nell'apprendere che il mio film Full Metal Jacket è stato classificato in modo da escludere la visione ai giovani al di sotto di 18 anni" scrive Kubrick.

"È chiaro che non intendo giudicare i giovani italiani sostanzialmente diversi in quanto a natura, carattere e temperamento dai giovani di altri paesi ed è mio più profondo desiderio che il mio film sia un'esperienza valida per una più vasta platea possibile". Tra un ricorso al tar della Warner e un pronunciamento del Consiglio di Stato passa un anno. Solo nel novembre 1988 infatti, il giorno 30, viene consentita la visione ai minori di 14 anni. Troppo tardi.

Cinque anni dopo, quando è il momento di irradiare l'apologo sulla violenza in televisione, servono 30 metri in meno per consentire a tutti la visione del "soldato palla di lardo" e del suo aguzzino. Ci sono poi i film non realizzati, quelli tolti in fretta dalla circolazione (con il Forza Italia di Faenza, uscito nei giorni del sequestro Moro, fu gioco facile), quelli bloccati per disastri produttivi (My name is Tanino di Virzì, con la troupe bloccata per le difficoltà economiche di Cecchi Gori in un albergo canadese).

E poi ancora, quelli distribuiti in provincia, per un week-end o poco più, al solo scopo di ottenere il minimo garantito per la distribuzione (chiedere a Marco Risi per l'Ultimo capodanno). Le ipotesi invisibili e le opere che arrivano fuori tempo massimo. I progetti inattuabili e le censure concettuali.

Se nessuno rimpiange la mancata visione di Bye bye Berlusconi comprato a Berlino dalla Blu international nel 2006 e mai proiettato, Francesca D'Aloja ha la ragionevole certezza che il suo film su Francesca Mambro e Giusta Fioravanti non vedrà mai la luce. Per non spegnere la luce in cabina servono atti coraggiosi, immersioni negli abissi del non detto. Daniele Vicari con Diaz ci è riuscito. Non lo voleva produrre nessuno, solo Fandango. Forse è stato il miglior film italiano dell'anno. Nessuno lo ha tagliato, anche se la vergogna ancora opprime e il sangue, lavato e rilavato, non sbianca più.

 

TOTO-SPAGHETTIMarco Ferreribertolucci carrozzellaFEDERICO MOCCIA Stanley KubrickTinto Brass La Presse ROBERTO FAENZA

Ultimi Dagoreport

almasri giorgia meloni carlo nordio

DOMANDE SPARSE SUL CASO ALMASRI – CON QUALE AUTORIZZAZIONE IL TORTURATORE LIBICO VIAGGIAVA INDISTURBATO IN EUROPA? AVEVA UN PASSAPORTO FASULLO O UN VISTO SCHENGEN? E IN TAL CASO, PERCHÉ NESSUN PAESE, E SOPRATTUTTO L’ITALIA, SI È OPPOSTO? - LA TOTALE ASSENZA DI PREVENZIONE DA PARTE DEGLI APPARATI ITALIANI: IL MANDATO DI ARRESTO PER ALMASRI RISALE A OTTOBRE. IL GENERALE NON SAREBBE MAI DOVUTO ARRIVARE, PER EVITARE ALLA MELONI L’IMBARAZZO DI SCEGLIERE TRA IL RISPETTO DEL DIRITTO INTERNAZIONALE E LA REALPOLITIK (IL GOVERNO LIBICO, TRAMITE ALMASRI, BLOCCA GLI SBARCHI DI MASSA DI MIGRANTI) – I SOSPETTI DI PALAZZO CHIGI SULLA “RITORSIONE” DELLA CPI E IL PASTROCCHIO SULL’ASSE DEI SOLITI TAJANI-NORDIO

pier silvio giampaolo rossi gerry scotti pier silvio berlusconi

DAGOREPORT - È TORNATA RAISET! TRA COLOGNO MONZESE E VIALE MAZZINI C’È UN NUOVO APPEASEMENT E L'INGAGGIO DI GERRY SCOTTI COME CO-CONDUTTORE DELLA PRIMA SERATA DI SANREMO NE È LA PROVA LAMPANTE - CHIAMARE ALL'ARISTON IL VOLTO DI PUNTA DI MEDIASET È IL SEGNALE CHE IL BISCIONE NON FARÀ LA GUERRA AL SERVIZIO PUBBLICO. ANZI: NEI CINQUE GIORNI DI SANREMO, LA CONTROPROGRAMMAZIONE SARÀ INESISTENTE - I VERTICI DELLA RAI VOGLIONO CHE IL FESTIVAL DI CARLO CONTI SUPERI A TUTTI I COSTI QUELLO DI AMADEUS (DA RECORD) - ALTRO SEGNALE DELLA "PACE": IL TELE-MERCATO TRA I DUE COLOSSI È PRATICAMENTE FERMO DA MESI...

elon musk sam altman

NE VEDREMO DELLE BELLE: VOLANO GIÀ GLI STRACCI TRA I TECNO-PAPERONI CONVERTITI AL TRUMPISMO – ELON MUSK E SAM ALTMAN HANNO LITIGATO SU “X” SUL PROGETTO “STARGATE”. IL MILIARDARIO KETAMINICO HA SPERNACCHIATO IL PIANO DA 500 MILIARDI DI OPENAI-SOFTBANK-ORACLE, ANNUNCIATO IN POMPA MAGNA DA TRUMP: “NON HANNO I SOLDI”. E IL CAPOCCIA DI CHATGPT HA RISPOSTO DI PETTO AL FUTURO “DOGE”: “SBAGLI. MI RENDO CONTO CHE CIÒ CHE È GRANDE PER IL PAESE NON È SEMPRE OTTIMALE PER LE TUE COMPAGNIE, MA NEL TUO RUOLO SPERO CHE VORRAI METTERE PRIMA L’AMERICA…” – LA GUERRA CIVILE TRA I TECNO-OLIGARCHI E LE MOSSE DI TRUMPONE, CHE CERCA DI APPROFITTARNE…

donald trump elon musk jamie dimon john elkann

DAGOREPORT – I GRANDI ASSENTI ALL’INAUGURATION DAY DI TRUMP? I BANCHIERI! PER LA TECNO-DESTRA DEI PAPERONI MUSK & ZUCKERBERG, IL VECCHIO POTERE FINANZIARIO AMERICANO È OBSOLETO E VA ROTTAMATO: CHI HA BISOGNO DEI DECREPITI ARNESI COME JAMIE DIMON IN UN MONDO CHE SI FINANZIA CON MEME-COIN E CRIPTOVALUTE? – L’HA CAPITO ANCHE JOHN ELKANN, CHE SI È SCAPICOLLATO A WASHINGTON PER METTERSI IN PRIMA FILA TRA I “NUOVI” ALFIERI DELLA NEW ECONOMY: YAKI PUNTA SEMPRE PIÙ SUL LATO FINANZIARIO DI EXOR E MENO SULLE VECCHIE AUTO DI STELLANTIS (E ZUCKERBERG L'HA CHIAMATO NEL CDA DI META)

antonino turicchi sandro pappalardo armando varricchio nello musumeci ita airways

DAGOREPORT – DA DOVE SPUNTA IL NOME DI SANDRO PAPPALARDO COME PRESIDENTE DELLA NUOVA ITA “TEDESCA” BY LUFTHANSA? L’EX PILOTA DELL’AVIAZIONE DELL’ESERCITO È STATO “CALDEGGIATO” DA NELLO MUSUMECI. IL MINISTRO DEL MARE, A DISPETTO DEL SUO INCARICO, È MOLTO POTENTE: È L’UNICO DI FRATELLI D’ITALIA AD AVERE I VOTI IN SICILIA, ED È “MERITO” SUO SE SCHIFANI È GOVERNATORE (FU MUSUMECI A FARSI DA PARTE PER FAR CORRERE RENATINO) – E COSÌ ECCO CHE IL “GIORGETTIANO” TURICCHI E L’AMBASCIATORE VARRICCHIO, CARO A FORZA ITALIA, SONO STATI CESTINATI…

friedrich merz donald tusk giorgia meloni trump emmanuel macron olaf scholz mario draghi

C’ERA UNA VOLTA IL TRENO PER KIEV CON DRAGHI, MACRON E SCHOLZ. ORA, COMPLICE IL TRUMPISMO SENZA LIMITISMO DI GIORGIA MELONI, L’ITALIA È SPARITA DALLA LEADERSHIP DELL’UE - LA DUCETTA PREFERISCE ACCUCCIARSI AI PIEDI DI WASHINGTON (CHE VUOLE VASSALLI, NON ALLEATI ALLA PARI) CHE RITAGLIARSI UN RUOLO IN EUROPA - FRIEDRICH MERZ, PROBABILE NUOVO CANCELLIERE TEDESCO, HA "ESPULSO" L'ITALIA DAL GIRO CHE CONTA: A CHI GLI HA CHIESTO QUALE PAESE ANDREBBE AGGIUNTO A UN DIRETTORIO FRANCO-TEDESCO, HA CITATO LA POLONIA, GUIDATA DAL POPOLARE DONALD TUSK (NEMICO NUMERO UNO DEL PIS DI MORAWIECKI E KACZYNSKI, ALLEATI DELLA DUCETTA IN ECR) - “I AM GIORGIA” SOGNAVA DI ESSERE IL “PONTE” TRA USA E UE E SI RITROVA A FARE LA CHEERLEADER DELLA TECNO-DESTRA DI MUSK E TRUMP…