1. LA CRITICA AMERICANA LO HA STRONCATO, MA IL “GRANDE GATSBY” CHE APRE SONTUOSAMENTE CANNES È UNO SPETTACOLO DI GRANDI ATTORI, COLORI E MUSICA 2. NON È IL MASSIMO DELL’ELEGANZA ED È UN PO’ LUNGO (2H22), MA I ‘ROARING TWENTIES’ IN 3D CON MUSICA DI JAY-Z E COSTUMI PRADA SONO UN’OTTIMA APERTURA DI FESTIVAL 3. NESSUNO SA METTERE IN SCENA LE FESTE PIENE DI CHAMPAGNE E DI BALLI SCATENATI COME BAZ LUHRMANN, CHE RECUPERA DOPO IL POLPETTONE “AUSTRALIA” 4. UN FILM ZEPPO DI INVENZIONI E DOMINATO DAI DUE PROTAGONISTI MASCHILI: NICK (MCGUIRE), INNAMORATO DI GATSBY (DI CAPRIO) E DI QUELLO CHE PER LUI RAPPRESENTA

VIDEO: IL TRAILER DEL "GRANDE GATSBY" DI BAZ LUHRMANN, IN USCITA DOMANI IN ITALIA


Marco Giusti per Dagospia

Cannes Primo giorno. Il Grande Gatsby di Baz Luhrmann.

Anticipato dalle legnate della critica americana e da un non cosi' grande risultato al box office d'oltre oceano alla sua prima settimana, "The Great Gatsby" di Baz Luhrmann che apre cosi' sontuosamente il Festival di Cannes e' un po' lungo e faticoso (2 ore e 22), ma piuttosto sorprendente sia per il gran cast di attori, da Leonardo Di Caprio a Tobey McGuire, da Carey Mulligan a Joel Edgerton, sia per la rilettura a colori e in 3D dei Roaring Twenties e della loro musica.

"Non si puo' rivivere il passato" dice a un certo punto il Nick Carraway di Tobey McGuire al Gatsby di Leonardo Di Caprio, che sogna di poter rivivere il suo grande amore del passato, la biondina Daisy di Carey Mulligan, che ha dovuto lasciare cinque anni prima perche' povero, e ora la ritrova annoiata e mal sposata col ricco e infedele Tom di Joel Edgerton.

Ma farci rivivere il passato e' proprio il proposito di Baz Luhrmann e dei suoi attori, una rivitalizzazione degli anni venti che ripesca le immagini in bianco e nero di un secolo fa, le ricolora e ce le propone con una interpretazione forse non sempre di grandissimo gusto, ma sempre piena di invenzioni visive e idee di regia.

E' vero, e questa e' la cosa che piu' ha infastidito David Denby del "New Yorker", che non e' ne' elegante ne' necessaria l'idea che Nick racconti la sua storia allo psicanalista scrivendola come fosse un libro, e non sono neanche belle tutte queste parole del romanzo di Fitzgerald che prendono vita sullo schermo (lo puo' fare solo Scorsese), ma nessuno sa mettere in scena delle feste piene di champagne e di balli scatenati come Baz Luhrmann (fatele vedere a Sorrentino, please) e molte delle scene chiave del film, come il gioco al massacro nell'albergo di New York tra Gatsby, Tom e Daisy, o tutto il finale in piscina, sono costruite con grande abilita'.

Nemmeno la versione anni 70 diretta dal raffinatissimo Jack Clayton e scritta addirittura da Francis Ford Coppola, con Robert Redford e Mia Farrow, era cosi' riuscita ne' funziono' tanto al box office. Probabile che non sia cosi' facile mettere in scena il capolavoro di Fitgerald, e che si presti a facili stroncature, ma l'impressione, malgrado le smorfie dei critici internazionali, e' che sia un solido film pieno di invenzioni dominato dai suoi due protagonisti maschili.

La storia d'amore sembra infatti piu' quella di Nick, dai grandi occhi azzurri che riempiono lo schermo, per l'affascinante Gatsby, e per tutto quello che per lui rappresenta, che quella di Gatsby per Daisy, che e' ricca e indifferente come suo marito, altra cosa che non e' affatto piaciuta agli studiosi di Fitzgerald.

Bella anche, ma era ben sviluppata anche nella versione di Clayton, la coppia proletaria del benzinaio Wilson dell'infedele Myrtla, amante di Tom, interpretati da Jason Clarke e Isla Fisher, che vivono in una zona povera e polverosa, quasi in bianco e nero, rispetto alle coloratissime magioni dei ricchi. Grande l'apparizione della star indiana Amitabh Bachchan come potente boss della mafia ebrea e notevolissima, quasi una figurina del tempo, la campionessa di golf di Elisabeth Debicki.

Per non parlare di una New York dove riusciamo a vedere gli abitanti del tempo che escono fuori dallo schermo e prendono vita come in un cartone animato della Warner. Alla fine e' un'ottima apertura di festival, con tanto di musiche di Jay-Z e costumi firmati da Miuccia Prada, e riposiziona non poco la stella di Baz Luhrmann dopo il polpettonissimo "Australia".

 

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