DAGO GAMES BY FEDERICO ERCOLE – LA SONY LANCIA SUL MERCATO LA "PLAYSTATION CLASSIC" PER CELEBRARE I VENTICINQUE ANNI DELLA SUA PRIMA, RIVOLUZIONARIA CONSOLLE – DENTRO CI SONO 20 GIOCHI ED E’ UN PREZIOSO OGGETTO DA COLLEZIONARE PER COLORO, E SONO TANTI, CHE TENDONO AL FETICISMO TECNOLOGICO
Federico Ercole per Dagospia
E’ un oggetto grazioso la mini-playstation lanciata sul mercato da Sony, sulla scia delle macchinette analoghe distribuite da Nintendo, per celebrare i venticinque anni imminenti della sua prima, rivoluzionaria console. E’ molto piccola, questa scatolina contenente venti universi elettronici istallati nei suoi micro-ingranaggi, ma riproduce il disegno originale di quel motore di sogni che sconvolse la storia del videogioco a partire dal 1994.
La si connette alla tv tramite un cavo HDMI e un cavo USB che la alimenta, si seleziona uno dei videogiochi e poi, con una vaga lacrimuccia, si riascoltano quei due accordi iniziali che hanno preludiato tante meraviglie, infine si ritorna al passato scoprendolo ancora vivo e bellissimo perché non è la quantità di pixel e poligoni che definiscono l’arte di un videogame e assecondando questa linea di pensiero non vedremmo più film muti o in bianco e nero, oppure abbatteremo i ruderi di antichi templi greci perché cadenti.
Ipnotizzato soprattutto dalla tecnologia e da un iper-realismo fotografico tanto pubblico contemporaneo abomina ciò che ritiene obsoleto quando il nostro atteggiamento verso i capolavori del passato dovrebbe essere simile a quello di uno Johan Johachim Winckelmann che passeggiò per la Roma del ‘700 ammirando lo splendore dimenticato di tante opere.
Così riscopriamo l’imperitura epica del dramma di Final Fantasy VII, ritroviamo gli orrori di Resident Evil nella forma Director’s Cut voluta da Shinji Mikami, ritorniamo meravigliati nel west-fantasy-apocalittico di Wild Arms, ci sublimiamo ancora una volta di fronte alle idee e allo stile di Hideo Kojima in Metal Gear Solid, lottiamo in quel picchiaduro eccellente che fu Tekken 3 con quei segmenti sbalorditivi di cinema che sono i suoi filmati in computer-graphic, ammiriamo la creatività minimale ma già radicale di Grand Theft Auto e lo sperimentalismo del primo Persona, ci divertiamo con puzzle-game esemplari come Mr. Driller…
MA
Malgrado la presenza di capolavori senza tempo, ripensando alla storia gloriosa di Playstation, realizziamo che nel panorama ludico proposto ci sono inspiegabili assenze. Soprattutto perché per Sony questa sarebbe stata l’occasione ideale per portare in Europa alcune opere d’arte del videogame che all’epoca dovemmo giocare acquistando una console americana o modificando la nostra europea, come Xenogears, Chrono Cross, Final Fantasy Tactics o Parasite Eve, quest’ultimo presente invece nell’edizione giapponese. Passi per Gex che non fu esclusiva Sony, ma Tombi?
E le nebbie di Silent Hill? Vagrant Story? Legend of the Dragoon? Castlevania Symphony of the Night? Mi fermo, perché altrimenti questo scritto diverrebbe una rassegna lunga quanto quella degli eserciti nei canti di Omero.
E’ un pianto sterile lamentarsi delle scelte un po’ miopi di Sony perché ci sono comunque centinaia di ore di bellezza elettronica nella sua console, tuttavia alcuni giochi sembrano proprio infilati nella piccola PlayStation con pigrizia e di fretta (Jumping Flash, Syphon Filter, Tom Clancy Raimbox Six), quasi senza amore per la propria storia, per coprire più generi ludici possibili, senza assecondare la volontà e la passione di milioni di giocatori.
Inoltre non c’è nessuna opzione per modificare le immagini di gioco e adattarle al proprio televisore e questo, se si considerano i quasi cento euro del prezzo, può essere un deterrente per molti, soprattutto per chi conserva ancora, connessa ad un vecchio catodico, un “vera” Playstation dell’epoca con i suo dischi.
OGGETTO DEI DESIDERI
La mini-playstation è comunque un prezioso oggetto da collezionare per coloro, e sono tanti, che tendono al feticismo tecnologico. La presenza di alcuni capolavori la rendono utile per presentarli con facilità ad una nuova platea, soprattutto di giovanissimi, che della storia del videogioco forse non sa nulla.
Si tratta inoltre di un comodo oggetto “museale” per offrire a un luogo che celebri i videogame una veloce scelta di titoli immediatamente fruibili. Può essere utile, considerate le sue dimensioni, a chi viaggia e pernotti in motel, così può connetterla alla tv della sua stanza. Tuttavia per i viandanti del videogame ci sono già, assai più comode, le console portatili.
Insomma la Playstation Classic avrebbe potuto, dovuto, essere di più e il suo frettoloso sorgere causa qualche rimpianto in chi tantò amò la sua leggendaria matrice. Ma quando vediamo per la prima volta la fanciulla dei fiori nel caos buio di Midgar e sentiamo risuonare il suo dolce tema musicale, o percepiamo il gelo dell’Alaska mentre ci nascondiamo nelle ombre come serpenti tra la verzura, o guardiamo terrorizzati un uomo sbranare un cadavere per poi voltarsi e rivelare il suo orribile viso marcio da zombie, ecco, allora si verifica il miracolo e ci dimentichiamo con cosa, come e quando stiamo giocando, di nuovo o per la prima volta sotto la luna o i soli di altri mondi, smarriti in un altrove magnifico e terribile.