IL DIVINO QUIRINO CONTI A SPOLETO - L’OPERA DI CIMAROSA VA IN SCENA A LUME DI CANDELA
Valerio Cappelli per il "Corriere della Sera"
Parrucche, ciprie, candele, specchi. E sotterfugi amorosi. Fu tale il successo de Il matrimonio segreto di Cimarosa, nel 1792 a Vienna, che l'imperatore Leopoldo II impose il bis dell'intero spettacolo. L'opera, amata da Stendhal, ebbe la stessa sorte del Barbiere di Paisiello: fortunata in vita, venne poi dimenticata. Sabato risale dalla corrente dell'oblio al Festival di Spoleto, con Ivor Bolton alla guida dell'Orchestra del Petruzzelli di Bari, e Quirino Conti, architetto, scenografo, studioso di moda e ora al debutto come regista d'opera.
La notizia che rischia di mangiarsi tutte le altre è che il Teatro Caio Melisso sarà rischiarato a lume di candela, alla maniera settecentesca. La «questione» della luce si riverbererà sull'intero spettacolo, accerchiando il diffuso erotismo da metafore e allusioni; avvolgendo in un vedere che poi si adombra i misteri dell'intreccio sentimentale: ci sono amori che non si possono appartenere e fughe non riuscite, c'è un conte che viene dall'Inghilterra e che si innamora ora di questa ora di quell'altra... Siamo sempre alle «relazioni pericolose».
«I pilastri dell'allestimento sono i due importanti restauri riconsegnati al Caio Melisso dalla Fondazione Carla Fendi: il sipario storico e la scenografia dipinta del 1879, opera di Domenico Bruschi. Il fondale si intitola La scena ricca , è stato ritrovato malridotto nella soffitta. E dunque riecco quei drappeggi color rossiccio con frange d'oro, e poi c'è una stanza color rosa livido dove si delineano figure e personaggi, «stanza che nel nostro caso diventa un androne misterioso e oscuro, che noi rischiariamo con l'illuminazione a candele, vere e artificiali, oggi non è più consentito e risulterebbe arduo superare i vincoli di sicurezza».
Questo tipo di illuminazione rende bene la volatilità di sentimenti, l'instabilità emotiva. «Una penombra così intima e sensuale in grado di dare credibilità al sentimento. Il fondale in alcuni momenti si solleva e si apre una scena tutta di specchi riquadrati».
Echi di Mozart? «Mozart è una condicio sine qua non , però quest'opera ha una sua dignità , Cimarosa è un grande autore, i personaggi dicono con semplicità cose vaste e complesse degne di Voltaire, e la musica ha un carattere mistico, mai o frivolo». I costumi sono di Piero Tosi, che con Franco Zeffirelli è l'ultimo epigono della scuola di Visconti. Dice che gli abiti in scena sono la buccia di un personaggio. Eleganza, ricerca, preziosità .
«Tosi non voleva più lavorare. Ma ho insistito. Lui ha cercato una forma del corpo. Nel nostro tempo abbiamo mutato il corpo in aggressività e violenza, il corpo è diventato l'elogio della propria condizione socio-economica. Nel '700 era sinonimo di grazia e sensualità e gli abiti dovevano dare una forma che fosse anche appetitosa». Tosi ha creato costumi che odorano «di meringhe», abitati da corpi pieni di desideri e di piaceri.
Conti ha condotto ricerche iconografiche su quest'opera che è una sintesi tra pathos, melanconia e commedia: «La melanconia è perché la giovinezza è un dono prezioso e tutto questo prima o poi svanisce». Ha pensato al disegno di Fragonard su due ragazzi ebbri di piacere mai scomposti chiusi dentro con il chiavistello, metafora sessuale che suggerisce ciò che sta per succedere. Ha pensato anche ai film di Rohmer, «gli amori perduti che ritornano, magari dopo essersi ritrovati casualmente sul metrò».
Alla fine tutto si risolve e si farà luce sui sentimenti veri. «Mi è venuta in mente la battuta di un film di Alessandro Blasetti, Vecchia guardia . Il bambino che chiede al padre: se non c'è il sole cosa c'è? La luna, gli risponde. E se non c'è la luna, o le stelle? C'è sempre un lumino per fare chiarore».
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