DOMANI SERA TORNA ''DAGO IN THE SKY!'' - IL ''FATTO'': ''UN RAPIDO PASSAGGIO TRA TERREMOTI, AMPLESSI, SELFIE, EGO IPERTROFICI, RAGAZZI CHE SCALANO GRATTACIELI, PERCHÉ L' UNICO MODO DI ESSERCI È IMMORTALARE L' ATTIMO E INFINE SUPERARLO CON IL LUSSO ESTREMO DI MOSTRARE A UNA COMUNITÀ PIÙ AMPIA POSSIBILE LE PROPRIE IMPRESE''
Malcom Pagani per ''il Fatto Quotidiano''
Breviario visivo e filosofico per sopravvivere a un' epoca "in cui vediamo tutto senza guardare niente". Il programma si chiama Dago in the Sky, va in onda il mercoledì sera in prima serata su Sky Arte e il conduttore, Roberto D' Agostino, non c' è quasi mai. La sua presenza è un lampo tra i lampi, una voce in mezzo ad altre voci, immagini, autoscatti, suggestioni.
Un rapido passaggio tra terremoti, amplessi, selfie, ego ipertrofici, ragazzi che scalano grattacieli o riprendono il passaggio di un treno a rischio della vita stessa perché l' unico modo di esserci e lasciare un segno nell' epoca della rivoluzione digitale è immortalare l' attimo come un tempo accadeva con la Polaroid e infine superarlo con il lusso estremo di mostrare a una comunità più ampia possibile le proprie imprese.
Dimostrare di esistere. Affermarlo. Farlo sapere a chiunque, in tutto il mondo, nel medesimo istante. In una solitudine amplificata dal mezzo, inversamente proporzionale alle moltitudini che un solo clic diffondono epidemia e contagio come un secolo fa sarebbe accaduto con la Spagnola, niente è più come prima a partire dal senso del tempo. Dago in the Sky, visivamente ipnotico, veloce come i temi che racconta scalfendo l' impermeabilità di una materia sfuggente, del nostro tempo frenetico è una possibile guida e un oggetto anomalo.
Indipendente e lontano dalla nostalgia di una tv che non esiste più, ormai utile al solo amarcord. Nelle sue quotidiane sezioni di non sense catturate da telefoni e telecamere che passano rapide su uno schermo di grandezza variabile - restituendo un quadro dei gusti e delle inclinazioni collettive parcellizzato - la tavola dipinta da D' Agostino ha moltissimi colori.
Un esperimento in cui il cromatismo e l' eccesso sono funzionali al viaggio proposto e senza tradire le aspettative sembrano rappresentare una chiave utile per decrittare una contemporaneità digitale impalpabile e dominante. Quando nel 2000, l' ex cantore dell' edonismo reaganiano sfuggito al posto fisso in banca decise di trasferire la rubrica tenuta su L' Espresso, Spia e di iniziare a nuotare con Dagospia nell' allora inesplorato mare della rete, in molti gli diedero del pazzo.
Da pioniere, tra un disvelamento del potere e un Cafonal, D' Agostino ha saputo raccontare con Dagospia lo spirito del tempo. Oggi ci riprova con altri mezzi- nel dubbio che si tratti solo di un diverso utilizzo del mezzo- con Dago in the Sky. Nuovo e inclassificabile, proprio come inclassificabili erano Arbore e la sua banda tre decenni prima in Quelli della notte.
Razionalizzando il situazionismo di quella trasmissione ed eliminando il gioco di squadra di Quelli della notte per rimanere solo - ma circondato dai volti liquidi e dalle provocazioni di questi ultimi anni - D' Agostino ha raccontato con notevole contemporaneità un' altra notte.
Dago in the Sky ci mostra un pozzo di cui non si scorge il fondo, ma non si vedono neanche le pareti.
Un buco nero in cui tutti corrono a infilarsi, cambiando loro stessi e trasformando definitivamente rapporti, consuetudini e considerazione di sé. Internet, web, futuro. Ne parlano in tanti, ma in pochi sanno analizzarli. Dago in the Sky prova nell' impresa e dura solo tre puntate.
Forse poche, in attesa di una replica.