E’ BASTATO UN COLPETTO DI MOUSE E L’INTELLETTUALE GRILLO PARLANTE E’ FINITO IN SOFFITTA – ‘’SIAMO ALL’INTELLIGENZA DELLA FOLLA; LA CONOSCENZA È PROPRIETÀ DELLA RETE, E NON PIÙ DI UN SINGOLO’’
1. L’ECLISSI DELL’INTELLETTUALE - È LA CULTURA AL TEMPO DI INTERNET
Da “la Stampa”
internet colleghera il mondo intero
Gli intellettuali non sono più quelli di una volta. «Dove sono finiti gli eredi non solo di Croce e Gentile, ma di Pasolini e delle sue “lucciole”, di Sciascia contro “i professionisti dell’antimafia”, di Bobbio e delle sue polemiche con Togliatti?», si chiedeva l’altro giorno Luigi La Spina sullaStampa, denunciando la scomparsa di questa figura centrale nel dibattito pubblico del secondo dopoguerra.
Alla denuncia ha risposto ieri Gian Enrico Rusconi che ha sostenuto come l’intellettuale non sia scomparso ma si sia dedicato al genere dell’intrattenimento, sui media, sulla rete, nelle piazze. Per Antonio Scurati invece gli intellettuali sono diventati «soldatini di latta» nell’arena senza gerarchie dei media.
2. DA SACERDOTE DEL VERO A INTERPRETE DEL MUTEVOLE
Marco Belpoliti per “la Stampa”
Pasolini era un puritano. Il suo riferimento principale non erano la società letteraria o intellettuale, i ricchi e i potenti, bensì i poveri, gli oppressi. La sua morte violenta, la notte tra il 1° e il 2 novembre 1975, segna la fine di questo tipo d’intellettuale. I poveri, gli emarginati, come ha scritto Zygmunt Bauman in Il declino degli intellettuali (1987), hanno perso la loro attrattiva in un mondo dominato dalla figura del consumatore.
Oggi i poveri si fanno la guerra tra di loro, danno fuoco ai ghetti, danneggiano sé stessi con la droga e l’alcol, sono poco attraenti come gli stessi «consumatori in difficoltà» (Bauman).
Nessuno scrittore, o pensatore, possiede il coraggio della disperazione che animava Pasolini. L’altro giorno su un giornale italiano campeggiavano le foto di Martin Amis e Ian McEwan. Parlavano di sé stessi e della propria vita: due borghesi, piccoli borghesi, ma anche due bravissimi scrittori, che sono intervenuti sull’attualità con loro scritti. Ma dov’è la speranza nelle loro parole?
La loro legittimità come intellettuali – lo sono – deriva da fattori su cui non esercitano nessun controllo: fama, vendite, riconoscimento pubblico. L’avvento del web ha creato una nuova realtà, una doppia realtà. Da un lato, la democrazia della Rete ha spodestato i grandi intellettuali, ha tolto loro importanza in quanto pedagoghi e coscienza critica della società.
Dall’altro, la Rete cerca in modo spasmodico voci autorevoli, chiede di orientarsi in un mondo esploso, dove non c’è più un centro, ma una miriade di centri e sottocentri, realtà pulviscolare di nicchie tra di loro non comunicanti. Nessuno possiede più la «teoria» che abbracci tutto lo scibile, orienti i comportamenti, fissi le mete future. Ci sono i cosiddetti guru. Sono pochi, e sovente il piacere della Rete è quello di schernirli, abbassarli o abbatterli.
La parola chiave nel web 2.0 non è più autorevolezza bensì «reputazione». Tutto diventa opinione, anche l’opinione rispetto a chi ha un’opinione. L’intellettuale non è scomparso. Non è più un philosophe, è invece un «esperto» in un mondo dove la tecnologia trionfa sul sapere umanistico (e la Tecnica viene confusa con la Scienza).
Siamo all’intelligenza della folla; la conoscenza è proprietà della Rete, e non più di un singolo, sostiene David Weinberger in La stanza intelligente. Il sapere è più incerto ma più umano, più instabile ma più trasparente.
Quale spazio resta agli intellettuali in un mondo pulviscolare, globalizzato, fluttuante? Di essere degli interpreti, ovvero di leggere i significati del mondo (oggetti, persone, parole, immagini, idee), leggerlo in modo giusto, perché ci sono interpretazioni giuste e interpretazioni sbagliate. Occorre discernerle.
Nel mondo dei consumatori, come dice Bauman, il compito dell’intellettuale è quello di mediare la comunicazione tra «province delimitate» o «comunità di significato», tra le realtà che nella Rete pensano in termini di novità e di futuro e sperimentano comportamenti critici. Non più proclamare la Verità, come nell’epoca dei puritani. Lavoro difficile, faticoso e ingrato. Qualcuno lo dovrà pur fare. Coraggio intellettuali, ancora uno sforzo!