GRAN CASINO SOLFERINO –DE BORTOLI LASCIA LA DIREZIONE, MA SOLO TRA NOVE MESI (COME UN PARTO) – LA FIAT DI ELKANN NON HA EVIDENTEMENTE LA FORZA DI IMPORRE DA SUBITO UN SUO DIRETTORE E ASPETTA IL PENSIONAMENTO DEL MENTORE DI FLEBUCCIO, BAZOLI – TRA I PAPABILI, CALABRESI, VERDELLI E FONTANA
1. SVOLTA AL “CORRIERE”, DE BORTOLI LASCIA LA DIREZIONE
Marcello Zacché per “Il Giornale”
Ferruccio De Bortoli, dopo 12 anni, lascia la direzione del Corriere della Sera. Anzi, «lascerà»: il consiglio di Rcs, società editrice del quotidiano, ha ieri comunicato la conclusione della sua direzione, ma a partire dalla prossima primavera. Un cambio a tempo, quindi. E al buio. Nove mesi, di qui all'approvazione del bilancio 2014 di Rcs previsto per fine aprile 2015, per trovare un nuovo direttore. Per il Corrierone un fatto senza precedenti. Il direttore cambia, ma non cambia. Perché?
La spiegazione sta nel violento scontro in atto da mesi su De Bortoli. Che, non a caso, ha precisato: «Comunque non ho dato io le dimissioni».
De Bortoli era ormai apertamente inviso sia all'ad Pietro Scott Jovane (con il quale sono stati numerose le occasioni di battibecco), sia al principale azionista Rcs, la Fiat, che quando un anno fa è salita al 20% del gruppo ha prima imposto Jovane, cercando poi di fare altrettanto con Mario Calabresi, direttore del giornale di casa, la Stampa di Torino. Senza mai riuscirci. De Bortoli era stato dato per «morto» già nel febbraio scorso.
Poi in marzo e in aprile. Ma ha resistito, forte sia dell'appoggio della redazione, sia di un azionista che ancora pesa in Rcs come Giovanni Bazoli, sfidando anzi il capo azienda Jovane. Come quando, qualche mese fa, ha minacciato le dimissioni se l'ad del gruppo non avesse rinunciato al bonus assegnato anche a fronte dei tagli ai costi e al personale per oltre 90 milioni. O come quando, di fronte alla cessione della sede di via Solferino, non ha esitato a considerarla un grave errore.
Non solo gli è andata bene, ma è anche riuscito a dimostrare che John Elkann, il presidente Fiat che gestisce in prima persona la partita Corriere, non hai mai avuto la forza per imporre un cambio di direzione che incontrasse il favore di altri soci di peso come Della Valle o Bazoli. E ieri si è visto che non l'ha neppure adesso.
Così la formula del licenziamento a tempo suona in realtà come un formale compromesso: da un lato Elkann e Jovane possono dire di essere riusciti a mandare via Ferruccio: c'è anche l'accordo per 2,5 milioni di buonuscita. Dall'altro non hanno mandato via nessuno, visto che De Bortoli resta il direttore e che nove mesi sono un periodo politicamente e mediaticamente assai lungo. Di sicuro abbastanza lungo per il rischio della «vietnamizzazione» di via Solferino: se né Elkann né altri soci sono stati in grado di fare un cambio proponendo un direttore che raccogliesse sufficienti consensi tra gli altri, significa che la partita è aperta e che in nove mesi se ne vedranno di tutti i colori.
Con ulteriori controindicazioni. In questi mesi sono previsti il cambio grafico (restyling) del Corriere, la pianificazione pubblicitaria, la marcia d'avvicinamento all'Expo: tutto senza sapere chi sarà il direttore di riferimento per una tale mole di impegni aziendali ed editoriali. Ma evidentemente il management ha preferito andare fino in fondo con questa prova di forza, piuttosto che soprassedere e risolvere con più calma la questione.
Dando nel frattempo il via al totonomine. Per Calabresi, prima scelta di Elkann, la strada sembra più in salita che mai: vien da pensare che se avesse avuto il sostegno sufficiente sarebbe già in via Solferino. Carlo Verdelli potrebbe essere il second best di Jaki. Ma bisognerà vedere come Della Valle, azionista con il 9%, prenderà l'uscita di De Bortoli: difficile pensare che appoggi a cuor leggero una scelta del «rivale» Jaki.
A Bazoli potrebbe piacere una soluzione interna, come quella del vice Luciano Fontana. E paradossalmente lo stesso De Bortoli, alla fine potrebbe dire la sua: l'azienda lo ha invitato a partecipare al processo di individuazione del nuovo direttore. Una scelta apparentemente contraddittoria, forse rivelatrice della potenziale instabilità di via Solferino. Dove, chissà, De Bortoli potrebbe alla fine essere invitato a restare. Magari come direttore editoriale.
2. USCÌ DE BORTOLI CON APLOMB
Da “Il Foglio”
Felpato e razionale come nello stile dell’uomo, l’addio di Ferruccio De Bortoli al Corriere della Sera annunciato ieri dal cda di Rcs MediaGroup avverrà il 30 aprile 2105, ad approvazione del bilancio 2014. Uscita felpata, ma con vena di rammarico: “Ho sperato che ci fosse la possibilità di un nuovo inizio”. In un’intervista recente al Foglio aveva detto: “Diciamo che il Corriere ha molti azionisti, ma non ha un editore”. Buona sintesi in una battuta, ma alla fine nello scontro di azionisti-non editori De Bortoli ci si è trovato, ci ha vissuto.
De Bortoli lascerà la direzione del Corriere nella primavera 2015 La sua è stata, negli ultimi anni, la direzione del declino storico del bazolismo, ruolo non comodissimo, avendo in Bazoli il massimo mentore. Ha retto il timone facendo buon viso allo scontro all’arma bianca, e agli stracci, tra gli Elkann e Della Valle, con Mr. Tod’s uscito a pezzi, per ora, ma anche con gli Elkann a dover ormai rendere conto al nuovo capo vero, Sergio Marchionne, del perché di una presenza editoriale in cui c’è molto da rivedere.
E’ stato il direttore del Corriere rigorista e montiano, tranne scaricarlo presto, ma soprattutto della bufala anticastale con i suoi ricaschi e miasmi, e l’eterna attesa di quella Grande Borghesia, mai pervenuta, che doveva cambiare l’Italia. Ora dirige un Corriere antirenziano, critico e sospettoso del premier ambizioso e di poco àplomb. Chissà se nei nove mesi che restano terrà la barra così, o preparerà l’arrivo di un direttore renzista. E, nel caso, sarà anche marchionnista (come De Bortoli non è mai stato) visto i petardi di Della Valle?