È MORTO RUGGERO GUARINI: “ESSERE AL PASSO COI TEMPI VUOL DIRE SOLO ESSERE DEI PERFETTI CONFORMISTI”
Dario Fertilio per "Il Corriere della Sera"
Di Ruggero Guarini, l'intellettuale napoletano che ieri ci ha lasciato a 82 anni, verrebbe voglia di parlare solo per citazioni. Come succede quando si ricorda un Cioran, uno Stanislaw Lec, un Karl Kraus. Aforismi del tipo: «Stupido è chi si stupisce di tutto, ma ancor più stupido è chi non si stupisce di niente». Oppure: «Dio è quel che manca anche quando non manca niente». O ancora: «Che cosa vuol dire essere al passo con i tempi, se non essere, sic et simpliciter, dei perfetti conformisti?».
Solo che queste sue frasi ad effetto non avevano lo scopo di stupire (per questo sarebbe bastato un rapido esame della sua biografia). Piuttosto erano gettate in pasto al lettore, o all'interlocutore, per sfogare un interno, inarrestabile, indomabile bisogno di «stare dall'altra parte», contraddire, sconvolgere le aspettative.
Così Ruggero Guarini sfuggiva come un'anguilla a tutte le classificazioni: giornalista, polemista, scrittore, vaticanista per il «Messaggero» (ma capace di esordire nel '73 con il romanzo erotico Parodia); comunista orgoglioso di esserlo stato, poi simpatizzante per l'ultrasinistra e infine, trionfalmente, «berlusconiano» e collaboratore dei cosiddetti «giornali di destra»: ed era forse quest'ultimo stato mentale, ancor prima che politico, a dargli il sottile piacere di stare dalla parte dell'eresia intellettuale.
Perché felicità , per un personaggio come lui, significava saper alternare raccolte di versi spiazzanti e pamphlet capaci di urticare. Così, da una parte stava Il dio degli acquitrini, in cui un verme solitario va incontro al suo destino di parassita, realizzando a modo suo l'imperscrutabile disegno divino nascosto nella natura. Dall'altra, un titolo come Compagni ancora una sforzo: dimenticare Togliatti dice già tutto, benché il regolamento di conti con il passato sia in quelle pagine più malinconico e autobiografico che feroce.
E poi c'erano i suoi veri nemici: gli esecrabili conformisti, gli «sdraiati sulla linea» (per dirlo come un altro scrittore partito come lui da sinistra per approdare a un sentimento libertario, Marcello Venturi), quelli a cui tutti danno ragione per principio, come i «laici», capaci soltanto di «fede cieca in idoli ottusi e irrazionali spregiatori di ogni ragione»; oppure i mostri sacri dei circoli culturali come Umberto Eco, che al momento del bilancio finale ai suoi occhi «risultano meno importanti di Liala».
Naturalmente, come in tutti i grandi aforisti pessimisti, nella sua filosofia traspariva dietro ogni angolo l'inquietudine religiosa, e l'ombra di Dio stesso con la maiuscola, cui rivolgeva in versi o in prosa un «confuso balbettio come una muta preghiera».
Probabilmente è stato proprio questo, ciò cui si è aggrappato quando un edema polmonare lo ha portato all'ultimo capitolo della sua vita, e lui ha preso congedo da tutte le sue inclassificabili provocazioni rimanendo se stesso, tra le braccia della moglie, l'attrice Muzzi Loffredo.
2 - IL REGNO DELLA FIABA...
Ruggero Guarini per "Il Foglio" - Mi stupisce che la signora Veronica Lario non ha ancora capito che suo marito ormai non appartiene più né alla politica né alla storia, ma al regno della fiaba, dal quale nessuno potrà più buttarlo giù.
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