dario salvatori

“ERA LA GAVETTA, TESORO. QUELLA CHE NESSUNO VUOLE PIÙ FARE” – DARIO SALVATORI: “C’È STATA UN’EPOCA NELLA STORIA DEL FESTIVAL DI SANREMO DOVE OGNUNO INCIDEVA LE CANZONI DI TUTTI GLI ALTRI.  I CANTANTI ERANO DEI BAMBOCCI, A STABILIRE IL TUTTO FURONO SOPRATTUTTO LE CASE DISCOGRAFICHE E ANCOR DI PIÙ LE CASE EDITRICI MUSICALI” – “GLI INTERESSI DELLE CASE ERANO TALMENTE COSPICUI CHE DI FRONTE ALLE ETERNE RIVALITÀ CADEVA OGNI MURO DI GOMMA: NILLA PIZZI CHE CANTAVA “TUA” DELLA SUA RIVALE JULA DI PALMA, TEDDY RENO CHE INCIDEVA “UNA MARCIA IN FA” DI GINO LATILLA….” - VIDEO

 

Dario Salvatori per Dagospia

 

dario salvatori foto di bacco

C’è stata un’epoca nella storia del Festival di Sanremo dove ognuno incideva le canzoni di tutti gli altri.  I cantanti erano dei bambocci, a stabilire il tutto furono per primi i direttori d’orchestra, dove si formavano le “scuderie” di cantanti, ma soprattutto le case discografiche e ancor di più le case editrici musicali, autentica cassaforte della canzone.

 

Quando ascoltate canzoni molto celebri negli spot pubblicitari credete che siano i cantanti originali o gli autori a percepire denaro? Macchè, sono soltanto le case editrici a guadagnarci. Gli interessi delle case erano talmente cospicui che di fronte alle eterne rivalità cadeva ogni muro di gomma: Nilla Pizzi che cantava “Tua” della sua rivale Jula di Palma, Teddy Reno che incideva “Una marcia in fa” di Gino Latilla.

 

 

teddy reno una marcia in fa

Nel 1961, l’anno n cui sbarcarono in massa i cantautori, non andò bene a tutti. I più giovani pagarono pegno. Nella compilation Giorgio Gaber (che nella gara cantava “Benzina e cerini” insieme a Maria Monti) fu costretto a cantare “Patatina” di Wilma De Angelis. Potete immaginare  Gino Paoli a cantare “Al di là” di Luciano Tajoli, vincitore di quella edizione?.

 

Lo sconsolato Sergio Endrigo obbligato a cantare la sconsolatissima “Pozzanghere” di Tony Renis.  “Notturno senza luna” di tal Silvia Guidi entrò nella compilation interpretata di Dick Ventuno, ovvero Luigi Tenco. L’intera facciata B della raccolta 1961 fu affidata ai Flippers (Max Catalano, Franco Bracardi, Romolo Forlai, Maurizio Catalano e Fabrizio Zampa) i quali trasformarono “24 mila baci” in un cha-cha-cha. Nel 1965 si divisero la torta la Rifi e la Ricordi, dunque la canzone vincente di quell’anno, “Se piangi se ridi” di Bobby Solo, passò nelle mani di Mina.

 

 

jula de palma

La stessa Ricordi fece bingo l’anno dopo con “ A la buena de Dios” dei Ribelli (unico gruppo ad entrare in finale quell’anno) affidata ai Quelli, ovvero i futuri membri della Premiata Forneria Marconi, ma soprattutto inserendo “Adesso si”, in gara con Sergio Endrigo, nella versione di Lucio Battisti.

 

L’album possiede una notevole quotazione proprio per questo inserimento, anche se  la prima incisione di Battisti venne arrivò quattro mesi con il suo primo disco a suo nome, “Per una lira”.  Nel 1967, il vincitore morale di quell’edizione fu Little Tony con la sua “Cuore matto”, reinterpretata da Fausto Leali. La miscellanea del 1969 propose “Un’avventua”, in gara con Lucio Battisti e Wilson Pickett, finita nelle mani dei New Trolls. Non mancano gli interpreti che si sono sempre vergognati di aver inciso una canzone di un altro, tipo Gabriella Ferri alle prese con “Chi non lavora non fa l’amore” di Adriano Celentano, Lucio Dalla che incide “Taxi” di Antoine, Nicola Di Bari costretto ad interpretare “Come le viole”, portata in gara dal suo eterno rivale, Peppino Gagliardi.

 

giorgio gaber benzina e cerini

 

Per non parlare di Claudio Baglioni in piena miscellanea con “Bianchi cristalli sereni” di Don Backy. La Cgd, importante casa discografica tutta italiana, mise sul mercato il Sanremo del 1969 affidando ai Camaleonti “Se tu ragazzo mio”, in gara con Gabriella Ferri e Stevie Wonder, Sergio Leonardi con “Bada bambina” di Little Tony. Il fatto che le canzoni stridessero in mano ad altri interpreti contava poco, l’importante era occupare una quota di mercato. Per esempio scegliendo Gianni Nazzaro per interpretare “Come stai” di Domenico Modugno, oppure Sergio Endrigo per la “Il cuore è uno zingaro” della coppia Nicola Di Bari-Nada.

 

gabriella ferri chi non lavora non fa l amore

Ancora la Ricordi per la compilation del 1971. “Che sarà” di Jose Feliciano e Ricchi e Poveri finita nelle mani di uno svogliato Ricky Gianco e “La folle corsa” di Little Tony finita ai Leoni.

 

Con l’inizio dei Settanta le canzoni del Festival di Sanremo diventarono esageratamente racchie, stessa cosa per i vincitori (Homo Sapiens, Gilda, Mino Vergnaghi, ecc.), insomma queste canzoni non se le litigava più nessuno.

 

Le case discografiche giunsero ad un patto di non belligeranza: la compilation sarebbe stata affidata un anno a testa. Il che non migliorò la produzione di quel periodo. Anni affollati ma cupi, Sanremo era ormai molto lontano dal mercato, da ciò che finiva in classifica e lontano addirittura dai  gusti del pubblico di Raiuno.

 

sergio endirgo

 

Questa storia ha una morale. I cantanti non contavano nulla, a parte i notissimi, però tutti gli altri sgomitavano, anche non se non erano stati inseriti nel cast Sanremo e magari interpretare una canzone in gara costituiva un  ticket di ingresso. Era la gavetta, tesoro. Proprio quella che nessuno vuole più fare.

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