IL CINEMA DEI GIUSTI - GIGI MAGNI, UN GRANDE AUTORE TEATRALE, "RUGANTINO" (1962), UN GRANDISSIMO AUTORE DI CAROSELLI, PRIMO REGISTA ITALIANO A TRATTARE SULLO SCHERMO IL POTERE DELLA CHIESA E I SUOI PECCATI

Marco Giusti per Dagospia

Quando nel 1969 usci' "Nel giorno del signore", con un cast che poteva vantare Nino Manfredi, Claudia Cardinale e Alberto Sordi che si muovevano nella Roma papalina, grande fu la scoperta di un regista e sceneggiatore, finora poco considerato dal cinema, Luigi Magni, perche' ci sembro' possedere un talento unico e genuino adatto a raccontare Roma e i suoi protagonisti piccoli e grandi con il massimo rispetto per la lingua e la storia della citta'.

Ma c'era pure una buona dose di impegno politico post-sessantottino. Finora Magni, scomparso oggi a Roma a 85 anni dopo lunga malattia, era stato solo un grande autore teatrale, pensiamo solo al suo indiscusso capolavoro, "Rugantino" (1962), un buon ma non eccelso sceneggiatore per il cinema, soffocato dentro copioni scritti a troppe mani ("La cambiale", "Il corazziere", "Il mio amico Benito", "Un tentativi sentimentale"), un grandissimo autore di caroselli per Nino Manfredi (la penna Bic) e Renato Rascel ("Mi faccio un brodo? Ma me lo faccio doppio! Doppio brodo Star").

Aveva anche diretto un primo, sfortunato film, "Faustina" (1968), che, personalmente amavo molto. Una favola romana ambientata ai Fori interpretata da Vonetta McGee, incredibile protagonista nera del "Grande silenzio" di Corbucci, militante Black Power arrivata casualmente in Italia a fianco del suo uomo, Alex Cord. Con lei recitavano Enzo Cerusico e Renzo Montagnani. Fu un disastro sia di critiche che di pubblico.

Ma Gigi Magni vantava una grande conoscenza della Roma dei tempi che furono e della storia italiana che aveva gia' messo a disposizione di certi film di Mauro Bolognini ("Le fate", "Le streghe") e di Pasquale Festa Campanile ("La cintura di castita'") e sapeva scrivere, benissimo, per i mostri della commedia all'italiana. Cosi' il grande successo del suo secondo film, "Nell'anno del Signore" fu solo la conferma del suo talento di sceneggiatore di vasta conoscenza storica che riusciva a modellare perfettamente certi personaggi sui diversi caratteri dei colonnelli del nostro cinema.

Tutti i suoi lavori migliori, al cinema, vanno in quella direzione. Pensiamo a "Scipione detto anche l'Africano" (1971) con Marcello Mastroianni come Scipione e Vittorio Gassman come Catone, alla sua bellissima "Tosca" (1973) costruita per Monica Vitti, Gigi Proietti, che faceva Cavaradossi e Vittorio Gassman che era Scarpia, all'episodio papalino con Nino Manfredi "Il santo soglio", inserito nel film a piu' mani "Signori e signore, buona notte" (1976), a "In nome del Papa Re" (1977) con Nino Manfredi e Carlo Bagno, che lo mostrano al meglio delle sue possibilita'.

Meno riusciti, anche pensati nella stessa direzione, i film successivi, tutti interpretati dai nostri attori piu' amati, "Arrivano I bersaglieri" (1980), "State buoni se potete" (1984), "Secondo Ponzio Pilato" (1987), "O Re" (1989), "In nome del popolo sovrano" (1990) e "La carbonara" (2000), che e' anche il suo ultimo film per il cinema. Nel suo cinema cardinali, principi e povetracci possono parlare lo stesso linguaggio, il romano, con grandi effetti comici senza che cambino i rapporti di potere tra i personaggi.

Fortemente anticlericale, fu forse il primo regista italiano a trattare sullo schermo il potere della Chiesa e i suoi peccati. Magni si ritrovo' pero' spesso un po' schiavo del genere, pur fortunato, che aveva inventato, che solo lui, riconosciamo, riusciva a trattare cosi' bene, ma rischiava spesso di ripetersi. Cerco' anche, senza successo, di inventarsi altre strade, piu' simili a quella del suo film d'esordio.

Ma "La via dei babbuini" (1974), la sua commedia africana, concepita per l'esordio cinematografica di Manuela Kustermann, allora star della scena underground teatrale, fu stroncata dai produttori che gli imposero un cast piu' tradizionale, e nella commedia borghese, come dimostra l'episodio "Il cavalluccio svedese" con Manfredi nel film a episodi "Quelle strane occasioni", non brillava.

Provo' anche un film piu' d'autore con "Nemici d'infanzia" (1995) che frutto' a lui e alla sua sceneggiatrice, Carla Vistarini, un David per la sceneggiatura, ma non funziono' al cinema. Ottenne invece grandi soddisfazioni dalla sua collaborazione teatrale con Gigi Proietti, per il quale scrisse "Gaetanaccio" (1978) e "I sette re di Roma" (1989), che ebbero un incredibile successo. Con Proietti, in pratica, riprese il discorso iniziato con Manfredi e Monica Vitti.

Per la tv adatto' la sua tecnica per una vita di Garibaldi a puntate, "Il generale" (1987) interpretato da Franco Nero, qualche tv movie come "Cinema" (1989) con Virna Lisi e Lando Buzzanca, tratto da una storia di Antonio Tabucchi e "La notte di Pasquino" (2003), con Nino Manfredi e Fiorenzo Fiorentini, in assoluto la sua ultima fatica.

Sempre carino, disponibile, pronto a mettersi in discussione e a parlare di Roma, lo ricordiamo gia' malato, quando venne a ritirare il David alla carriera nel 2008 e lo accompagnò, oltre alla moglie Lucia Mirisola, anche scenografa e costumista di tutti i suoi film, un Gigi Proietto molto affettuoso.

 

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