IL CINEMA DEI GIUSTI - ‘IL MONDO DI MEZZO’ RACCONTA IL RAPPORTO TRA PALAZZINARI, CRIMINALI, VATICANO E POLITICA, IN PARTICOLARE CON LUCA ODEVAINE, VICE-CAPO DI GABINETTO DI VELTRONI, CHE VIENE SFIORATO MA PESANTEMENTE - IL REGISTA LAVORAVA PROPRIO AL COMUNE, E HA PRESENTATO IL FILM SIA IN CAMPIDOGLIO SIA IN UNA SERATA STRACULTISSIMA COL PATROCINIO DEI GRILLINI
Marco Giusti per Dagospia
Il mondo di mezzo di Massimo Scaglione
Il costruttore romano, che qui si chiama Mariotti, come il primo costruttore indagato della storia, quello di Piazza Vittorio, e che dovrebbe rappresentare un po’ tutti i palazzinari romani, paga tutti. Come da copione. Ha pure una donna un po’ zoccola e infida.
Ma il vero cattivo del film è il perfido capo di gabinetto del sindaco, certo Lucio Oldani interpretato da Massimo Bonetti e che rimanda direttamente a Luca Odevaine, visto che è lui che gestisce gli affari sporchi della città, in nome però del sindaco di allora, cioè Walter Veltroni, che vediamo nelle immagini di repertorio mentre si inaugura l’Auditorium o quando arriva Nethanyahu.
Oldani/Odevaine dà i soldi ai vecchi fascistoni, sposta gli zingari di zona in zona, gestisce milioni. “Che te voi, fa’ la foto con Peres?”. I costruttori si prestano al suo gioco per far soldi sfasciando la periferia di Roma. C’è tutto, anche la Nuvola di Fuksas, e si finisce con i progetti per lo stadio a Capannelle.
Il film di Massimo Scaglione, Il mondo di mezzo, presentato giovedì scorso addirittura al Campidoglio con endorsement grillino e ieri sera al Barberini in una serata stracultissima con tanto di presentazione finale con consigliera municipale grillina che si autodefiniva come il futuro della città, ha molte pecche, ma almeno ha una tesi chiara. E la dice. Carminati e Buzzi sono solo pedine del gioco di Odevaine e del PD veltroniano.
massimo scaglione presenta mondo di mezzo in campidoglio con marcello de vito
In fondo anche i costruttori, incarnati come si è detto nel personaggio di Mariotti, Matteo Branciamore, che prende il posto del padre malato, Tony Sperandeo, che si prestano al gioco della politica sporca per far soldi. Il nostro cinema è così. Ci voleva un film girato con pochi soldi, in fretta, interpretato da attori veri ma soprattutto da principianti, c’è pure Sandro Medici che fa il monsignore corrotto, che ottiene curiosamente i soldi del Ministero e perfino della Regione Lazio, oltre che lo sponsor della Città di Cosenza e il product placement dei prodotti tipici calabresi, non manca la ’nduja, per raccontare questa storia?
massimo scaglione matteo branciamore
Il sacco di una città da parte di politici, palazzinari e gangster assortiti. Una storia che è degna del Padrino I, II e III, di Suburra e Gomorra. Scaglione, che è stato dal 1999 al 2003 responsabile dell’archivio audiovisivo dell’Ufficio Immagine e Comunicazione del Comune di Roma, sembra di conoscere bene questa storia, e mostra immagini che ha preso allora dei grandi avvenimenti al Comune.
C’è pure l’arrivo di Robert De Niro con tanto di cittadinanza all’attore. Ma sono le incredibili immagini dell’inaugurazione dell’Auditoriun con Sgarbi e Urbani a farci sobbalzare come un grande modello di cafonal politico romano che racconta ora più di quello che vedemmo allora. “il sindaco deve dà qualcosa ai radical chic”, spiega il finto Odevaine, “una Casa del Cinema, un Auditorium…” Scaglione, di suo, inserisce nel contesto della Roma veltroniana le gesta e le malefatte di Odevaine e dei palazzinari romani, sempre presenti. E probabilmente ha ragione lui.
Al punto che, come ha detto presentando il film, i giornalisti del “Messaggero” che dovevano intervistarlo sono stati richiamati a casa. Nel film c’è un momento ben chiaro col giornalista che scrive nel giornale di proprietà del palazzinaro che è obbligato a tacere. E intanto riceve però l’appoggio della giunta grillina. Il film, diciamo, è quello che è, un po’ rudimentale. E forse non voleva essere tanto di più. Ma la storia e la tesi che racconta, sostengono tanti presenti in sala, sono credibili. Veltroni, diciamo, è sfiorato. Ma, pesantemente. Alla fine, tra inutili sponsor, un bel po’ di fuffa, qualcosa si impara. In sala.
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