IL NECROLOGIO DEI GIUSTI – IL NOVECENTO E IL CINEMA PERDONO UNA DELLE LORO VOCI MAGGIORI. JEAN-CLAUDE CARRIÈRE, CHE SI È SPENTO A PARIGI A 89 ANNI, NON È STATO SOLO UNO DEI PIÙ GRANDI SCENEGGIATORI E SCRITTORI DEL NOVECENTO, L’UNICO IN GRADO DI PASSARE DA BUÑUEL A FORMAN, DA GODARD A MARCO FERRERI, MA ANCHE UNO DEI POCHISSIMI IN GRADO DI POTER FAR PARLARE I GRANDI PERSONAGGI DI ROSTAND, FLAUBERT, KUNDERA, APOLLINAIRE. MA ANCHE VAN GOGH, GOYA O DANTON. CHIUNQUE ALTRO, PENSO, SI SAREBBE SENTITO IN SOGGEZIONE – VIDEO
Marco Giusti per Dagospia
Il Novecento e il cinema perdono una delle loro voci maggiori. Jean-Claude Carrière, che si è spento a Parigi a 89 anni, non è stato solo uno dei più grandi sceneggiatori e scrittori del Novecento, l’unico in grado di passare da Luis Buñuel a Milos Forman, da Louis Malle a Volken Schlöndorff, da Jean-Luc Godard a Philippe Garrel, da Nagisa Oshima a Marco Ferreri, da Andrzej Wajda a Hector Babenco, da Peter Brook a Patrice Chéreau, da Julian Schnabel a Shirin Neshat, ma anche uno dei pochissimi in grado di poter far parlare i grandi personaggi di Rostand, Flaubert, Darien, Mirabeau, Kundera, Apollinaire, Schnitzler. Ma anche Van Gogh, Goya o Danton.
luis bunuel jean claude carriere
Chiunque altro, penso, si sarebbe sentito in soggezione. Vinse un Oscar per un cortometraggio girato assieme a Pierre Etaix nel 1962, “Heureux anniversaire”, uno alla carriera nel 2015, e ebbe tre nomination per i capolavori di Buñuel “Il fascino discreto della borghesia”, “Quell’oscuro oggetto del desiderio” e il bel film di hilip Kaufman “L’insostenibile leggerezza dell’essere”. Vinse quattro Bafta per la sceneggiatura di “Cyrano” di Jean-Paul Rappenau, “Taking Off” di Milos Forman, “Il fascino disecreto” e “L’insostenibile leggerezza dell’esere”.
“Vorrei dire qualcosa sul fatto che questo Oscar va a uno sceneggiatore”, disse quando venne premiato con l’Oscar alla carriera. “Sono molto felice di questo, perché molto spesso gli sceneggiatori vengono dimenticati, o ignorati. Sono come ombre che attraversano la storia del cinema. I loro nomi non compaiono nelle recensioni. Molto triste. Ma ancora, sono registi. Ecco perché stasera vorrei condividere questa statuetta inestimabile con tutti i miei colleghi, quelli che conosco, quelli che non conosco, da tutto il mondo. Quindi vi ringrazia tutti”.
Nato a Colombières-sur-Orb, Hérault, nel 1931, voleva scrivere fumetti, adorava il cinema muto di Buster Keaton. Scrive delle gag per Jacques Tati che gli apre la porta per il cinema e si lega a Pierre Etaix, comico e regista che sogna un ritorno alla comica muta.
Con lui filma piccoli capolavori, come “Io e le donne”, “Yo Yo”, il corto che gli fa vincere l’Oscar. Poco dopo incontra Luis Buñuel per la sceneggiatura di “Diario di una cameriera”, e diventa l’autore di tutti i film francesi di Don Luis, da “Belle de jour” a “La via lattea”, da “Il fascino discreto della borghesia” a “Quell’oscuro oggetto del desiderio”.
Da parte sua presenta la sua amica Delphine Seyrig al maestro e lui ne fa una delle sue muse. Del suo lavoro con il sordissimo Buñuel diceva: “Ha detto che lavorava con me perché capiva la mia voce. Tutto quello che ho detto era una sciocchezza, ma almeno ha capito”. Ma Don Luis era sordo solo quando voleva, si sa.
Soprattutto per non sentire sciocchezze. Inutile dire che la collaborazione con Buñuel e con Etaix lo portano al grande cinema europeo degli anni ’60 e ’70. Collabora con Louis Malle per “Viva Maria!”, il bellissimo “Il ladro di Parigi” con Belmondo. Collabora con Jacques Deray per “La piscina”, “Borsalino”, “Funerale a Los Angeles”.
In Francia lavora un po’ per tutti, da Alain Corneau per “France Societé Anonyme” a Daniel Vigne per “Le retour de Martin Guerre”, che gli farà vincere un César, da Jean-Paul Rappenau per una grande riduzione del “Cyrano” di Rostand con Depardiéu protagonista a “L’ussaro sul tetto” al Jean-Luc Godard di “Passion” e “Si salvi chi può (la vita)”.
E se lavori con Godard puoi lavorare anche con Nagisa Oshima per “Max, mon amour”, il suo unico film francese con Charlotte Rampling innamorato di un gorilla, e l’idea del film è tutta sua. Ma non si ferma alla Francia. Con Milos Forman viaggia, da “Taking Off” in avanti, in tutto il mondo.
Con Volker Schlondorff scrive film premiatissimi come “Il tamburo di latta” da Gunther Grass, “L’inganno” e “Un amore di Swann”, che i due rubano a Visconti. “Il modo migliore per diventare sceneggiatore”, diceva “è partecipare umilmente alla realizzazione di un film. Quindi, ovviamente, è necessario avere idee.
Il lavoro di uno sceneggiatore non è solo scrivere un film e conoscere tutto il lato tecnico delle cose: il suono, le immagini, il montaggio. Il suo lavoro, la sua funzione, è cercare nuove idee. Questo è molto importante. Per poter offrire un bouquet di idee diverse”. Ma la cosa più incredibile del suo lavoro è che è in grado di passare dalle produzioni più classiche, pensiamo a “Il tamburo di latta”, a quelle più stravaganti, dove il suo lato più estroso e da fumettaro viene fuori.
Così lo troviamo dietro la love story tra un uomo e una donna di gomma in “Life Size” di luis Berlanga, dietro alcuni notevoli film dell’amico Jesus Franco, come l’eccessivo e splatter “Jack the Ripper” con Klaus Kinski, dietro il James Hadley Chase in salsa Patrice Cherau di “Il profumo dell’orchidea”, che mi ricordo bellissimo. O “la dolcissima Dorotea” di Peter Fleischmann, altro film eccessivo. Ma è pronto a partire per il Brasile da Hector Babenco per un’operazione internazionale come “Giocando nei prati del Signore”.
louis garrel jean claude carriere
O a associarsi a Peter Brook per la grande rilettura del “Mabaharata”. Come i grandi sceneggiatori del Novecento, penso a Ennio De Concini, è davvero un’ombra dietro a tante operazioni diverse. Aiuta attori che vogliono passare alla regia, come Jean-Claude Brialy o Isabella Rossellini, aiuta un critico come Robert Benayoun in una folle impresa di erotico-favolistico con Jane Birkin in versione Biancaneve, “Primavera carnale”.
jean claude carriere con l oscar
Ma alla fine funziona davvero bene alle prese con grandi film storico-letterari, come “L’insostenibile leggerezza dell’essere” di Philip Kaufman o il “Danton” di Wajda o “Valmont” di Forman, tutte opere dove il suo lavoro fa davvero la differenza. Lo troviamo anche in Italia, con Ferreri per “la cagna”, tratto dal racconto di Ennio Flaiano o per “L’iniziazione” di Gianfranco Mingozzi tratto da Apollinaire. E è pronto a rinnovarsi per i recenti film diretti da Louis Garrell o dell’artista Shirin Neshat, per quello che dovrebbe essere la sua ultima sceneggiatura. Ma vai a sapere quante cose ha scritto in questi ultimi anni. Ha avuto tre mogli, Augusta Bouy, Nicole Jamin e Nahal Tajadod.
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