IL CINEMA DEI GIUSTI - UNICO FILM ITALIANO A BERLINO, "VERGINE GIURATA" È UNA BUONA OPERA PRIMA, FATTA APPOSTA PER I FESTIVAL INTERNAZIONALI, E CON UNA IMPRESSIONANTE PERFORMANCE DI ALBA ROHRWACHER NEI PANNI DI UN UOMO
Marco Giusti per Dagospia
Vergine giurata di Laura Bispuri
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Unico film italiano in concorso a Berlino, uscito nel pieno di un Sanremo ultrademocristiano che ha monopolizzato tutte o quasi le pagine dello spettacolo dei nostri giornali, arriva adesso in sala, assieme a altri quattro film italiani, assurdamente schierati in uno scontro fratricida, Vergine giurata, opera tutta al femminile dell’esordiente Laura Bispuri, con una intensa Alba Rohrwacher che si muove silenziosa tra le montagne dell’Albania e per le strade di una Milano cupa e poco accogliente vestita da uomo.
Piccolissima coproduzione italo-svizzera-tedesca-albanese, che ha avuto anche qualche problema di lavorazione, il film della Bispuri, che si era fatta notare per i suoi corti come Biondina e Passing Time, è un rigoroso ritratto, girato con uno stile da film internazionale, cioè un po’ alla Dardenne, con la macchina da presa mobile sempre dietro la nuca della protagonista, un po’ alla Jia Zhang-ke, con grandi riprese naturali delle montagne albanesi, di una ragazza, Hana, interpretata da una grandiosa Alba Rohrwacher, che rifiutando un matrimonio imposto dal padre, diventa un una “vergine giurata”, come vuole la vecchia legge albanese delle montagne, il kanun.
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Una vergine giurata è una donna che vivrà tutta la sua vita da uomo, vestita e pettinata come un uomo, e che non potrà ovviamente avere contatti sessuali con l’altro sesso. Non una trans né una lesbica, ma una donna che è stata obbligata a nascondere e rifiutare la propria sessualità. Il film è strutturato con lunghi flash back in due parti distinte. Il presente. Con Mark, in realtà Hana, che arriva nella casa della sorella Lila, si scontra con la figlia di Lila che la vede come una presenza conturbante, e prende poi il coraggio per cambiare la sua condizione e riprendersi la sua femminilità. E il passato.
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Con Hana che vive felice con la sorella Lila, e la protegge quando questa deciderà di scappare con l’uomo che ama abbandonando la famiglia, e che deciderà di diventare una “vergine giurata”, cioè un uomo, Mark, quando rifiuterà un matrimonio imposto e rinuncerà alla propria sessualità. Unite fin da piccole, Hana e Lila si ritrovano in questa Milano fredda e smorta, dove Mark si riscoprirà femmina poco alla volta, riuscendo perfino a entrare dentro un bagno maschile e a affrontare il pisello di un ragazzo in una scena di masturbazione piuttosto ben risolta.
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Non siamo di fronte a Boys Dont’t Cry, per fortuna, ma a un film che punta tutto sul formalismo da cinema indipendente internazionale, potrebbe davvero essere un film cinese o rumeno o albanese, dominato da una interpretazione di Alba Rohrwacher piuttosto straordinaria.
Il film, tratto dal romanzo omonimo di Elvira Dones, distribuito in Italia da 01, è una buona opera prima, come Cloro di Lamberto Sanfelice, un po’ schiavo del suo stile e troppo pieno di silenzi e di “grandi” inquadrature. Si esagera anche un po’ a riprendere la nuca di Alba. Ma è comunque un cinema su cui puntare se vogliamo farci notare nei festival e sui mercati internazionali. E la performance da uomo di Alba, che parla pure in perfetto albanese, è davvero impressionante. In sala dal 19 marzo.
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