SAPER DI DOVER MORIRE - NEL SETTEMBRE 2010, SU ‘VANITY FAIR’, IL GRANDE POLEMISTA CHRISTOPHER HITCHENS RACCONTAVA LA SCOPERTA DEL CANCRO CHE L’HA UCCISO DUE GIORNI FA - “MI OPPRIME UNA SENSAZIONE DI SPRECO. AVEVO DEI PROGETTI PER I PROSSIMI DIECI ANNI E MI LI ERO SUDATI E MERITATI. VERAMENTE NON POTRÒ ASSISTERE AL MATRIMONIO DEI MIEI FIGLI? NÉ POTRO’ SCRIVERE IL NECROLOGIO DI VECCHI FURFANTI COME KISSINGER E RATZINGER?”…

Christopher Hitchens per Il Fatto

Più di una volta mi sono svegliato sentendomi la morte addosso. Ma nulla mi aveva preparato per quell'alba dello scorso giugno quando ebbi la sensazione di essere incatenato al mio cadavere. L'intera cavita' toracica sembrava svuotata e poi riempita di cemento a presa lenta. Avvertivo appena il mio respiro, ma non riuscivo a riempire i polmoni d'aria. Il cuore batteva troppo forte o troppo piano. Ogni movimento, per quanto minimo, comportava una attenta programmazione.

Dovetti fare uno sforzo inaudito per attraversare la mia stanza d'albergo a New York e chiamare aiuto. Arrivarono e si comportarono con straordinaria cortesia e professionalità. Ebbi il tempo di chiedermi a cosa serviva tutto quello spiegamento di stivali ed elmetti, ma oggi, ripensandoci, capisco che si trattava di una deportazione, gentile quanto si vuole, che mi catapultava dal paese di chi sta bene nella terra della malattia. Nelle ore che seguirono, dopo che si erano affannati intorno al mio cuore ai ai miei polmoni, i medici di questo triste posto di frontiera mi dissero che era necessario chiamare un oncologo.

La sera prima mi ero occupato del lancio del mio libro nel New Haven e poi avevo preso parte al "Daily Show" con Jon Stewart e ad un incontro con Salman Rushdie. Non avevo cancellato questi due impegni pur sentendomi male. Avevo vomitato due volte senza che nessuno se ne avvedesse. E' quello che fanno i cittadini del paese dei malati quando si aggrappano ancora inutilmente al loro vecchio domicilio.

A suo modo la nuova terra è molto accogliente. Tutti sorridono e non c'e' traccia di razzismo. Il senso dell'umorismo è un po' latitante e ripetitivo, non si parla di sesso e la cucina è la peggiore che mi sia mai capitato di provare. Il paese ha una sua lingua - una lingua franca, al contempo monotona e difficile - e una sua gestualità cui e' necessario abituarsi.

Ad esempio sono capaci, la prima volta che ti vedono, di infilarti le dita nel collo. Proprio così sono venuto a sapere che il cancro aveva raggiunto i linfonodi e che una di queste deformi bellezze era visibile e palpabile. Che il cancro sia "palpabile" non pare una buona notizia specialmente quando non sanno ancora da dove è partito. Il carcinoma lavora incessantemente dall'interno verso l'interno.

Le terapie spesso agiscono piu' lentamente facendosi strada dall'esterno verso l'interno. All'altezza della clavicola mi hanno infilato una quantità di aghi continuando a ripetere "il tessuto è il tessuto", uno slogan molto in voga dalle parti di Tumorville. Poi mi hanno detto che per i risultati della biopsia bisognava aspettare una settimana.

Ci è voluto molto più tempo per scoprire la sgradevole realtà. Nella cartella clinica la parola "metastatizzato" è stata la prima ad attirare la mia attenzione. L'alieno aveva colonizzato parte del polmone e dei linfonodi. E il campo base si trovava nell'esofago. Anche mio padre era morto, molto rapidamente, di cancro all'esofago. Aveva 79 anni. Io ne ho 61. Qualunque sia la "corsa" cui sto partecipando su questa terra, all'improvviso mi trovo a essere finalista.

La nota teoria di Elisabethh Kubler-Ross secondo cui si passa dal rifiuto alla rabbia, dalla depressione all'"accettazione" non si applica al mio caso. Suppongo di aver attraversato un periodo di "negazione", ma non mi ci vedo a piagnucolare su quanto tutto questo sia ingiusto. Quanto alla rabbia non è roba per me. Mi opprime invece una sensazione di spreco. Avevo dei progetti per i prossimi dieci anni e mi li ero sudati e meritati. Veramente non potrò assistere al matrimonio dei miei figli? Né potro' scrivere il necrologio di vecchi furfanti come Kissinger e Ratzinger?

L'oncologia ti propone questo accordo: in cambio della possibilità di vivere ancora qualche anno accetti di sottoporti alle chemioterapia e poi, se sei fortunato, alla radioterapia e magari anche a un intervento chirurgico. Insomma ti lasciamo ancora da queste parti per un po', ma ci devi dare qualcosa di tuo: gli organi del gusto, la capacità di concentrazione, la possibilità di digerire quello che mangi e, naturalmente, i capelli.

Sembra un buon affare. Disgraziatamente comporta anche la necessità di fare i conti con uno dei più stucchevoli luoghi comuni del nostro tempo. La gente non ha il cancro: combatte la battaglia contro il cancro. E' un luogo comune che ritroviamo anche nei coccodrilli. Come se si potesse dire che uno e' morto dopo una lunga e coraggiosa battaglia contro la mortalità.

Traduzione di Cab

 

CHRISTOPHER HITCHENS CHRISTOPHER HITCHENS ALL USCITA DALL OSPEDALE IN TEXAS chris hitchens CRISTOPHER HITCHENS Christopher Hitchens e Martin Amis Hitchens e Blair al dibattito Hitchens

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