SE MI TORTURI NON VALE - I “BOIA” DI PINOCHET ANNICHILIVANO I PRIGIONIERI CON LE CANZONI DI JULIO IGLESIAS

Pino Corrias per Il Fatto Quotidiano

Il fuoco, il coltello, la corda, il buio, la corrente elettrica. E ora pure Julio Iglesias. Non c'è dunque limite alla crudeltà umana se è vero quel che ha appena scoperto una ricercatrice dell'Università di Manchester estraendo dai remoti labirinti della dittatura cilena il notevole dettaglio che i torturatori di Augusto Pinochet Ugarte usavano quei lussureggianti vocalizzi - "Pensami", "Abbracciami", "Bamboleo" "Mano nella mano" - per piegare la dignitosa resistenza dei prigionieri politici sotto interrogatorio.

Danneggiarli nel fisico e nella mente, annichilirli la volontà e il cuore. Soverchiarli con quella melassa melodica imprigionandoli per ore in un baratro moltiplicato dal volume altissimo della musica infinitamente ripetuta, come negli incubi che non finiscono.

Chissà chi l'ha ideato questo supplemento di afflizione, se i generali, o magari le loro mogli o amanti o infermiere, essendo il povero Iglesias dolcificante per signorine elaborato in pentagramma e venduto in milioni di copie, addirittura 300, dice il box office, ma del tutto inoffensive, sembrava.

E invece non si sapeva che qualche copia di quella montagna di vinile ridipinto in rosa era approdata nei campi di concentramento del regime che ha insanguinato il Cile da quell'11 settembre del 1973 per 17 lunghi anni, in cui i militari hanno liquidato migliaia di militanti di Unidad Popular, e reso notti felici al giovane Henry Kissinger che ascoltava jazz e di quel mattatoio si vantava, come buona politica estera, amministrata senza remore, nel cortile di casa, per conto di Richard Nixon, detto l'imbroglione.

Altre musiche contundenti emergono dalla ricerca inglese sulle camere di tortura cilene. Per esempio quelle dei Bee Gees, dolci come un nodo scorsoio ben insaponato. Oppure Dalida, chissà dove pescata e chissà perchè. E un inaspettato George Harrison con la sua My Sweet Lord che a immaginarla ripetuta cento volte per cento notti, di sicuro invocherebbe la medicina silenziosa di un esorcista.

È pur vero che ogni massacro ha avuto la sua musica, dai tamburi delle antiche legioni romane, alle Valchirie wagneriane del colonnello William Kilgore, quello che adora il profumo del Napalm ("che è il profumo della vittoria") cavalcando elicotteri lungo l'incendio del Vietnam. Ma ancora non s'era vista la crudeltà di una dittatura coniugarsi ai vapori di Julio Iglesias, incolpevole di tutto. Tranne che del destino di milioni di parrucchiere e dei loro danni amorosi, profumati dalla sconfitta e dallo shampoo.

 

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