I QUOTIDIANI SONO ALLA CANNA DEL GAS, IN CRISI DI VENDITE E DI NOTIZIE? E GLI EDITORI RIALZANO I PREZZI!

Marco Franchi per "Il Fatto Quotidiano"

La crisi continua a farsi sentire nel settore dell'editoria, messo a dura prova dalla contrazione della raccolta pubblicitaria. Lo dimostrano i numeri dei primi sei mesi del 2013 annunciati ieri dal Sole 24 Ore. E ne è un'ulteriore prova il fatto che, per spingere ricavi che arrancano, gli editori abbiano scelto proprio questo periodo a cavallo tra luglio e agosto per ritoccare all'insù il prezzo in edicola di alcuni grandi quotidiani italiani.

Ad aprire le danze sono stati, il 30 luglio, sia La Stampa, che fa capo alla Fiat, sia Il Secolo XIX, della famiglia Perrone, che hanno corretto al rialzo il prezzo, fermo dal 2009, portandolo da 1,20 a 1,30 euro. "La situazione dell'informazione in tutto l'Occidente è difficilissima, aumentano i lettori - soprattutto su Internet - ma i conti tornano sempre meno", ha dovuto riconoscere il direttore del quotidiano torinese, Mario Calabresi, nell'editoriale in cui spiegava ai lettori della Stampa le ragioni dell'aumento del prezzo.

Dal 5 agosto sarà la volta di Repubblica, del Gruppo Espresso, che pure ai lettori costerà 1,30 euro rispetto agli attuali 1,20. Una scelta che non ha entusiasmato il comitato di redazione (cdr) del quotidiano romano, che in una nota di ieri annunciava di prendere atto della decisione, che potrebbe "pesare sulle vendite in un momento difficile per il mercato editoriale" e che potrebbe non rappresentare una "soluzione per una crescita strutturale del quotidiano e dei suoi supplementi".

Il cdr invita quindi l'azienda ad avviare "un piano strategico basato su investimenti e iniziative concrete che garantiscano una crescita solida e duratura". Situazione analoga al Corriere della Sera e alla Gazzetta dello Sport, entrambi pubblicati dal Gruppo Rcs, il cui primo azionista nuovo di zecca, al 20,5 per cento, è lo stesso della Stampa, cioè la Fiat presieduta da John Elkann.

Proprio ieri Giovanni Bazoli, presidente del consiglio di sorveglianza di Intesa Sanpaolo, al termine del patto di sindacato di Rcs, ha riconosciuto che se l'aumento di capitale da 409 milioni del gruppo del Corriere della Sera non fosse andato in porto "la società sarebbe inevitabilmente finita in una procedura concorsuale con grave nocumento per azionisti e dipendenti ma anche per il nostro Paese".

Tornando a Corriere e Gazzetta, dal 5 agosto, il prezzo salirà a 1,30 da 1,20 euro. Anche in questo caso la correzione al rialzo del costo in edicola fa storcere il naso ai cdr delle due testate, che in una nota di due giorni fa definivano la decisione "un gravissimo errore" e affermavano che "l'esperienza recente dimostra che gli ultimi incrementi di prezzo hanno allontanato quote significative di lettori, senza contribuire a dare ossigeno ai conti".

Il riferimento è a quanto accaduto nel 2010, quando il Corriere perse 10mila copie correggendo al rialzo il prezzo a 1,20 euro e restando per un certo periodo di tempo sfasato rispetto a Repubblica. Questa volta, però, l'aumento dei prezzi è stato piuttosto trasversale (nulla cambierà per il Fatto Quotidiano né per il Messaggero del gruppo Caltagirone, mentre il Giornale starebbe pensando a una mossa analoga, che comunque dipenderà da quel che farà Libero), anche se sembra difficile immaginare un interessamento dell'Antitrust, nonostante l'evidente coordinamento.

Ieri, intanto, il Gruppo Sole 24 Ore, la società quotata in Borsa che pubblica l'omonimo quotidiano finanziario, ha annunciato di avere archiviato i primi sei mesi dell'anno in perdita per 21,7 milioni, dal rosso di 8,9 di un anno prima , e ricavi a 197,9 milioni, con una contrazione annua del 13,8 per cento. La posizione finanziaria netta, che soltanto un anno prima era positiva per 5,3 milioni, al 30 giugno risultava negativa per 37,4 milioni.

Con un risultato netto e ricavi in forte peggioramento e una posizione finanziaria passata in negativo c'è da temere che sia piuttosto realistico il quadro a tinte fosche tratteggiato dal Giornale in un articolo del 26 luglio, in cui si ipotizzavano perdite attese sui 60 milioni per la fine del 2013. L'articolo, tuttavia, è scomparso sia dal sito del quotidiano di Paolo Berlusconi sia dal sito Dagospia, che lo aveva ripubblicato, dopo le minacce di querela da parte della società editrice.

 

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