1. SI POTEVA RISCHIARE UNA CRISI DI GOVERNO IL 27 DICEMBRE, SAPENDO CHE I GRILLINI SAREBBERO STATI TUTTI PRESENTI E CHE I RENZIANI ERANO CONTRARI ALLE MARCHETTE A PIOGGIA INSERITE NEL DECRETO SALVA-ROMA? AL DI LÀ DELLE VERSIONI UFFICIALI (“MOTU PROPRIO” DEL QUIRINALE), MOLTO PROBABILMENTE È STATO LETTANIPOTE STESSO A CHIEDERE AIUTO A RE GIORGIO PERCHÉ GLI EVITASSE, IN CAMBIO DELLA PICCOLA UMILIAZIONE DI FAR SPARIRE UN DECRETO SUL QUALE IL GOVERNINO DI MEZZE INTESE AVEVA GIÀ INCASSATO UN VOTO DI FIDUCIA, LO SMACCO DI UNA CADUTA ROVINOSA TRA NATALE E CAPODANNO 2. SESSIONE DI BILANCIO CHE, A QUESTO PUNTO, VIENE DI FATTO ALLUNGATA DI ALTRI DUE MESI CON LA SCUSA DEL DECRETO MILLEPROROGHE, RENDENDO SOSTANZIALMENTE IMPOSSIBILE LAVORARE ALLA RIFORMA DELLA LEGGE ELETTORALE PRIMA DI MARZO. CON TANTI SALUTI A RENZIE E ALLA SUA VOGLIA DI DETTARE DA SUBITO L’AGENDA POLITICA
a cura di colin ward (Special guest: Pippo il Patriota)
1. PALLA LUNGA E VIVACCHIARE
Si poteva rischiare una crisi di governo il 27 dicembre, sapendo che i deputati Cinque stelle sarebbero stati tutti presenti e che i renziani erano contrari alle marchette a pioggia inserite nel decreto Salva-Roma?
Al di là delle versioni ufficiali ("motu proprio" del Quirinale), molto probabilmente è stato Lettanipote stesso a chiedere aiuto a Re Giorgio perché gli evitasse, in cambio della piccola umiliazione di far sparire un decreto sul quale il governino di Mezze Intese aveva già incassato un voto di fiducia, lo smacco di una caduta rovinosa tra Natale e Capodanno al termine della sessione di bilancio.
Sessione di bilancio che, a questo punto, viene di fatto allungata di altri due mesi con la scusa del decreto Milleproroghe, rendendo sostanzialmente impossibile lavorare alla riforma della legge elettorale prima di marzo. Con tanti saluti a Renzie e alla sua voglia di dettare da subito l'agenda politica.
Sta tutto in questo ennesimo slittamento il piccolo capolavoro di un governicchio che si finge uno scolaretto pasticcione e si fa ordinare dal Maestro Bellanapoli di stare seduto sui banchi a rifare i compiti per un intero bimestre, che è quanto dura un decreto legge.
C'è poi un altro particolare bizzarro di questa recita di Natale che i giornalini evitano di sottolineare ma che si coglie a occhio nudo: di fatto, non abbiamo più un ministro dell'Economia. Il Salva-Roma era stato affidato al povero Paccomanni - ed è andata come è andata - ma la preparazione del Milleproroghe toccherà direttamente ai tecnici di Palazzo Chigi, sotto la supervisione di Lettanipote e Alfanayev. Forse nessuno gliel'ha chieste, ma possiamo immaginare che se Er Gelatina offrisse le dimissioni, né Re Giorgio né Aspenio Letta si dannerebbero per fargliele ritirare.
2. LO SCARICABARILE SUL SALVA-ROMA
Dunque oggi il governo ritirerà il Salva-Roma e provvederà a un travaso selettivo di norme urgenti nell'altro decreto di fine anno che il Consiglio dei ministri varerà in giornata. Non ci sarà il pacchetto di norme sulla casa (Tasi e mini-Imu), mentre ci saranno quasi certamente le disposizioni di legge per salvare i bilanci di Roma e Venezia e la proroga di un altro anno del divieto di incrocio tra stampa e tv.
Ma come si è arrivati all'incredibile spettacolo di un governo che si rimangia un decreto già approvato in Senato e sul quale aveva ottenuto la fiducia alla Camera? Su questo, i giornali vanno in ordine sparso e secondo le rispettive simpatie. Repubblica sposta l'attenzione: "Alta tensione tra governo e Senato per il pasticcio sul salva-Roma. Il premier irritato con Grasso: doveva cassare gli emendamenti che non c'entravano niente con lo spirito della legge".
Ma poi, il giornale diretto da Eziolo Mauro non può fare a meno di notare che "il Quirinale ha dato una lezione a Palazzo Chigi che, ponendo la fiducia, si è assunto la responsabilità del testo finale" (p. 3)
Il Corriere della Stabilità (bancaria) ne approfitta per riposizionarsi un po' su Renzie e spedisce un preavviso di licenziamento alla corte dei miracoli presieduta da Lettanipote. Lo firma direttamente don Flebuccio de Bortoli, che sottolinea in prima pagina la "pessima figura dell'esecutivo Letta" sul Salva-Roma, figura che "rischia di essere ripetuta con il Milleproroghe".
Per il direttore del giornalone di via Solferino, l'ultima occasione "per un colpo d'ala" è costituito dal contratto di governo caro al Rottam'attore, nel quale ci si dovrebbe occupare di "poche cose, importanti per la funzionalità del processo decisionale del Paese, per il lavoro, le famiglie e le imprese".
Il capolavoro dell'editoriale di don Flebuccio è che riesce nella raffinatezza di non citare Renzie. L'opera di riallineamento è completata con i due pezzi a pagina 5: "Renzi vuole il controllo degli emendamenti. âSul decreto gestione assurda'" e "Letta accetta lo stop del Colle: serviva un segnale di ordine. Palazzo Chigi: âNon dovrà più succedere'. Doppio binario su riforme e âagenda': incontri informali con leader e capigruppo".
La Stampa dei Lingotti in fuga parla di una "legge obbrobrio" giustamente stoppata da Re Giorgio ("nessuno lo accusi, please, di avere esorbitato dai propri poteri", p. 1) e sostiene che "alcuni ministri erano informati della possibilità di un ripensamento" viste le crescenti perplessità del Quirinale. Insomma, nessuno choc. Tutto più o meno previsto. Sarà . Non si nasconde dietro un dito, invece, il Messaggero, che titola a tutta prima: "Il pasticcio del salva-Roma". E poi ammolla un retroscena tremendo contro l'autostima di Aspenio Letta: "Altolà di Renzi per la âporcata'. Letta fa autocritica: ho agito tardi. Sabato 21 il neosegretario aveva invitato a ritirare il testo. Il governo: impossibile. Napolitano non ha accettato di firmare il provvedimento in versione stravolta" (p. 3).
Il Cetriolo Quotidiano fa notare che "per il Quirinale meglio un Letta umiliato che sfiduciato" e ricorda che "prima di Natale più volte la maggioranza stava per finire sotto o trovarsi senza il numero legale su Province e Stabilità " (p. 2). Ancora più esplicito il Giornale: "Il Salva Roma è un salva Letta. Ecco perché è slittato il decreto. Inserire nel mille proroghe il provvedimento per la Capitale consente di congelare i rischi di una finestra elettorale prima del voto europeo. E così le riforme slittano..." (p. 3).
3. NON FA SOSTA LA SUPPOSTA
Sulle misure in particolare, il Messaggero segnala la parte che riguarda la casa: "Casa, rinvio a gennaio: Tasi verso l'aumento. Aliquote destinate a crescere (al 3,5 e all'11,6 per mille) per coprire le detrazioni nei confronti di famiglie numerose e meno abbienti. I Comuni che applicano i rincari saranno obbligati agli sconti, ma è già allarme per il rischio di un rialzo dei canoni" (p. 5). Veramente folle la novità che scova il Giornale nella legge di Stabilità : "Il governo intasca i soldi di chi compra casa. Spunta un'altra tassa: il denaro della compravendita resterà fermo su un conto fino alla trascrizione dell'atto. Gli interessi incamerati dallo Stato andranno alle Pmi" (p. 2).
Preoccupato il Corriere delle banche, "Patrimonio dei privati in calo del 10% e le tasse tagliano il risparmio. Gli effetti di sei anni di crisi. Nel 2014 arriva la âpatrimonialina'. Il carico fiscale potrà arrivare al 30% dei rendimenti lordi" (p. 13). La Stampa invece si ricorda delle vecchie lettere: "Stangata sui francobolli. Possibili rincari del 36%. E per le raccomandate l'aumento può arrivare al 50 per cento. La tariffa minima per le lettere rischia di salire da 70 a 95 centesimi" (p. 26). Vecchietti d'Italia, digitalizzatevi!
4. MA FACCE RIDE!
"Di capo ne abbiamo uno solo, che basta e avanza e ci è anche invidiato: si chiama Silvio Berlusconi". Renato Brunetta a Repubblica (p. 6).
5. A VOLTE SIAMO UNO STATO
"Kazakhstan, Shalabayeva libera. Per lei e la figlia un visto italiano. âOggi arriveranno a Roma'. Il ministro degli Esteri: la vicenda mi è bruciata, io non c'entravo" (Repubblica, p. 10). Dopo lo sconcio della "rendition" di Casal Palocco, mesi di trattative diplomatiche lavano in parte lo smacco del giugno scorso. Adesso sarebbe una bella cosa se il ministro Alfanayev si facesse trovare all'aeroporto con un bel mazzo di fiori. Anche il Messaggero dedica spazio alla notizia e spiega che si tratta "di un gesto distensivo di Astana per arrivare al dissidente", visto che "sull'ex ministro del Kazakistan agli arresti in Francia pende una richiesta di estradizione russa" (p. 15).
6. AGENZIA MASTIKAZZI
Dunque la notizia è questa: d'inverno fa freddo e a volte nevica, specialmente in montagna. Ieri è mancata la luce per ore a Cortina e la Repubblica degli Illuminati (dalle candele) ci fa sapere: "strade e negozi presi d'assalto. Bloccati in casa anche Illy e Guido Barilla" (p. 17). Poi viene interpellato lo scrittore di turno a Natale, l'alpinista Mario Corona, che canta "l'opportunità per ritrovare la curiosità di imparare nuove cose, di attrezzarsi" ("Ma senza elettricità riscopriamo la vita vera", p. 17). Pare che Corona, il suo pezzo a Repubblica l'abbia mandato giù con le renne. Poi, già che c'era, ha mandato un articolo anche al Corriere. E' sempre bello quando nelle redazioni si spremono le meningi a caccia del famoso "pezzo scritto".
7. E LA COLPA E' SEMPRE DEL COMMERCIALISTA
A caldo, Renato Mannheimer aveva subito dichiarato: "Ho fiducia nella magistratura, ma io non ho mai compiuto un reato in vita mia. Ma ora il sondaggista di Corriere della Sera e Porta a Porta ci ha ripensato e ammette l'evasione fiscale: "Mi sono fidato del commercialista'. Il sondaggista dal pm per i sette milioni contestati. âPronto a transare'. I soldi dirottati a Tunisi: âHo sbagliato a seguire i consigli che mi sono stati dati". I soldi rientravano in Italia attraverso conti in Lussemburgo e in Svizzera. L'accusa della procura di Milano è decisamente pesante: associazione a delinquere finalizzata alla dichiarazione fraudolenta e utilizzo di fatture per operazioni inesistenti (Repubblica, p. 21).
8. MONTE DEI PACCHI DI SIENA
"Assemblea Mps alla prova del quorum" titola oggi il Sole 24 Ore. "Lo scontro sui tempi dell'aumento al voto dei grandi soci. L'ente da solo non ha i due terzi dei voti. Prima convocazione degli azionisti per varare la ricapitalizzazione: oggi la Fondazione ci sarà ma serve il 50% del capitale per non far slittare l'assise". Arrogance Profumo vuole l'aumento in un mese, mentre la Fondazione senza soldi chiede tre mesi di tempo.
Per il Giornale, siamo addirittura alla vigilia di un nuovo drammone: "Profumo e Viola pronti all'addio. Il presidente alla Fondazione: âGravi rischi con il rinvio dell'aumento'. Ma oggi l'assemblea prenderà tempo" (p. 18). E sulle baruffe senesi, la voce fuori linea dell'economista Marco Vitale: "Il Tesoro ridiscuta con Bruxelles le scadenze della ricapitalizzazione. Se i diktat europei sono presi con spirito servile alimentano i populismi antieuro.
L'aumento con modalità forzate può portare il Monte sotto il controllo di grandi banche estere. Profumo e Viola? Un management sano e capace, ma gli indirizzi di fondo della banca non dovrebbero competergli" (Repubblica, p. 24). Governo totalmente assente dalla partita, come per Telecom.
ENRICO LETTA ENRICO LETTA E LA BANCONOTA DA EURO QUIRINALE CERIMONIA PER LO SCAMBIO DI AUGURI CON LE ALTE CARICHE DELLO STATO NAPOLITANO LETTA BOLDRINI GRASSO QUIRINALE CERIMONIA PER LO SCAMBIO DI AUGURI CON LE ALTE CARICHE DELLO STATO LETTA NAPOLITANO de bortolorenzi-faziorondolino a renzi io con questi non mi sarei fatto fotografare TITTI E RENATO BRUNETTA PUBBLICATO DA ZUCCONI RENATO MANNHEIMER STA FACENDO UN SONDAGIO Renato Mannheimer Antonella Mansi antonella mansi