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IL CINEMA DEI GIUSTI - “I SOGNI SEGRETI DI WALTER MITTY” DI BEN STILLER, UNA FAVOLA SORPRENDENTE E PER NULLA DEMENZIALE

I sogni segreti di Walter Mitty di Ben Stiller

Il mio sogno proibito è quello di scrivere nel "New Yorker" degli anni '30, ma andrebbe anche bene lavorare a "Life" negli anni '40 e '50. Ecco, dovendo far rivivere un classico della letteratura e del cinema americano, cioè "The Secret Life of Walter Mitty" di James Thurber e la sua versione hollywoodiana di grande successo, in Italia ribattezzato "Sogni proibiti", diretto da Norman Z. MacLeod con Danny Kaye protagonista, Ben Stiller, regista e protagonista di questo curioso e a tratti anche notevole "I sogni segreti di Walter Mitty", che in America uscirà il 25 dicembre e da noi il 19, ha giocato due carte del tutto diverse.

Trasportando la storia dagli anni '40 ai giorni d'oggi, in piena crisi del giornalismo internazionale, sul punto di passare dal cartaceo all'on-line, ha fatto di Walter Mitty un oscuro impiegato del reparto negativi di "Life" e dei suoi sogni, parte una sorta di rivincita contro il direttore cattivo che ha decretato la fine del giornale su carta, parte l'avventura a occhi aperti che lo stesso Mitty vive come fosse un vero inviato del suo giornale in mezzo a scenari da favola che solo un grande fotografo può riprendere e un grande giornalista descrivere.

Unendo le due cose è facile leggere quanto Stiller e il suo sceneggiatore, Steven Conrad, puntino a un grande omaggio al giornalismo americano che fu, diviso fra i James Thurber del "New Yorker" e i grandi fotografi di "Life", nel film ce ne è uno per tutti interpretato da Sean Penn, che fecero sognare a occhi aperti milioni e milioni di americani e di cittadini di tutto il mondo. Ecco, quel mondo, fatto di grandi giornalisti, grandi fotografi e grandi e oscuri tecnici di laboratorio che lavoravano sul negativo come sulla grafica fra poco non esisterà più.

Esisterà solo un ultimo numero in edicola di un giornale che finirà, per volere più del capitalismo che delle nuove tecniche sulla rete. Addio negativo, addio giornalismo e forse anche addio sogni proibiti.

Certo, il film di Ben Stiller concede molto, come ci si dovrebbe aspettare, ai sogni a occhi aperti con Walter Mitty che diventa un supereroe in lotta contro il megadirettore, riprende il personaggio creato da Thurber con le caratteristiche da nerd che lo resero noto e popolare in tutto il mondo.

Ricordiamo solo quanto il meccanismo e il personaggio di "Sogni proibiti" vennero ripresi e copiati dal cinema successivo, basterebbero il Tom Ewell di "Quando la moglie è in vacanza" di Billy Wilder o i Fantozzi e i Fracchia di Paolo Villaggio (c'è pure un "Sogni mostruosamente proibiti") o il Nino Manfredi di "L'impiegato" di Gianni Puccini.

E ricordiamo per quanti anni gli americani abbiamo tentato di fare un remake di successo del romanzo e del film, con Ron Howard, Steven Spielberg, Chuck Russell registi e con Jim Carrey, Johnny Depp, Sacha Baron Cohen come Walter Mitty ideali. Quando tutto sembrava pronto per la regia di Gore Verbinski sullo script di Steven Conrad, Verbinski si ritrovò a dover girare prima lo sfortunato "The Lone Ranger" e lasciò l'intero progetto a Ben Stiller.

In qualche modo la difficoltà di gestazione di questo "Walter Mitty" traspare nel film, che ha molte anime diverse, anche se l'idea dell'impiegato della sezione negativi che deve ritrovare il negativo mancante, il numero 25, per l'ultimo numero cartaceo di "Life" è davvero un'invenzione.

Per il resto Mitty ha una donna che ama, Kristen Wiig, in America popolarissima sia per "Le amiche della sposa" che per le sue tante apparizioni televisive, divorziata con un bambino, ha una mamma in gran forma, la meravigliosa Shirley MacLaine, una sorella buzzicona, Kathryn Hahn, un capo cattivo, Adam Scott, e una serie di buffi personaggi di contorno.

La parte migliore è quella del lungo viaggio favolistico, una realtà da sogno, che ci riporta nelle stese atmosfere di film filosofici sulla natura come "Vita di Pi" o "Into the Wild". In America il film non è stato accolto benissimo al "New York Film Festival", forse perché troppo poco intellettuale. Ma è piuttosto sorprendente e per nulla demenziale. In sala dal 19 dicembre.

 

 

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