GRANDE FRATELLO WEB - LO STUDIOSO DEI MEDIA GEERT LOVINK SMONTA FACEBOOK E TWITTER: “CI RISUCCHIANO IN UNA CAVERNA SOCIALE IN CUI SI HA L’ILLUSIONE DI ESSERE TUTTI AMICI, MA IN CUI IN REALTÀ SI RIPRODUCONO SOLO I DIALOGHI VUOTI DEI REALITY SHOW” - “SU TWITTER NON C’È DISCUSSIONE, E I POLITICI NON LO USANO PER DIVENTARE PIÙ RESPONSABILI, MA SOLO PER ESPRIMERE OPINIONI” - “INTERNET È GIÀ DI PER SÉ UN SOCIAL NETWORK. NON C’È BISOGNO DI POCHE PIATTAFORME AMERICANE”…

Nicola Bruno per "La Lettura - Corriere della Sera"

«Internet non è il paradiso» scriveva lo studioso dei media Geert Lovink nel 2002, all'indomani della bolla finanziaria che aveva mandato in frantumi il sogno della new economy. Dieci anni dopo, Internet non è diventato un inferno, ma poco ci manca. Una nuova bolla circonda la Rete ed è tutta all'insegna dell' «ammucchiata partecipativa»: reti sociali come Facebook e Twitter ci «risucchiano in una caverna sociale» in cui abbiamo l'illusione di essere «tutti amici», ma in realtà riproduciamo solo «i dialoghi vuoti dei reality show», senza nessun impatto politico o sociale.

Network senza uno scopo, appunto, come recita il titolo inglese dell'ultimo lavoro di Lovink arrivato in Italia in queste settimane con il titolo Ossessioni collettive. Critica dei social media. Al centro del volume, una lucida analisi dell'ultimo periodo del web 2.0, quello che ha portato alla ribalta servizi come Twitter, Facebook e la piattaforma di pubblicazione di documenti riservati WikiLeaks.

A differenza di altri colleghi che negli ultimi anni hanno messo in luce i tanti lati oscuri di Internet, Lovink riesce a proporre una teoria dei social media che spazia dall'analisi politica a quella sociale e psicologica, con un approccio critico che è sì pessimista, ma mai rassegnato o nostalgico. Anzi: andando oltre la contrapposizione reale/virtuale, lo studioso olandese invita tutti a riprendersi i propri spazi di libertà online, con una strategia fatta di relazioni forti, lentezza (che chiama «mono-tasking») e utilizzo di servizi indipendenti.

La critica maggiore che muove ai social network è la loro superficialità e incapacità di produrre un vero confronto di idee. Può spiegarci meglio?

«I social media ci immergono in un regime New Age in cui si può essere solo positivi. Ma come si fa a cliccare "Mi Piace" su notizie di terremoti, amici malati o che hanno subito un incidente? Perché non abbiamo a disposizione un pulsante "Non mi piace"? L'unica alternativa che abbiamo per dire che non apprezziamo una persona o un prodotto culturale è ignorarli. Con Twitter, poi, abbiamo un problema ancora più grande. È una cattiva piattaforma per la discussione. La sua informalità distrugge il carattere pubblico della Rete. Comparato alle newsletter e ai forum non è discorsivo, non ti permette di sviluppare un'argomentazione. In questi tempi di crisi, avremmo invece bisogno di strumenti che aiutino le persone a organizzarsi e a strutturare meglio il dibattito».

Non crede quindi che Facebook e Twitter possano avere alcun impatto sociale? Magari rendendo i nostri politici più trasparenti e vicini ai cittadini...

«Non ho mai creduto che tecnologie come Twitter siano in grado di cambiare il sistema politico, far cadere un dittatore o mettere in crisi il capitalismo. Certo, i nuovi media cambiano la società, ma non sempre lo fanno nella direzione che più ci piace o ci aspettiamo. I politici che sbarcano su Twitter non diventano più responsabili, né lo usano per farsi un'idea su come vivono gli immigrati o cosa voglia dire essere disoccupati. I nostri rappresentanti sono ora costretti a prendere parte all'industria del "tempo reale" e devono costantemente dire cosa pensano. Ma a me non interessano molto le loro opinioni, mi piacerebbe di più che fossero attivi e propositivi. Questo è il vero problema. A cui si aggiunge il fatto che la maggior parte degli studenti di comunicazione oggi vengono risucchiati nel vasto mondo della consulenza online. Dovremmo invece pensare a come garantirgli un futuro con il giornalismo investigativo e la ricerca, non con la gestione dell'account Twitter di qualche Ceo alla moda».

Allo stesso tempo, però, dice di essere contro il romanticismo dell'offline. Qual è il modo migliore per bilanciare vita quotidiana e attività online?

«Non sono un guru dello stile di vita. Sono un teorico e non sta a me dire come la gente dovrebbe gestire le proprie vite piene di impegni. Detto questo, penso che non sia salutare mettersi l'ufficio in tasca o nella borsa e lavorare ovunque. Gli aggiornamenti costanti online fanno perdere la capacità di attenzione e concentrazione. E questo avrà conseguenze sulla società nel lungo termine. Ad ogni modo, sono abbastanza ottimista sul fatto che tra pochi anni sarà davvero poco cool controllare il proprio smartphone di continuo in pubblico. Fa così 2011».

Nel capitolo su WikiLeaks critica duramente gli aspetti «monarchici» e poco «wiki», partecipativi, di Julian Assange, ma al tempo stesso dice che il progetto è stato importante.

«Ho seguito WikiLeaks dalla nascita, anche perché provengo dallo stesso contesto hacker. Diciamo che non mi piace l'atteggiarsi a celebrità di Julian Assange. Ma come molti altri, anche io penso che ci siamo troppo focalizzati sulla sua personalità, invece di analizzare le vere potenzialità del progetto. Una volta il giornalismo di inchiesta tradizionale comprendeva tre fasi: scoprire i fatti, verificarli e contestualizzarli. Wikileaks fa la prima cosa, dice di fare la seconda, ma lascia completamente in bianco la terza. Per fare davvero un salto di qualità, Assange avrebbe dovuto promuovere una struttura decentralizzata su base nazionale, come accade per Wikipedia e per il Partito Pirata. Quello di cui abbiamo bisogno è organizzare piccole unità in grado di verificare e dare un contesto alle informazioni venute allo scoperto. Non possiamo dipendere solo dai giornalisti per questo lavoro».

Non è più su Facebook da due anni e non è neanche su Twitter. Usa qualche altro social network?

«A maggio 2010 ho lasciato Facebook nell'ambito dell'International Quit Facebook Day. Non l'ho fatto solo per protestare contro la loro gestione della privacy, anche se poteva essere già un motivo sufficiente. Il punto è che Internet è già di per sé un social network. I movimenti sociali di cui ho fatto parte negli anni Ottanta erano già delle reti sociali. Fare "squatting" ad Amsterdam (occupare spazi pubblici, ndr) era una festa di social networking, anche se ai tempi non utilizzavamo Twitter ma solo dei pc. Per favore lasciamoci alle spalle queste ridicole riduzioni a poche piattaforme americane. L'elemento sociale c'è stato e sarà sempre qui. Guardate alla storia del vostro Paese, l'Italia. Non abbiamo certo bisogno di dirvi cosa sia il sociale e cosa potrebbe diventare».

 

facebook twitter lovinkphoto geert lovink ASSANGEJULIAN ASSANGEWikileaks

Ultimi Dagoreport

andrea orcel gaetano caltagirone carlo messina francesco milleri philippe 
donnet nagel generali

DAGOREPORT - BUM! ECCO LA RISPOSTA DI CALTAGIRONE ALLA MOSSA DI NAGEL CHE GLI HA DISINNESCATO LA CONQUISTA DI GENERALI - L’EX PALAZZINARO STA STUDIANDO UNA CONTROMOSSA LEGALE APPELLANDOSI AL CONFLITTO DI INTERESSI: È LEGITTIMO CHE SIA IL CDA DI GENERALI, APPENA RINNOVATO CON DIECI CONSIGLIERI (SU TREDICI) IN QUOTA MEDIOBANCA, A DECIDERE SULLA CESSIONE, PROPRIO A PIAZZETTA CUCCIA, DI BANCA GENERALI? - LA PROVA CHE IL SANGUE DI CALTARICCONE SI SIA TRASFORMATO IN BILE È NELL’EDITORIALE SUL “GIORNALE” DEL SUO EX DIPENDENTE AL “MESSAGGERO”, OSVALDO DE PAOLINI – ECCO PERCHÉ ORCEL HA VOTATO A FAVORE DI CALTARICCONE: DONNET L’HA INFINOCCHIATO SU BANCA GENERALI. QUANDO I FONDI AZIONISTI DI GENERALI SI SONO SCHIERATI A FAVORE DEL FRANCESE (DETESTANDO IL DECRETO CAPITALI DI CUI CALTA È STATO GRANDE ISPIRATORE CON FAZZOLARI), NON HA AVUTO PIU' BISOGNO DEL CEO DI UNICREDIT – LA BRUCIANTE SCONFITTA DI ASSOGESTIONI: E' SCESO IL GELO TRA I GRANDI FONDI DI INVESTIMENTO E INTESA SANPAOLO? (MAGARI NON SI SENTONO PIÙ TUTELATI DALLA “BANCA DI SISTEMA” CHE NON SI SCHIERERÀ MAI CONTRO IL GOVERNO MELONI)

giorgia meloni intervista corriere della sera

DAGOREPORT - GRAN PARTE DEL GIORNALISMO ITALICO SI PUÒ RIASSUMERE BENE CON L’IMMORTALE FRASE DELL’IMMAGINIFICO GIGI MARZULLO: “SI FACCIA UNA DOMANDA E SI DIA UNA RISPOSTA” -L’INTERVISTA SUL “CORRIERE DELLA SERA” DI OGGI A GIORGIA MELONI, FIRMATA DA PAOLA DI CARO, ENTRA IMPERIOSAMENTE NELLA TOP PARADE DELLE PIU' IMMAGINIFICHE MARZULLATE - PICCATISSIMA DI ESSERE STATA IGNORATA DAI MEDIA ALL’INDOMANI DELLE ESEQUIE PAPALINE, L’EGO ESPANSO DELL’UNDERDOG DELLA GARBATELLA, DIPLOMATA ALL’ISTITUTO PROFESSIONALE ARRIGO VESPUCCI, È ESPLOSO E HA RICHIESTO AL PRIMO QUOTIDIANO ITALIANO DUE PAGINE DI ‘’RIPARAZIONE’’ DOVE SE LA SUONA E SE LA CANTA - IL SUO EGO ESPANSO NON HA PIÙ PARETI QUANDO SI AUTOINCORONA “MEDIATRICE” TRA TRUMP E L'EUROPA: “QUESTO SÌ ME LO CONCEDO: QUALCHE MERITO PENSO DI POTER DIRE CHE LO AVRÒ AVUTO COMUNQUE...” (CIAO CORE!)

alessandro giuli bruno vespa andrea carandini

DAGOREPORT – CHI MEGLIO DI ANDREA CARANDINI E BRUNO VESPA, GLI INOSSIDABILI DELL’ARCHEOLOGIA E DEL GIORNALISMO, UNA ARCHEOLOGIA LORO STESSI, POTEVANO PRESENTARE UN LIBRO SULL’ANTICO SCRITTO DAL MINISTRO GIULI? – “BRU-NEO” PORTA CON SÉ L’IDEA DI AMOVIBILITÀ DELL’ANTICO MENTRE CARANDINI L’ANTICO L’HA DAVVERO STUDIATO E CERCA ANCORA DI METTERLO A FRUTTO – CON LA SUA PROSTRAZIONE “BACIAPANTOFOLA”, VESPA NELLA PUNTATA DI IERI DI “5 MINUTI” HA INANELLATO DOMANDE FICCANTI COME: “E’ DIFFICILE PER UN UOMO DI DESTRA FARE IL MINISTRO DELLA CULTURA? GIOCA FUORI CASA?”. SIC TRANSIT GLORIA MUNDI – VIDEO

banca generali lovaglio francesco gaetano caltagirone philippe donnet alberto nagel milleri

DAGOREPORT - DA QUESTA MATTINA CALTAGIRONE HA I SUDORI FREDDI: SE L’OPERAZIONE DI ALBERTO NAGEL ANDRÀ IN PORTO (SBARAZZARSI DEL CONCUPITO “TESORETTO” DI MEDIOBANCA ACQUISENDO BANCA GENERALI DAL LEONE DI TRIESTE), L’82ENNE IMPRENDITORE ROMANO AVRÀ BUTTATO UN PACCO DI MILIARDI PER RESTARE SEMPRE FUORI DAL “FORZIERE D’ITALIA’’ - UN FALLIMENTO CHE SAREBBE PIÙ CLAMOROSO DEI PRECEDENTI PERCHÉ ESPLICITAMENTE SOSTENUTO DAL GOVERNO MELONI – A DONNET NON RESTAVA ALTRA VIA DI SALVEZZA: DARE UNA MANO A NAGEL (IL CEO DI GENERALI SBARRÒ I TENTATIVI DI MEDIOBANCA DI ACQUISIRE LA BANCA CONTROLLATA DALLA COMPAGNIA ASSICURATIVA) - PER SVUOTARE MEDIOBANCA SOTTO OPS DI MPS DEL "TESORETTO" DI GENERALI, VA BYPASSATA LA ‘’PASSIVITY RULE’’ CONVOCANDO  UN’ASSEMBLEA STRAORDINARIA CHE RICHIEDE UNA MAGGIORANZA DEL 51% DEI PRESENTI....

volodymyr zelensky donald trump vladimir putin moskva mar nero

DAGOREPORT - UCRAINA, CHE FARE? LA VIA PER ARRIVARE A UNA TREGUA È STRETTISSIMA: TRUMP DEVE TROVARE UN ACCORDO CHE PERMETTA SIA A PUTIN CHE A ZELENSKY DI NON PERDERE LA FACCIA – SI PARTE DALLA CESSIONE DELLA CRIMEA ALLA RUSSIA: SAREBBE UNO SMACCO TROPPO GRANDE PER ZELENSKY, CHE HA SEMPRE DIFESO L’INTEGRITÀ TERRITORIALE UCRAINA. TRA LE IPOTESI IN CAMPO C'E' QUELLA DI ORGANIZZARE UN NUOVO REFERENDUM POPOLARE NELLE ZONE OCCUPATE PER "LEGITTIMARE" LO SCIPPO DI SOVRANITA' - MA SAREBBE UNA VITTORIA TOTALE DI PUTIN, CHE OTTERREBBE TUTTO QUEL CHE CHIEDE SENZA CONCEDERE NIENTE…