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IL CINEMA DEI GIUSTI - ANCHE SE NON CAPISCI MAI SE SIAMO IN UN SEQUEL O IN UN PREQUEL, ANCHE SE IL 3D NON CI PIACE, QUESTO “SIN CITY 3D” E’ FANTASTICO ED EVA GREEN E’ BOMBASTICA

Marco Giusti per Dagospia

 

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Che je devi dì? Anche se sono passati nove anni e Jessica Alba non è più quella di un tempo. Anche se Bruce Willis torna solo come fantasma. Anche se qualcuno ci aveva promesso Johnny Depp e troviamo Joseph Gordon-Levitt (bravissimo, per carità). Anche se Manute non lo interpreta più il grande Michael Clarke Duncan (poraccio, se ne è andato…), ma Dennis Haysbert, anche se al posto di Nihon non c’è Devon Aoki (incinta del secondo figlio…) ma Jamie Cheung (ne affetta parecchi).

 

Anche se non capisci mai se siamo in un sequel o in un prequel o in qualcosa che non è né prima né dopo. Anche se ritroviamo il Josh Hartigan di Bruce Willis formato fantasma e il Marv di Mickey Rourke formato vivo e Dwight McCarty lo interpreta Josh Brolin con la faccia nuova e non Clive Owen. Anche se il 3D non ci piace. E ci piace ancora meno tutta questa rilettura digitale che nasconde il sesso a Eva Green, che è una bombissima comunque.

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Che je devi dì a questo “Sin City 3D – Una donna per cui uccidere”, seguito del fantastico “Sin City” di Robert Rodriguez e Frank Miller diretto ancora una volta a quattro mani (scordavo, nel primo a sei, c’era pure una scena girata da Tarantino…)? Nun gli puoi dire proprio niente. Certo, siamo nel già visto, nel territorio impervio dei fanatici di Frank Miller del “ah, era meglio prima…”, “ah, ci fosse stato coso, come si chiama…”.

 

No. Anche se i critici americani lo hanno impallinato, questo “Sin City”2 mi ronza in testa parecchio. E lo voglio rivedere un’altra volta da subito. Solo rivedere su grande schermo la Gail arrapante di quella meraviglia di Rosario Dawson con la maschera da bondage e il faccione da mostro del Marv di Mickey Rourke mi mette di buon umore.

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E Josh Brolin come Dwight McCarthy è decisamente meglio di Clive Owen, e le apparizioni di Christopher Lloyd come dottore ubriacone che ti ricuce a seconda di quanto paghi (“Hai solo 40 dollari? Ti faccio una ricucitura da 40 dollari”) e di Lady Gaga come la cameriera Bertha sono da paura, per non dire di Ray Liotta come marito infedele, sporcaccione a anche assassino, o di Stacy Keach che sembra un mostro di “Dick Tracy” e di Juno Temple come Sally.

 

Ma la vera differenza la fa Eva Green come la femme fatale Ava Lord che fa impazzire tutti, ma proprio tutti, il bestione Manute di Dennis Haysbard che le fa più da gran sacerdote che da maggiordomo, il marito ricco e senza palle Marton Csokas , il poliziotto Mort di Christopher Meloni e, soprattutto il duro dei duri Dwight. Quando Eva/Ava le dice che lo ama ci caschi con lui la prima volta al bar, ma ci caschi anche la seconda nella sua camera da letto quando lei si presenta nuda, ci vuoi cascare sempre.

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E siccome la loro storia d’amore e di passione, anche se pure Gail è da sempre innamorata di Dwight e seguita a proteggerlo e a curarlo nella Città Vecchia, è il cuore di tutto il film e funziona benissimo, funziona magicamente anche tutto il film. Perché quella storia lì, “A Dame to Kill For”, è costruita benissimo sulla stupidità maschile di Josh Brolin e sulla femminilità tutta sesso di Eva Green.

 

Magari la storia della vendetta di Nancy, “Nancy’s Last Dance”, unico vero sequel dei quattro episodi, con lei che vuole uccidere il perfido senatore O’Rourke, Powers Boothe, che ha portato alla morte di John Hartigan/Bruce Willis, è più ovvia e più debole. Ma in realtà tutti e quattro gli episodi giocano sul già visto del primo film e sui continui riferimenti al mondo del noir americano anni ’40 esattamente come il fumetto di Frank Miller.

 

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“Sin City” è quello, è un mondo costruito sui personaggi e le storie del noir americano ultraclassico, dove i maschi sono forti, brutali e ottusi e le donne quasi sempre mignotte, doppiogiochiste e dominatrici. Vince non il più forte, e neanche quello che rimane in vita, vince chi mette in campo più passione. Nell’episodio “The Long, Bad Night”, il giovane Johnny, Joseph Gordon Levitt, sfida al tavolo da gioco l’uomo più potente della città, il senatore O’Rourke. Vince, ma si mette nei guai pesantemente. Potrebbe scappare, ma non scapperà mai.

 

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Perché si muove solo secondo una passione. In “Just Another Saturday Night”, invece, seguiamo il personaggio di Dwight nei suoi percorsi notturni di fotografo spione pagato dalle mogli o dai mariti cornuti per incastrare i coniugi. Ma sarà la storia con Ava Lord a svilupparne un percorso da eroe passionale come i Robert Mitchum o i Robert Ryan della Hollywood anni’40.

 

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Va detto che alla fine del primo “Sin City” ci era stato promesso un avventura con The Salesman, cioè Josh Hartnett e non la troviamo, che il tanto lanciato episodio con Johnny Depp, “Hell and Back”, lo vedremo magari un terzo film, che (ATTENTI SPOILER) l’apparizione di Clive Owen, cioè del “killer con la faccia nuova” alla fine dell’episodio di Josh Brolin ci poteva stare benissimo e avrebbe dato un senso più forte al personaggio.

 

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Ma già vedere i nostri eroi che discutono di Pontiac, di Mustang, di Tucker e non la smettono di guardare le ragazze che si dimenano al Kadis Bar è già moltissimo. Quanto al 3D e agli effetti digitali la penso come Tarantino, pellicola tutta la vita, e infatti niente vale il mascherone di Mickey Rourke e il corpo senza effetti speciali di Eva Green e Rosario Dawson. In sala dal 2 ottobre.

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