UN 'MANIFESTO' DI IMBARAZZO - SCRIVE L'AMICA DI GIULIO REGENI: ''NON ERA UN COLLABORATORE DEL MANIFESTO. GLI AVEVANO RIFIUTATO L'ARTICOLO. LO HANNO PUBBLICATO DOPO LA MORTE SOLO PER LUCRARE SULLA TRAGEDIA, CONTRO IL VOLERE DELLA FAMIGLIA'' - FRANK CIMINI: IL MANIFESTO NON PAGA I GIORNALISTI? È DAGLI ANNI '80 CHE È COSÌ. GLI FECI CAUSA E NON MI FECERO PIÙ SCRIVERE
IL POST DI DAGOSPIA CON LA POLEMICA SUL 'MANIFESTO', GIULIO REGENI E I GIORNALISTI NON PAGATI
il manifesto prima pagina con gli articoli di giulio regeni dopo la morte
Riceviamo e pubblichiamo:
Lettera 1
Gentile redazione di Dagospia,
Ho visto che avete pubblicato il mio status Facebook sul caso Giulio Regeni, nel quale critico quello che una volta era il glorioso quotidiano comunista di aver pubblicato l'articolo del ricercatore ucciso in Egitto - dopo averlo respinto al mittente da vivo - solo da morto. E dove critico, anche, Il Manifesto per la sua incauta (a dir poco!) risposta dove si dice che i loro collaboratori non sono pagati perché "scrivono per puro piacere".
Vorrei farvi sapere che in queste ore mi sono arrivati messaggi di amici e colleghi di Giulio che si sono detti "disgustati" dal comportamento del giornale con il quale Giulio avrebbe voluto collaborare. (Ma da vivo).
Uno su tutti, quello della sua collega Paz, ve lo allego. Leggete voi stessi. Per ripristinare la verità su questa triste storia.
A nome dei freelance che scriverebbero - secondo le prestigiose firme del Manifesto - per "puro piacere", vorrei invece dire qualcosa io.
il commento di paz zarate sul caso giulio regeni il manifest
Per puro piacere, al limite, uno va a farsi una sauna. Non va a rischiare la pelle all'estero o a spaccarsi la schiena per produrre inchieste.
Saluti.
Arianna Giunti
Scrive Paz Zarate, amica di Giulio Regeni e collaboratrice di ''El Pais'', sulla bacheca di Arianna Giunti:
Thank you for putting the truth out. My friend Giulio was NOT a collaborator of Il Manifesto. The article was not "waiting to be published": they had rejected it. They have claimed he was a collaborator just to benefit from this tragedy and the attention it brings upon them.
On top of this falsehood, they published not respecting anonymity, breaking the agreement of manuscript submission; and against the wish of the family, who pleaded for the discretion required for the investigation. This is a violation of the law and of every single code of ethics in journalism. Manifesto brings shames on Italy and journalism worldwide.
Lettera 2
Carissimo Dago,
non sono stupito per il modo in cui il quotidiano "comunista" il manifesto ha trattato giulio regeni arrivando poi addirittura a rivendicare la prassi e il diritto di non pagare i collaboratori che lo farebbero per il piacere di scrivere, come volontariato. E' così da sempre. Io feci causa di lavoro a quel giornale nel 1980 perchè ero lì da oltre tre anni alla redazione di milano e non mi pagavano nonostante la dichiarazione di praticantato per accedere all'esame di stato. Non ero ritenuto adeguato alle loro altezze ma intanto sfruttavano il mio lavoro, anche da inviato in giro per l'italia.
"Ma noi cerchiamo un giornalista economico" mi disse Filippo Maone, amministratore delegato, una sorta di Vittorio Valletta "di sinistra". "Più economico di me? Non mi avete mai pagato" risposi. L'allora presidente dei giornalisti lombardi Walter Tobagi mi consigliò di fare causa. E così fu. I signori di via Tomacelli replicarono che anche nel caso avessi vinto non mi avrebbero fatto scrivere. Si arrivò a una transazione. Mi pagarono dopo 400 mila lire al mese per un paio di anni, facendo quello che prima non avevano fatto. Ma il rapporto politico e di lavoro finì lì.
Qualche anno dopo in un'assemblea a Milano in vista delle elezioni ebbi uno scontro con la signora Rossanda che era ancora arrabbiata per la mia causa. Litigammo su Toni Negri che lei indicava di votare alla camera insieme al pci al senato. Io risposi facendo osservare la contraddizione di votare da iun lato per il carcerato e dall'altro per il carceriere.
Frank Cimini