IL LUPO, GRAZIE AL VIZIO, FA DI NUOVO I SOLDI - L’AUTRICE DELL’INCHIESTA SUL “WOLF OF WALL STREET” AVVERTE: NON GLORIFICATE I TRUFFATORI, LA FINANZA NE È ANCORA PIENA

Eugenio Occorsio per ‘Affari &Finanza - La Repubblica'

Un film, sia di finzione o come in questo caso tratto da una storia vera, si presta spesso a molteplici interpretazioni. Jordan Belfort, il "Wolf of Wall Street" sugli schermi interpretato da Leonardo Di Caprio, era in realtà un vero mascalzone. Ha rovinato vedove, orfani e una moltitudine di onesti cittadini che gli hanno affidato i risparmi di una vita vedendoli sparire nel gorgo. Ora la sua storia è diventata un film di successo, firmata da un grandissimo regista come Martin Scorsese.

La maggior parte degli spettatori esce giustamente indignata dalla visione, spesso un po' annoiata, perché di tre ore di proiezione le prime due sono dedicate alla vita dissoluta di Belfort, che s'impasticca in ogni modo possibile e si abbandona alle perversioni più diaboliche, anche se lui stesso in un'intervista ha raccontato maliziosamente che la scena più scabrosa che ha vissuto non solo non c'era nel film ma non poteva neanche raccontarla per quanto era sconcertante.

Si può avere un'impressione positiva di un tipaccio del genere? Di uno che praticava (questo è vero e nel film c'è) il "lancio del nano" in ufficio? Forse sì, purtroppo, almeno a quanto ha scritto la settimana scorsa sul Financial Times Roula Khalaf, che altri non è che il giornalista che ne svelò la vera identità. Era il 1991, Khalaf lavorava a Forbes e pubblicò un'inchiesta- verità in cui rivelava le pratiche criminali della Stratton Oakmont che il "lupo" aveva fondato a Long Island per speculare sulla Borsa di Wall Street, dopo aver lasciato l'onesta ma sicuramente molto meno redditizia attività di venditore di carne e pesce.

L'articolo sul FT è un accorato appello a non prendere sul serio l'avidità, la spregiudicatezza, la follia criminale di Belfort-Di Caprio. «In un momento in cui stiamo appena riprendendoci da una crisi finanziaria, vecchi banditi sono trasformati in eroi del cinema», scrive con amarezza Khalaf.

È un articolo che fa riflettere. Khalaf, che ora si è trasferito appunto al Financial Times, esorta i suoi colleghi (di auto-esortarsi non ne ha bisogno perché è già abbastanza motivato) a non smettere di perseguire, indagare, screditare senza pietà i tanti "lupi" che si sono affacciati sulla scena finanziaria. «Dopotutto - scrive - in confronto a quello che si è visto dopo, Belfort era un pesce piccolo». Però era un pessimo esempio.

Ci vollero parecchi anni dopo la sua inchiesta su Forbes, perché Belfort venisse fermato dall'Fbi (nel 1997), processato e infine condannato a 22 mesi di carcere e al rimborso di centinaia di milioni di dollari di cui si era appropriato indebitamente. Ora ha avviato una nuova carriera, nota non senza ironica amarezza Khalaf, e insegna le "tecniche di persuasione".

«Ho il sospetto che con tutta la notorietà che Hollywood gli ha consegnato, i suoi affari andranno alle stelle». E anche se si può vedere il lato positivo di questo, nel senso che potrà restituire più rapidamente la montagna di soldi che deve ridare indietro, «non si può non considerare con rabbia che ancora una volta la cattiva pubblicità è pur sempre una pubblicità».

 

jordan belfort JORDAN BELFORT wolf DiCaprio interpreta Jordan Belfort Roula Khalaf roula khalaf L ARTICOLO DI ROULA KHALAF PER FORBES SU JORDAN BELFORT

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