
“BISIO MI TEMPESTAVA DI SCHERZI. UNA VOLTA MI FECE LO SHAMPOO: AVEVO ANCORA I CAPELLI, È LÌ CHE NE PERSI LA MAGGIOR PARTE” – LEONARDO MANERA SI RACCONTA DALLA GAVETTA COME COMICO NEI CLUB PER SCAMBISTI A “ZELIG” – "SONO STATO ANCHE PRESENTATORE DI SPOGLIARELLI, HO TENUTO SERATE IN PUB NEI QUALI SUCCEDEVA DI TUTTO” – “IL POLITICAMENTE CORRETTO IMPERVERSA. I COMICI DEL MEDIOEVO ERANO PIÙ LIBERI: ALMENO A CARNEVALE POTEVANO PRENDERE IN GIRO I POTENTI. OGGI C’È L’AUTOCENSURA COLLETTIVA: TANTI RINUNCIANO A CERTE BATTUTE, SOSTENENDO CHE NON PASSERANNO. SÌ, ABBIAMO UN PROBLEMA” - VIDEO
Flavio Vanetti per il “Corriere della Sera” - Estratti
Al termine dell’intervista, Leonardo Manera esprime un desiderio: «Sono convinto che i comici del Medioevo fossero più liberi di quelli di oggi: mi piacerebbe che lo sottolineaste». Tempi davvero grami, se perfino il far ridere si sottomette ai potenti.
Leonardo Antonio Bonetti, perché convertirsi in Manera?
«A 17 anni facevo il prestigiatore “comico” e Bonetti non mi pareva adatto. Mio fratello leggeva i fumetti di Milo Manara: adottai quel cognome e lo modificai in Manera, vagamente spagnoleggiante. Non l’ho più abbandonato».
Dove si colloca nella galassia dei comici italiani?
«Sono atipico: a volte negli spettacoli esulo dagli schemi normali, essere originale è un mio pregio. Nelle prime edizioni di Zelig entravo in scena ostentando amarezza e Claudio Bisio mi sfotteva con “Ecco a voi Leonardo “energia pura” Manera».
Che cosa serve per far ridere?
«Occorre, metaforicamente, denudarsi, dando l’impressione di credere nelle cose che si dicono e stabilendo un contatto col pubblico, senza la cosiddetta quarta parete.
Bisogna poi osservare la realtà: alimenta sempre gli spunti comici».
A volte i suoi personaggi paiono dei perdenti. Lei, invece, com’è?
«Un comico rielabora le caratteristiche personali. Io prendo anche la parte più sottotono di me e la rivisito. Sono un tipo allegro oppure no? Dipende dai giorni, come succede a tutti».
Comici amici o comici «coltelli»?
«Coltelli tutto sommato no: ci sono comici più amici, come il Mago Forest — uno dei primi colleghi conosciuti —, Flavio Oreglio, Alberto Patrucco, Diego Parassole, e altri con i quali ho solo condiviso serate, pur avendo buoni rapporti».
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Può dire per chi vota?
«Ho un’estrazione liberale e, fino a quando è esistito, ho votato per il Partito Radicale.
Dalla sua scomparsa cerco partiti che prendano pochi voti, così sono sicuro che non governeranno».
Studi di giurisprudenza non finiti: se fosse diventato avvocato sarebbe stato un principe del Foro o dei fori, nel senso delle cause «bucate»?
«Sarei stato un re delle cause perse. Però giurisprudenza mi piaceva: mi appassionai a 15 anni, sentendo Radio Radicale che trasmetteva le udienze del processo Tortora».
A quale personaggio è più affezionato?
«A uno dei primi, Vasco il ventriloquo: aveva problemi personali, quando andava a lavorare gli tiravano sempre qualcosa negli occhi. Ma non scordo il mimo Mimmo, il depresso che invia “Un saluto festoso a tutti”, l’alienato che ripete “Adriana, Adriana”, personaggio nato parlando con una ragazza che praticava l’ipnosi regressiva e che diceva di tornare perfino a vite precedenti.
In scena dovevo restare concentrato, subendo gli scherzi di Bisio. Una volta mi fece lo shampoo: avevo ancora i capelli, è lì che ne persi la maggior parte. Cito infine Sprecacenere Donato, giovane ignorante e aggressivo che scrive alla ex fidanzata: è lo specchio di come stiamo diventando».
E a quale assomiglia di più?
«Forse a Peter, ragazzo ingenuo della provincia bresciana».
Nella parodia del cinema polacco,lei fa Petrektek e Claudia Peroni è Kripztak.
Ma in realtà vi ispirate ai film di Aki Kaurismaki: il regista finlandese vi ha mai menato?
(risata) «No, ma mi hanno colpito i suoi personaggi: sono algidi perfino quando litigano. Ricreare quell’atmosfera è una scommessa vinta: in Tv si pensa che si debbano proporre solo cose ritmate».
Vasco il ventriloquo è un riferimento a Vasco Rossi?
«A mio zio Vasco, al quale ho voluto molto bene tant’è che mio figlio Beniamino si chiama così di secondo nome».
Come nascono le battute?
«Spesso sotto la doccia, nel mio caso. Ma se mi serve un’idea più strutturata mi basta camminare un po’».
Il Manera del cinema e del teatro: migliore o peggiore del comico?
«Nel cinema ho fatto solo un film, con esiti pessimi: la casa di produzione è fallita, non mi hanno pagato. Si chiamava “Una notte da paura”, avrei dovuto immaginare… Invece a teatro va bene: in un’ora e mezzo posso inserire più tematiche».
Radio 24, in particolare con Alessandro Milan in «Uno, nessuno, 100Milan».
«È un importante spazio di libertà perché il politicamente corretto imperversa. Ripeto: i comici del Medioevo erano più liberi: almeno a Carnevale potevano prendere in giro i potenti. Oggi c’è l’autocensura collettiva: tanti rinunciano a certe battute, sostenendo che non passeranno. Sì, abbiamo un problema».
Gerry Pannocchia, il chirurgo plastico che riceve in Duomo, e lo chef stellato: due personaggi iconici.
«Pannocchia ha fatto ridere anche il professor Marco Klinger, che quel mestiere lo fa per davvero. Con lui entro nel campo della chirurgia estetica per dire che, nonostante la logica del “body positive”, si dà importanza all’immagine. Lo chef, invece, è lo specchio di una categoria nella quale oggi ci sono “guru” che pretendono di dare regole di vita, più che di cucina».
Poi c’è il feroce funzionario delle Entrate. A proposito: lei paga le tasse con gioia?
«Nessuno paga le tasse con gioia: io le pago anche perché ho un commercialista inflessibile. Quello che mi fa arrabbiare della categoria è che quando c’è da sistemare una pratica dubbia, la frase è “meglio se paghiamo”. Usano il plurale, ma non contribuiscono a saldare…»
Leonardo Manera ha una privacy stretta.
«Sono timido e non ho mai avuto grandi occasioni per apparire. Però una volta mia madre, che mi ripeteva di riprendere giurisprudenza, vide un servizio su Novella 2000: ero stato paparazzato con la fidanzata dell’epoca. “Allora sei diventato famoso!” esclamò, finalmente felice”».
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Il mestiere del comico rende ricchi?
«Puoi essere o molto povero o molto ricco, dipende dal tuo livello. Io ho fatto di tutto: al pomeriggio feste per bambini; alla sera ero nei cabaret; di notte in club di scambisti, dovevo arrivare 20 minuti prima dell’apertura. Sono poi stato presentatore di spogliarelli, ho tenuto serate in pub nei quali succedeva di tutto. All’inizio guadagni poco, senza il salto di qualità rimani così. Ma se hai una condizione almeno intermedia, come la mia, vivi bene».
ALESSANDRO MILAN LEONARDO MANERA
Alessandro Milan, Veronica Gentili e Leonardo Manera
leonardo manera