CAFONALONE – DA ALTAN AL “CANONE” MUGHINI, DA ZEROCALCARE FINO A FULVIO ABBATE: ALL'AUDITORUM DI ROMA SFILATA DI PENNE ALLA NONA EDIZIONE DI "LIBRI COME" - PIERO ANGELA RIVELA IL SUO TERRIBILE SEGRETO: "SENZA MIA MOGLIE NON AVREI FATTO NULLA..." - CAMILLERI: "LA POLITICA? UN ROMANZO SCRITTO AL PASSATO. DA GIOVANE NON AVEVO ASPIRAZIONI ALLA FELICITA’ MA ALLA…" - VIDEO
marino sinibaldi e andrea camilleri
Foto di Luciano Di Bacco per Dagospia
1. LIBRI COME: CAMILLERI, LA FELICITÀ È UNA FOLGORAZIONE
Mauretta Capuano per l’ANSA
La felicità è "una folgorazione. Ti arriva mentre meno te la aspetti e forse mentre meno te la meriti". Andrea Camilleri parla così della parola chiave di questa edizione di 'Libri Come' che si chiude stasera all'Auditorium Parco della Musica di Roma. Atteso come accade ormai da anni, alla conclusione della Festa del Libro e della Lettura, questa volta in 1.500 persone lo hanno applaudito, riso e si sono commosse ad ascoltarlo. "E' fatta di un nulla la felicità. Come quelle farfalle - ha detto il creatore di Montalbano - che prendi per le ali e poi lasci andare e sulle dita ti resta una polvere d'oro. Attenzione perché la felicità, a volte, vi è passata accanto e non ve ne siete accorti. Io sono stato felice per pochi attimi e per cose inspiegabili.
Una volta quando in campagna mi entrò la citronella nelle narici, nei polmoni e mi venne voglia di cantare ad alta voce e sentii il mio essere in armonia con l'universo, con il grandissimo nulla dentro cui fui felice di perdermi" racconta un poetico Camilleri. Ma quando il discorso cade sulla felicità e la politica, afferma: "c'e' un'interferenza. Non sento bene". E poi lancia un messaggio: "Cari amici che siete qui stasera all'Auditorium vi promettiamo che vi faremo uscire da questa sala completamente felici. Ecco, ho fatto politica, ho fatto una promessa elettorale" dice tra gli applausi che non si fermano. Ma, scrivere, pubblicare, essere letti, è una forma di felicità?
francesco de gregori francesco coniglio
"E' una grande gioia e commozione. Non è una felicità. In fondo scrivere un libro è liberarti di una parte di te stesso, è una soddisfazione, un piacere. Avere tutti questi lettori mi commuove, mi fa vivere, ma non è la felicità. Ho un'idea altissima della felicità, non è di questo mondo, è di un altro mondo da cui sono escluso perchè non credo. E' qualcosa che trascende noi stessi. E dura un attimo perchè non resisteremo di più, bruceremo come una falena" sottolinea Camilleri.
Quanto a Montalbano: "è un uomo troppo concreto per credere alla felicità. Mi ha confessato che è stato felice una o due volte, sempre all'improvviso e non totalmente. Ha avuto l'idea di essere felice per tre quarti e l'altro quarto stava a guardare lui mentre era felice. E questo quarto di lui rovinava tutto il resto" ha spiegato tra le risa del pubblico. E i 9 milioni di spettatori della serie tv di Rai1, non lo fanno felice? "Sarei felice se si aprisse questo soffitto e scendesse un signore e mi dicesse: 'sono William Shakespeare, sa che il suo Montalbano mi piace proprio'. In realtà sono molto umile, ma è bello sognarlo". Ormai cieco, Camilleri continua a scrivere: "Scrivo sempre. Sono un impiegato modello della scrittura".
2. LIBRI COME: PIERO ANGELA, LA FELICITÀ? IL PRIMO LIBRO
Mauretta Capuano per l’ANSA
La felicità? "Avere il primo libro tra le mani". Piero Angela superstar, seguitissimo e applauditissimo all'incontro, con 400 persone - nell'ultimo giorno di 'Libri Come', la Festa del Libro e della Lettura all'Auditorium Parco della Musica di Roma - ha raccontato i 90 anni di storie vissute a cui ha dedicato il suo ultimo libro 'Il mio lungo viaggio' (Mondadori).
Il grande autore di programmi televisivi e documentari, ha rivelato: "io scrivo a mano, non a macchina, tanto meno al computer. Poi passo tutto a una copista bravissima. E' come essere un artigiano. La scrittura è uno stress creativo, positivo". Angela ha spiegato anche che "la scrittura e la tv divulgativa non sono di serie B. Tutti abbiamo bisogno di capire. Se una persona ha titoli di studio non vuol dire che sia colta. La scuola per me è sempre stata di una noia mortale, una punizione. Se fossi un insegnante farei quello che faccio in tv. E' il modo di raccontare le cose più creativo, pieno di curiosità e aneddoti". ..
zerocalcare stefano bartezzaghi altan
In sala anche la moglie di Angela: "è qui in incognito. Non ha mai voluto essere fotografata. Mia moglie è stata una santa. Il nostro è stato un colpo di fulmine.
Lei era una ragazza, faceva la danzatrice, quando ci siamo conosciuti e ha rinunciato alla carriera per venire con me a Parigi. Poi sono nati subito i figli. E' stata una scelta di sacrificio. Ho avuto da lei la possibilità di fare cose che da solo non avrei fatto. Mi ha incoraggiato e criticato" racconta Angela per il quale hanno grande valore l'autocritica e l'ironia. Di progetti ne ha ancora tanti, "fin troppi" dice e sorridendo aggiunge: "creperò con la penna in mano". E poi di corsa al super atteso firma copie.
3. FUMETTI: ZEROCALCARE, ARRIVA IL SEGUITO DI 'MACERIE PRIME'
le vignette di altan a libri come (6)
(ANSA) - La storia più emblematica e matura di Zerocalcare giunge alla fine. Il 7 maggio uscirà in libreria per Bao Publishing 'Macerie prime sei mesi dopo', che a sei mesi dal primo volume, dopo una serie di eventi anticipati come la nascita del figlio di Cinghiale, chiude la vicenda forse più complessa per il protagonista-narratore, posto di fronte a precarietà sociali, fragilità e nuovi problematici equilibri personali, mentre il suo totemico Armadillo continua a latitare.
'Macerie prime sei mesi dopo' sarà stampato in tiratura di 120mila copie: il primo volume aveva toccato un record per il disegnatore e autore di Rebibbia, arrivando alla prima ristampa in meno di tre settimane dopo la prima tiratura di centomila copie. Del nuovo albo saranno messe in vendita anche un'edizione con copertina variant da libreria (5mila copie numerate) e una con copertina variant da fumetteria (1500 copie numerate).
marino sinibaldi francesco de gregori
4. ALTAN E I SUOI PERSONAGGI
Il vignettista Francesco Tullio Altan, noto più semplicemente come Altan, ospite della fiera letteraria di Roma "Libri Come", ha raccontato alcuni dei retroscena che si celano dietro il suo lavoro. Come quello di disegnare ascoltando la radio per carpire frasi fatti e luoghi comuni diffusi nella società. "La radio è molto utile perché si sentono delle parole e poi qualcun altro le ripete in un contesto del tutto diverso. E' il suono della campana rotta e vien voglia di occupartene", ha detto.
5. MUGHINI
giampiero mughini fulvio abbate
Immaginate il corpo di Leonida. Leonida, sì. Quello delle Termopili. Oggi Leonida ha questo corpo vispo, classe di ferro 1941. Capelli grigi, dedalici, cravatte audaci, occhiali che preludono all’affondo, al j’accuse, al poema imprecatorio. Leonida è passato da Lotta Continua e da Maurizio Mosca, da Adriano Sofri alla Juventus, dall’impegno politico all’esercizio della rêverie tra i libri più belli del secolo passato. Leonida, oggi, si chiama Giampiero Mughini e le Termopili sono l’ultimo lembo di libertà prima dell’avanzata dell’“armata digitale”, che, dice lui, “non è usa ‘fare prigionieri’”.
I fautori delle sorti progressive della tecnica digitale – ovvero, del rimbambimento collettivo via tablet e social – “distruggono e uccidono. Hanno distrutto l’industria discografica pure talmente vitale nei sessanta e settanta. Hanno distrutto e stanno distruggendo la fotografia analogica e i fotografi che la praticavano, le aziende editoriali che pubblicano quotidiani e settimanali di carta, noi giornalisti che dello scrivere su quei giornali ci campavamo”. Il dardo che Mughini scaglia sulla fronte dell’era tecnologica è un libro.
Un libro di carta. Ovvio. Una proiettile salutare. D’eleganza plurima. Il libro s’intitola Che profumo quei libri (Bompiani 2018, pp.208, euro 17,00) e se fosse semplicemente una ramanzina contro i tempi che avanzano, una melanconica ode sul tempo perduto, sarebbe una rottura di palle così. Il libro, invece, dopo aver ripetuto – e va ripetuto fino a far annoiare i muri – che la grandezza di un libro è inversamente proporzionale al suo successo editoriale (“molti dei libri capitali della nostra storia culturale all’inizio non ebbero mercato, furono patrimonio di pochi”) e che chi pensa che le vendite siano il metro di misura del genio è un cretino (“il parametro dominante nel valutare la riuscita e l’importanza di un libro” è “la quantità di copie vendute, il figurare nella top ten della settimana o del mese. Un parametro che non domina soltanto i conti dell’industria editoriale, il che sarebbe sacrosanto. Domina il giudizio culturale corrente, e questo è grave”), fa qualcosa di più. Stila – lo dice il sottotitolo, in piccolo – “la biblioteca ideale di un figlio del Novecento”.
Ergo: siamo al cospetto del ‘canone Mughini’, di un decalogo mughiniano per vivere bibliograficamente felici. Nell’alcova di ogni libro – cullato come un cucciolo d’uomo – soprattutto, c’è la vita. Si legge un libro come si legge la mano: per imparare un destino, impetrare fortuna e ricordare il passato. Così fa Mughini. Bibliomantica, se vi va. L’arte di trarre auspici e memorie auscultando il rumore delle pagine che frusciano.
Scritto con genio narrativo, il ‘canone Mughini’ parte dal Pascoli (incipit delizioso: “Se alla maniera di quel filo d’acciaio teso tra le Twin Towers di New York, e su cui nel 1974 camminò più volte avanti e indietro il funambolo francese Philippe Petit, tendeste un filo tra l’opera di Giacomo Leopardi e la grande poesia del Novecento italiano, su quel filo passeggerebbe e danzerebbe a congiungere due epoche Myricae, il libro di Giovanni Pascoli i cui ‘frammenti’ appaiono per la prima volta nel 1891, un’edizione di poche decine di copie piccoline di formato ed esigue di pagine cui aveva fatto da occasione il matrimonio di due suoi amici”), si appoggia a Italo Svevo, Federico De Roberto, Luigi Pirandello, Curzio Malaparte (“E comunque se c’è un intellettuale italiano che il Novecento europeo ce l’aveva in tasca e se lo portava appresso era lui”), parla con commozione delle Lettere dal carcere di Gramsci (“Uno di quei libri di cui puoi dire senza alcuna retorica che ti cambiano la vita, che lasciano per sempre le loro stimmate”) e di Dieci inverni di Franco Fortini (“Le strade ideali di Fortini e la mia si sono biforcate, non che per questo cessasse l’affetto e la venerazione che avevo per lui”), va in frittata per L’uovo alla kok di Aldo Buzzi (“Buzzi è morto a Milano nell’ottobre 2009.
francesco de gregori francesco coniglio giampiero mughini
Aveva toccato i 99 anni. Ho ancora il rimorso di non avere avuto il tempo di andare a trovarlo per la prima volta, un paio di mesi prima, come pure gli avevo promesso telefonicamente e come ero strafelice di fare”). Poi, è chiaro, ci sono i ‘mughiniani’: libri introvabili, leccornie per bibliofolli, la Vucciria delle mirabilie bibliche. Le gambe di Saint Germain di Osvaldo Patani “con 11 acquaforti di Dino Buzzati”, Carezze, il “poemetto erotico” di Alberto Martini, i Di/versi di Gandalf il Viola, il “foglio volante” Rivolta Femminile, la “Rivista di estetica e tecnica grafica” Campo Grafico. Parrebbero stelle filanti gettate contro i carri armati, quando le Termopili sono l’avamposto di un sogno svanito e di Occidente non resta che l’eco, rimbambito dalle cavallette. Non ne sarei così sicuro. Non è detta l’ultima. Mughini è ancora lì, sui botri del nulla, come un impeccabile Leonida.
Un libro per difendere il libro dall’“armata digitale”: sei più un Chadzi Murat, l’eroe di un tempo perduto, fuori tempo, o un profeta di presunte apocalissi?
Se c’è una battaglia perduta in partenza, è quella del libro di carta contro “l’armata digitale” e dunque era una battaglia che valeva e vale la pena combattere. Lascio ai babbei del terzo millennio il pronunciare 24 ore al giorno parole di fuoco contro la mafia e a favore dell’onestà, ovvietà da far venire il sonno. Non è che c’è una “presunta apocalisse” all’orizzonte.
vladimiro polchi corrado augias
L’apocalisse c’è già stata. I ragazzi di vent’anni trascorrono 4-5 ore al giorno chini su un telefonino, e mai una volta ho visto un ragazzo di vent’anni all’edicola cui vado al mattino a comprarvi i 5 quotidiani che leggo. I libri ci sono e ci saranno sempre. Purtroppo non sono più al centro della nostra vita e delle nostre usanze quotidiane e meno che mai al vertice della comunicazione diffusa. Se durante una trasmissione televisiva, pronuncio il titolo di un libro vedo il volto del conduttore impallidire per il timore che una fetta del pubblico smanetti all’istante in direzione di un altro canale….(continua a leggere qui http://www.pangea.news/meglio-aldo-buzzi-di-elena-ferrante-il-canone-mughini-va-imposto-nelle-scuole-dellobbligo-intervista-buffa-arrabbiata-verticale/)
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