ARTE DYLANIATA! - LUCA BEATRICE IN LODE DI BOB DYLAN E LA SUA MOSTRA "RETROSPECTUM" AL MUSEO MAXXI DI ROMA: "QUALSIASI COSA FACCIA GLI RIESCE BENE" - "NONOSTANTE NON ABBIA MAI SMESSO DI PUBBLICARE ALBUM E CONTINUI A ESIBIRSI DAL VIVO, L'ULTIMO DYLAN HA PRESO TELE E PENNELLI PER DIPINGERE LA SUA AMERICA, GLI STEREOTIPI CULTURALI E VISIVI DI UN PAESE CHE CONTINUA A ESERCITARE LO STESSO FASCINO DI SEMPRE PROPRIO PERCHÉ RACCONTA SEMPRE LE STESSE COSE..."
Luca Beatrice per “Libero quotidiano”
Più di un sospetto, in pratica una certezza, che qualsiasi cosa faccia gli riesca bene. Caso più unico che raro di genio multiforme, con Bob Dylan la canzone popolare ha assunto forma di poesia, un linguaggio così strutturato e complesso da convincere i giurati di Stoccolma a insignirlo del Premio Nobel per la letteratura nel 2016.
E poi, da diversi anni, la passione per la pittura trasformatasi in un vero e proprio secondo mestiere. Nonostante non abbia mai smesso di pubblicare album (Rough and Rowdy Ways del 2020 può tranquillamente annoverarsi tra i capolavori) e continui a esibirsi dal vivo nell'inesausto Neverending Tour, l'ultimo Dylan ha preso tele e pennelli per dipingere la sua America, gli stereotipi culturali e visivi di un Paese che continua a esercitare lo stesso fascino di sempre proprio perché racconta sempre le stesse cose.
DA SHANGHAI
Stupisce dunque fino a un certo punto che i suoi quadri, così esplicitamente figurativi e di genere, entrino al Maxxi di Roma con l'antologica Retrospectum, che peraltro coincide con la prima uscita da presidente di Alessandro Giuli. Una mostra, che ha viaggiato tra Shanghai e Miami ed è ora in Italia fino al prossimo aprile, divisa in otto sezioni, dalle prime opere risalenti a oltre cinquant' anni fa alle recenti sculture in ferro battuto, altra sponda sperimentale della sua ricerca.
when i paint my masterpiece di bob dylan
Tra i soggetti più iconici, i paesaggi desolati attraversati da nastri d'asfalto e bruciati dal sole, un match di boxe, la pubblicità del Marlboro Man, le insegne di un motel e persino la scalinata di Piazza di Spagna. A ottantun anni quest' uomo straordinario è ancora in piena attività, oltre alla pittura ha da poco pubblicato Filosofia della canzone moderna (tradotto in Italia per Feltrinelli), divertentissimo memoir sui suoi gusti musicali alquanto stravaganti.
La vocazione per la pittura non è comunque materia recente, anzi gli venne dopo l'incidente in moto del 1966 quando, costretto a una lunga immobilità, si avvicinò all'arte affinando la tecnica attraverso le lezioni di pittura di un artista poco conosciuto, Norman Raeben, che oltre a insegnargli i primi rudimenti tecnici gli fece conoscere i capolavori classici e del '900.
Sembra proprio che Dylan abbia sviluppato allora l'amore per i post impressionisti e perla materia ruvida dell'espressionismo tedesco. Art Brut e realismo americano - impossibile non citare tra gli ispiratori Edward Hopper- arriveranno in seguito. Come ben sanno i numerosi dylaniani sparsi per il pianeta, "sua bobbità" ha disegnato alcune copertine dei propri dischi, cominciando con Self Portrait (1970), clamorosamente bocciata come l'album stesso proprio da Greil Marcus, il critico musicale a lui più vicino e cresciuto a pane e Mr. Tambourine Man, «uno schizzo grezzo, fatto con l'acrilico».
Nel '68, invece, aveva elaborato la copertina di Music from the Big Pink, per il gruppo che si chiama semplicemente The Band e che lo accompagnò per anni in tour, dallo stile naif con un'atmosfera vicino a Chagall. Nel '74 esce Planet Waves con una figura in bianco e nero e la scritta a mano.
Qualcuno ci ha trovato assonanze addirittura con Van Gogh, più probabilmente le maggiori fonti di ispirazione si trovano nella poetica di Ben Shan e alla sua pittura figurativa di impegno sociale o nel tratto marcato di Bernard Buffet che Dylan riprende soprattutto nelle grafiche concepite come infinite varianti sullo stesso tema, cosa che accade di norma nelle canzoni, eseguite sempre in maniera diversa e talvolta trasformate fino a diventare irriconoscibili.
Se c'è qualcosa che unisce l'arte di Dylan alla sua musica forse sta proprio in questo particolare della ripetizione e del trasformare un cliché in stralci di lirismo puro.
L'OBIETTIVO
Nelle scarne dichiarazioni che proverbialmente lo contraddistinguono, Dylan che non sarà presente all'inaugurazione del 15 dicembre preferendo come sempre starsene per i fatti suoi, ha comunque precisato: «È molto gratificante sapere che le mie opere visive sono esposte al Maxxi, a Roma: un museo davvero speciale in una delle città più belle e stimolanti del mondo. Questa mostra vuole offrire punti di vista diversi, che esaminano la condizione umana ed esplorano quei misteri della vita che continuano a lasciarci perplessi. È molto diversa dalla mia musica, naturalmente, ma ha lo stesso intento».
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