IL LUPO AFFAMATO MANGIA PAN MUFFATO: LE CLAMOROSE SVISTE DELLA CAMPAGNA ABBONAMENTI DELLA ROMA

Andrea Andrei per Dagospia

A dare un'occhiata superficiale alla pubblicità per la campagna abbonamenti dell'A.S. Roma, si direbbe che lo staff comunicazione della società giallorossa ha fatto davvero un buon lavoro.

L'immagine ritrae un branco di lupi mentre si appresta a percorrere un corridoio che conduce all'arena. Una scritta, rigorosamente in maiuscolo, sovrasta la foto. Il messaggio e' chiaro: "Nessuno ha più fame di noi". In altre parole: siamo affamati di riscatto, ora che scenderemo in campo scateneremo l'inferno.

Un messaggio che, senza dubbio, va dritto alla pancia e al cuore dei tifosi, delusi e amareggiati dopo la sconfitta in Coppa Italia contro la Lazio, e desiderosi di rivincita. D'altronde l'immagine mostra (il che contribuisce a renderla di grande efficacia), i lupi non nel momento dell'attacco, ma in quello subito precedente, e cioè quando, in un'apparente quiete, percorrono silenziosamente il tunnel intravvedendo la luce, che restituirà loro la preda e che porrà fine all'astinenza.

Tutto molto bello: i lupi, l'arena, Roma, il riscatto, ecc. Soprattutto perché è positivo che una squadra che attraversa un periodo di crisi voglia ripartire dalla consapevolezza della propria situazione di svantaggio.

Peccato che però, a pensarci su un attimo, l'immagine evochi anche altro, e anzi soprattutto altro. Qualcosa che non ha affatto un'accezione positiva, almeno per la società in questione. Utilizzare la simbologia del lupo legata a quella dell'arena e' molto pericoloso, per almeno tre ragioni.

La prima e' che nell'antica Roma i lupi e le fiere in generale che scendevano nell'arena erano considerate semplice carne da macello. Non avevano la "statura" che può avere ad esempio il toro che affronta il torero in Spagna. Il lupo si muove in branco, non da solo, e nell'immaginario non e' un animale fiero e coraggioso, ma al contrario una bestia che vive nell'ombra e che caccia la preda per fame, prendendola alla sprovvista.

La seconda ragione e' che quella luce in fondo al tunnel non e' affatto la luce di una nuova era, ma anzi e' una trappola. I lupi venivano fatti digiunare e poi attirati verso l'arena dove però non trovavano una facile preda, ma dei gladiatori armati e pronti a scuoiarli per la soddisfazione del pubblico voglioso di sangue.

Ma c'e' una terza ragione, quella che davvero suona come una leggerezza imperdonabile per lo staff della Roma. Andiamo per gradi: chi, nell'arena dell'antica Roma, deteneva il vero potere? Non certo i lupi, e' chiaro, ma nemmeno i gladiatori, che erano poco più che schiavi. Si potrebbe dire che il pubblico aveva la sua influenza, certamente. Ma chi davvero aveva il potere assoluto e divino, tanto da poter, con un solo gesto del pollice, decretare la morte o concedere la vita, era l'imperatore, o chi ne rappresentava il potere nelle varie province. E qual e' il simbolo del potere imperiale, davanti al quale i gladiatori si inchinavano ? Ebbene sì, l'aquila, proprio la stessa che nel 1900 fu scelta per essere lo stemma della Società podistica Lazio, poi diventata S.S. Lazio.

Fu proprio per quello che, nel dover indicare nello stemma della società la città di Roma, i fondatori della Lazio preferirono l'aquila alla lupa.
E, visto che non c'e' allegoria che non termini con una morale, potremmo dire che spesso la rabbia e la voglia di vendetta possono rendere ciechi.

 

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