mario monicelli cosi parlo monicelli

E MONICELLI CAMBIÒ IDEA, PER FORTUNA – IL GRANDE REGISTA SOGNAVA DI FARE LO SCRITTORE: "MI PIACEVA FLAUBERT, AVREI VOLUTO SCRIVERE COME DOSTOEVSKIJ. MI SONO ACCORTO PERÒ ABBASTANZA RAPIDAMENTE CHE ERA MEGLIO ABBANDONARE QUESTA AMBIZIONE. E HO RIPIEGATO SUL CINEMA, CHE COMUNQUE MI PIACEVA" - “CON I CATTIVI REGISTI SI IMPARA A NON FARE. CON FELLINI COSA VUOI IMPARARE? NIENTE, PERCHÉ O SEI LUI, OPPURE LASCI ANDARE" ESTRATTO DAL LIBRO “COSI’ PARLO’ MONICELLI”

Estratto del libro “Così parlo Monicelli” (Cue Press) pubblicato dal “Fatto quotidiano”

 

mario monicelli foto pino settanni

Mi piaceva Flaubert, avrei voluto scrivere come Dostoevskij. Mi sono accorto però abbastanza rapidamente – perché non sono del tutto stupido – che era meglio abbandonare questa ambizione. E ho ripiegato sul cinema, che comunque mi piaceva. Mi interessava entrare nel mondo che vedevo da ragazzino. Sono del 1915, e perciò vedevo il cinema muto, sono stato educato con quel cinema lì.

 

Io volevo essere un romanziere o un poeta: mi capitò intorno ai diciassette anni di leggere Gogol’, Le anime morte, e allora capii che era meglio abbandonassi quest’idea di fare lo scrittore e ripiegai su una cosa assai più modesta, che è il cinematografo. Con il cinematografo puoi dividere la responsabilità con gli attori, per esempio, e dare anzi tutta la colpa a loro se una cosa è venuta male, oppure al direttore della luce, allo scenografo e soprattutto agli sceneggiatori. E ho avuto una vita più serena.

 

COSI' PARLO' MONICELLI - LIBRO A CURA DI ANNA ANTONELLI

È dal 1934 che lavoro nel cinema. Da troppo tempo perché non sia viziato. Sono un regista accentratore, che sceglie i soggetti, li scrive, cura la sceneggiatura, sceglie gli attori eccetera. Come molti di quelli che credevano di avere qualcosa da dire ho cercato di farlo attraverso la letteratura, poi mi sono accorto rapidamente che non era cosa. Ho provato con la musica, e anche lì mi sono accorto rapidamente che non era il mio campo, e allora ho scelto come ripiego il cinema.

 

I miei maestri sono gli autori delle farse, i cortometraggi non più lunghi di dieci minuti che quando ero bambino si mettevano in coda ai filmoni con Rodolfo Valentino, Mary Pickford o Douglas Fairbanks. Ufficialmente le farse erano anonime, ma gli autori erano i giovani Charlie Chaplin, Buster Keaton, King Vidor o John Ford che facevano il loro apprendistato come oggi si fa girando spot pubblicitari.

 

mario monicelli

Per me sono stati una scuola impagabile: di tempi comici, di psicologie secche, non troppo elaborate ma credibili, e anche di fantasia e di capacità di astrazione... Non c’è niente di cui non si possa sorridere. In ogni tragedia, anche nella guerra più atroce, c’è il grottesco, c’è l’umanità degli individui, con le loro debolezze, i momenti di tenerezza, anche con il dolore.

 

Da ragazzi si andava in questi cinemetti dove lo schermo era una parete bianca dipinta malamente, e lì si svolgevano delle vicende... cose meravigliose: battaglie, amori, cavalli in corsa... Io non capivo bene, ero bambino, cinque o sei anni, noi tutti non sapevamo bene se fosse roba vera o una finzione.

 

MARIO MONICELLI E BRUNA PARMESAN

Era una cosa magica, meravigliosa... Io allora ero talmente affascinato che volevo entrare in quel mondo, ma non sapevo come, non sapevo nemmeno cosa volessi fare: l’attore, il regista o chissà che... volevo entrare lì nel mezzo; per fortuna tanto ho fatto che ci sono arrivato, molto presto. A fare cose molto umili: l’attrezzista, l’aiuto trucco e così via; insomma piano piano mi sono infilato lì e ci son rimasto tutta la vita. […]

 

monica vitti mario monicelli

Con i cattivi registi si impara molto. Si impara a non fare. Con Fellini cosa vuoi imparare? Non impari niente, perché o sei lui, oppure lasci andare. Cosa vuoi imparare con Fellini o con Antonioni? Non si impara. Si impara con quelli che fanno le stupidaggini, sennò non impari. Impari, casomai, l’atteggiamento, un certo tipo di serietà oppure, al contrario, di non prendere troppo sul serio quello che stai facendo.

 

Aveva ragione Longanesi che raccontava di Rossellini, il quale si lamentava: “Ora non si possono più fare bei film... Allora vi era la guerra, un mondo distrutto”. E Longanesi: “Ma che, dobbiamo perdere un’altra guerra o farne un’altra per farti fare bei film?”.

 

Rapaccini Monicelli

Il cinema ha il potere di rispecchiare, di raccontare, ma non quello di fare prediche... Il cinema dovrebbe essere muto, non parlato. Dovrebbe essere composto solo di belle immagini mute che, montate le une con le altre, raccontano tutto quello che c’è da raccontare, e infatti, per i primi vent’anni, il cinema è stato così. Sono stati girati bellissimi film drammatici, comici, farseschi, avventurosi, tutti muti, senza musiche, senza sonoro. […]

mario monicelli

steno con mario monicelli foto mostra andrea arriga

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