“SI CAPIVA CHE ERO GAY E I BULLI SBROCCAVANO PERCHÉ ERO FORTE NELLO SPORT: MI DICEVANO CHE SEMBRAVO NADIA COMANECI” – GUILLERMO MARIOTTO RACCONTA QUANDO PICCHIO’ “I MALANDRINI” CHE LO INSULTAVANO PERCHE’ OMOSESSUALE: “A UNO STRAPPAI I CAPELLI DALLA TESTA, FU SPETTACOLARE” – “PENSO AI GENITORI DI QUEL TREDICENNE CHE SI È TOLTO LA VITA A PALERMO, SO COSA VUOL DIRE CHIUDERSI IN BAGNO E NON AVER NESSUNO CON CUI CONFIDARSI. MIO FRATELLO MI DISSE CHE ERO LA MACCHIA DEL NOSTRO COGNOME”
Alessandro Fulloni per il “Corriere della Sera” - Estratti
«Sì, stare chiusi in un bagno e non sapere a chi potersi rivolgere, non ai genitori, non a un fratello, non a un amico, è una tortura, un incubo. A me andò bene, reagii, picchiai i bulli che mi dicevano che ero gay. Ero forte, battagliero. Ma non tutti hanno questo carattere, c’è chi si chiude in se stesso, penso a quel povero ragazzino che si è tolto la vita a Palermo. Penso ai suoi genitori, al loro dolore».
Abituati a vedere Guillermo Mariotto — 57 anni, stilista apprezzatissimo dai sarti più grandi, italiano proveniente dal Venezuela — sempre allegro tra i giurati di Ballando sotto le stelle, fa un certo effetto ascoltarlo, quasi in lacrime, mentre racconta di come a Caracas affrontò, su un campo da calcio, a scuola, il capo dei bulli.
Cosa successe, Guillermo?
«Ero sui 13 anni e quel giorno giocavo in difesa. Come sempre ero bersagliato da insulti irriferibili. All’ennesimo, esplosi. Raggiunsi a centrocampo il boss del gruppo con cui avevo già questionato, un malandrino, tale Muniz, e gli montai sulle spalle, strappandogli i capelli dalla testa. Fu spettacolare, una scena davanti a genitori e professori».
E poi?
«Banalmente, divenni un intoccabile. Avevo vinto la mia guerra, quando Muniz mi vedeva cambiava strada».
Perché a scuola la vessavano?
«Si capiva che ero gay, vestivo in un certo modo, forse più elegante degli altri. I bulli sbroccavano perché ero forte nello sport, ciò li mandava letteralmente in bestia: figurarsi, un omosessuale...».
Quali erano gli sport che praticava?
«Il volley in primis. Con me, la squadra scolastica arrivò al titolo nazionale. Ma primeggiavo nella ginnastica a corpo libero. Eravamo a metà degli anni Settanta e mi sbeffeggiavano dicendomi che parevo Nadia Comaneci, l’olimpionica rumena».
La picchiavano?
«Regolarmente, mi aspettavano sotto casa. Se sono andato bene nell’atletica, con buoni tempi nei 100 metri, è perché ho imparato presto a scattare e scappare».
(…) «Mio fratello arrivò a dirmi che ero la macchia del nostro cognome, papà e mamma... mah, siamo lì».
(…) Lei oggi è testimonial del Moige, tiene conferenze sul bullismo a scuola...
«E dico sempre ai ragazzi; se vedete un bullo in azione, segnalatelo. Non lasciate da sola la vittima: sennò siete complici anche voi».
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