LA VERSIONE DI MUGHINI - "CHE CI ANDAVANO A FARE LE RAGAZZE SULLA SQUALLIDA TERRAZZA DI GENOVESE? CHE TIPI/E ERANO? GENTE CHE SI VUOLE METTERE IN MOSTRA PUR NON AVENDO NULLA DA METTERE IN MOSTRA, GENTE CHE SPERA DI IMBATTERSI IN UN QUALCHE VIP O IN QUALCUNO CHE GLI FARÀ AVERE DEI PEZZETTINI DI CARRIERA, SEQUENZE DI SGUALDRINELLE CHE SPERANO ASCENDERE IN TV A FORZA DI COSCE E CULI IN EVIDENZA. TUTTE RAGAZZE CHE FINO A IERI NON AVEVANO APERTO BOCCA PERCHÉ CI CONTAVANO SUL FATTO DI ESSERCI IN QUELLA TERRAZZA": ERA UNA GRAN BELLA GENTE, HA DETTO UNA DI LORO. DIO MIO..."
Giampiero Mughini per Dagospia
Caro Dago, sono giorni e giorni che leggo i titoli e talvolta anche i pezzi che hanno a oggetto l’imprenditore Alberto Genovese e quella sua terrazza milanese zeppa di “bella gente”, ossia di gran pezzi di merda degni di lui. Ti confesso che trovo strabiliante che nessuno finora abbia scritto quel che si doveva scrivere su questo farabutto di successo e sulla sua maniera di vivere.
L’unico che ha sfiorato l’argomento, e lo ha fatto ovviamente a modo suo, è stato Vittorio Feltri, non che la Boldrini potesse intenderlo. Eppure era semplice semplice, seppure Vittorio lo avesse scritto a uso e consumo del pubblico di “Libero” e non perché lo apprezzassero Alberto Savinio, Mario Praz o il sottoscritto.
Era una domanda semplice semplice. Che ci andavano a fare le ragazze che si fiondavano a più non posso sulla squallida terrazza milanese? Ovvio, ovvio, ovvio, non devo impararlo certo dalla Boldrini che se una donna non vuole non ha da essere sfiorata da un uomo neppure con un dito mignolo. Non è questo in discussione, nemmeno un istante lo è. Ciascuna ragazza va e fa quello che vuole dove vuole e quando vuole, e non c’è da aggiungere nemmeno un punto e virgola.
alberto genovese daniele leali
Altra cosa è la fenomenologia di un comportamento diffuso, altra cosa è la morfologia di un ambiente, altra cosa è ciò che accomuna chi decide di stare assieme una sera su una terrazza milanese. Quello sì che è interessante, eccome se lo è. In questo caso il comportamento dei tantissimi ebbri di quel che succedeva o avrebbe potuto succedere nella fatidica terrazza.
ALBERTO GENOVESE DANIELE LEALI
Che tipi erano quelli che ci andavano di gran corsa e tutte le volte che potevano, e anche se nessuno lo ha raccontato al dettaglio? Dipendesse da me, li sottoporrei uno a uno a un interrogatorio di terzo grado. Perché non erano rimasti a casa loro ad ascoltare un disco di Louis Armstrong o dei Pink Floyd, a leggere un libro di Len Deighton o di Beppe Fenoglio, a guardare la magnifica serie Netflix dedicata al processo di Tokio dov’erano imputati 28 fra alti ufficiali e politici di primo piano giapponesi per avere scatenato la guerra agli Usa? Me li immagino che tipi erano i nostri eroi.
Gente che si vuole mettere in mostra pur non avendo nulla da mettere in mostra, gente che spera di imbattersi in un qualche vip o in qualcuno che gli farà avere dei pezzettini di carriera, sequenze di sgualdrinelle che sperano ascendere in tv a forza di cosce e culi in evidenza, gente che non sa niente della musica ma a cui piace la musica se ad altissimo volume, gente che si delizia dall’attingere a piene mani da vassoi colmi di cocaina o di cocaina rosa (confesso di non sapere la differenza), gente che se restasse da sola in casa e si guardasse allo specchio si vergognerebbe di quel che vede. Gentuccia così.
Pezzi di merda che rompevano i coglioni al vicinato senza che gli uomini d’ordine della Repubblica potessero fare alcunché per impedirlo perché a questo è ridotta la nostra Repubblica - e il covid non c’entra niente - all’essere ebbra non del moderno e bensì delle schifezze del moderno.
Questa era la genia dei frequentatori della terrazza/Genovese. Vale la pena dirlo, raccontarlo, raccontarli a puntino, schedarli uno a uno anziché limitarsi ad ascoltare le testimonianze delle vittime di Genovese, tutte ragazze più o meno ventenni che fino a ieri non avevano aperto bocca perché ci contavano sul fatto di esserci in quella terrazza. Era una gran “bella gente”, ha testimoniato una di loro. Dio mio, Dio mio, Dio mio.
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