NAZIONE INFETTA, CALCIO CORROTTO – DUE LE PARTITE DELLA LAZIO PRESUNTE TAROCCATE - GERVASONI, EX DIFENSORE DEL PIACENZA, HA RACCONTATO LA STRATEGIA DEGLI “ZINGARI” DELL'EST EUROPEO CHE ERANO CONSIDERATI IL BRACCIO ARMATO DEL GRUPPO DI SINGAPORE: “VOLEVANO COMPRARE INTERE SQUADRE” –SPU NTA UNA TALPA NELLA LEGA CALCIO CHE AVREBBE INFORMATO DELLO STATO DELL’INCHIESTA DONI E BETTARINI. È PROPRIO L’EX GANZO DELLA VENTURA A PARLARNE IN UNA INTERCETTAZIONE TELEFONICA REGISTRATA DALLA POLIZIA…

1- GARE SOSPETTE, C'E' ANCHE LA LAZIO
di Cristiana Mangani e Massimo Martinelli per Il Messaggero

L'onda lunga dello scandalo era gonfia di fango fino a pochi mesi fa, a maggio 2011. E avrebbe sporcato anche la Capitale, almeno a sentire il più loquace degli indagati interrogati finora, Carlo Gervasoni, ex difensore del Piacenza. E' stato lui a consegnare nelle mani del gip Guido Salvini e del pm Roberto Di Martino, il tabellino di due partite della Lazio, all'Olimpico con il Genoa e con il Lecce in trasferta, (entrambe vinte dai biancoazzurri per 4 a 2) indicandole come truccate. E poi un'altra, Palermo-Bari, finita 2 a 1, anch'essa - a suo dire - taroccata.

E poi i nomi, circa una ventina. Tre dei quali di rilievo, inediti, sui quali la procura di Cremona deve ancora terminare le verifiche: due di loro hanno addirittura vestito la maglia azzurra nel recente passato. Il più in vista è un centrocampista della Lazio Calcio e anche della Nazionale, che ha superato da poco la trentina.

Secondo Gervasoni sarebbe l'infiltrato degli Zingari nello spogliatoio di Formello, quello che di volta in volta valutava la disponibilità di compagni di squadra e avversari per addomesticare i risultati. Per gli inquirenti, invece, è proprio l'uomo sul quale occorre essere il più cauti possibile, perché la sua posizione deve essere ancora verificata.

Secca la smentita della società, a parlare è Stefano De Martino il portavoce: «La Lazio è totalmente estranea a qualsiasi indagine sul calcioscommesse. Come sono estranei i suoi dirigenti e i suoi calciatori».

Tuttavia un primo riscontro ai tentativi di «combine» sulle partite della Lazio è arrivato nella serata di ieri anche dal difensore Alessandro Zamperini (l'uomo che provò a offrire duecentomila euro a Simone Farina del Gubbio), che è stato ascoltato dagli inquirenti subito dopo Gervasoni.

Zamperini, già squalificato da mesi e poi arrestato nella maxi retata del 19 dicembre scorso, avrebbe confermato di aver provato a influenzare il risultato di quel Lecce-Lazio del 22 maggio scorso, senza però riuscirci. I magistrati gli hanno contestato che nei giorni del match, in un albergo pugliese era alloggiato uno dei sodali dell'organizzazione, Hristian Ilievski, che difficilmente si sarebbe mosso per una partita sulla quale non c'era un accordo sicuro.

Ma il suo legale, Roberto Ruggiero, avrebbe fatto presente che tutti gli accertamenti bancari sul suo cliente avrebbero escluso passaggi di denaro sospetti, che invece sarebbero risultati nel caso di una sua partecipazione attiva al sodalizio criminale.

Ci sono poi altri due giocatori di serie A, citati da Gervasoni. Il primo è un ex attaccante che ha militato in nazionale under 21 e nella nazionale maggiore dopo aver esordito in serie A a soli 15 anni: secondo Gervasoni avrebbe contribuito a truccare almeno un Chievo-Novara di Coppa Italia finito tre a zero.

L'altro è un difensore che oggi è in forza al Bologna, ma che avrebbe avuto contatti con l'organizzazione criminale quando era suo compagno di squadra nelle file del Piacenza. Secondo Gervasoni avrebbe contribuito a influenzare il risultato di Atalanta-Piacenza del 19 marzo scorso, quando un rigore fu provocato proprio da plateale colpo d'anca dello stesso Gervasoni.

Nel suo verbale ci sono poi le conferme al lavoro degli inquirenti, con l'indicazione dei calciatori che gravitavano nell'ambiente del Grosseto Calcio e che avrebbero contribuito in maniera diversa alla realizzazione di combine: da Paolo Acerbis a Matteo Gritti, da Josè Ignacio Joelson a Kawelly Conteh, a Riccardo Fissore, Marco Turati, Mario Cassano, Alessandro Pellicori fino a Cristian Bertani. Per ognuno di loro, Gervasoni avrebbe raccontato un dettaglio imbarazzante, che gli investigatori si stanno preoccupando di verificare.

Ma oltre a nomi, date, incontri, Gervasoni ha raccontato anche la strategia dei predoni del calcio italiani, cioè del vertice del gruppo degli «zingari» dell'Est europeo, che erano considerati il braccio armato del gruppo di Singapore, al quale fa capo il sistema delle scommesse messo a fuoco dall'inchiesta della procura di Cremona: «Volevano comprare intere squadre», avrebbe rivelato il calciatore agli inquirenti.

Sarebbe stato questo il perfezionamento di un sistema che già lo scorso anno consentiva di scommettere anche sei milioni e mezzo sulle partite di serie B. Non ci riuscirono, ha precisato Gervasoni. Se ce l'avessero fatta, se avessero avuto la certezza matematica di scommettere sul sicuro, probabilmente, il volume delle giocate sarebbe diventato elevatissimo. Tale da imporre alla banda l'organizzazione di un sistema di raccolta delle scommesse alternativo a quello ufficiale per evitare ogni controllo.

2- LA SEGRETARIA DEL GIUDICE SPORTIVO LA TALPA CHE INFORMAVA I GIOCATORI
C.Man. e M.Mart. per Il Messaggero

Spunta una talpa nella Lega Calcio che avrebbe informato dello stato dell'inchiesta Cristiano Doni e Stefano Bettarini. È proprio Bettarini a parlarne in una intercettazione telefonica registrata dalla polizia nello stesso giorno in cui l'ex calciatore è stato sentito dalla giustizia sportiva.

Subito dopo l'incontro, l'ex marito di Simona Ventura ha chiamato Stefania Ginesio, segretaria del Giudice sportivo, dalla quale, secondo le indagini, lui e altri calciatori raccoglievano informazioni sulle inchieste, e le ha detto: «Li ho spiazzati», ammettendo di scommettere ogni tanto e ammettendo di essere stato tesserato dal Chievo «per pubblicità».

La telefonata viene fatta il 7 luglio. Bettarini dice: «Sono andato, mi hanno chiesto: "Ma lei scommette?" E io: "Certo! Ogni tanto scommettevo". Una volta che ho letto le intercettazioni ho capito che nascondere era una cagata micidiale». E Ginesio risponde: «Esatto. Quindi li hai spiazzati». «E li ho spiazzati - insiste l'ex calciatore - però, quello che ti voglio dire è che loro... Io volevo evitare di dirlo, perché per non andare incontro alla sanzione, capito? Che però, secondo me, se capiscono che io non ero un atleta tesserato, ma solo tesserato per pubblicità, eh».

«No - replica la donna - sei fuori comunque... ma sicuramente non possono farti niente, se non giocavi, non hai mai scommesso sul Chievo, cioè non c'entri un c... col Chievo, quindi. Non possono darti la squalifica per te che non giocavi più, capito? Perché tu non stavi più giocando».

Bettarini: «No, a me più che la squalifica, mi preoccupa la multa». Ginesio: «Beh chiaro... Ma no, secondo me tu... non ti daranno neanche la multa vedrai».

La presenza di una talpa viene confermata anche dall'ex idolo dei tifosi atalantini Cristiano Doni che, in fibrillazione prima di comparire davanti al procuratore sportivo Stefano Palazzi, non ha esitato a cercare l'aggancio in Lega calcio a Milano, con il suo collega Thomas Manfredini e con Bettarini.

Nelle migliaia di atti depositati nell'inchiesta, infatti, si legge che da Stefania Ginesio i calciatori ricevevano «particolari dell'inchiesta diversamente a loro sconosciuti» e ricevevano «preziosi consigli sulla strategia da riferire ai propri legali per contrastare le accuse del procuratore federale».

In alcune conversazioni, annotano gli agenti della polizia di Stato, la donna «non nasconde di poter arrivare facilmente a raggiungere gli appartenenti alla Commissione per indirizzare la sentenza in favore dei calciatori, anche se poi non emerge alcun elemento che possa avvalorare questa sua possibilità».

«È comunque indubbio - concludono gli investigatori - che la stessa, appartenendo comunque all'organo federale della Lega Calcio, possa di conseguenza facilmente riconoscere alcuni membri della Commissione giudicante».

Stando a quanto raccontato da Doni nell'interrogatorio, poi, la manipolazione della partita che più l'ha inguaiato, Atalanta-Piacenza, del 19 marzo 2001, serviva proprio a far ottenere alla squadra la serie A. «Io per l'Atalanta ho sempre giocato con il massimo impegno - ha spiegato al Gip Guido Salvini e al procuratore della Repubblica Roberto Di Martino nell'interrogatorio di garanzia - e non ho guadagnato nulla dai fatti che ho raccontato».

Fu avvicinato per Ascoli-Atalanta, sempre dello scorso campionato, ma ha raccontato di non avere voluto incontrare l'ascolano Micolucci, coinvolto nella combine, e ha aggiunto di non avere avuto la sensazione di una particolare arrendevolezza da parte dell'Ascoli nel corso della partita durante la quale, tra l'altro, era in panchina».

 

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