NON C'E' PIU' RELIGIONE: DAGO GOES TO OXFORD UNIVERSITY! – IL 10 MAGGIO IN TOGA SULLA RIVOLUZIONE DIGITALE – NELL’ATTESA, STASERA ALLE 21.15 SU SKY ARTE, VA IN ONDA LA 5° PUNTATA DI “DAGO IN THE SKY” – INTERVISTA A “CHI”: “NON SONO STATE LE IDEOLOGIE A CAMBIARE LA STORIA, MA GLI OGGETTI: I CARATTERI MOBILI DELLA STAMPA CHE HANNO DIFFUSO IL SAPERE, LA FOTO CHE RIPRODUCE LA REALTÀ, L’AUTO E IL TRENO CHE HANNO FONDATO LA CIVILTÀ INDUSTRIALE, LA LAVATRICE E LA PILLOLA CHE HANNO CAMBIATO LA VITA DELLE DONNE, LA CONNESSIONE E LO SMARTPHONE” - VIDEO
DAGO IN THE SKY - IL VIAGGIO DIPINTO - PROMO
Valerio Palmieri per “CHI”
‘’Quattro anni fa, pensa da dove siamo partiti, mi proposero di fare un programma in cui raccontavo casa mia. “Ma perché non facciamo una serie di puntate a tema sull’arte, sulla comunicazione, sui linguaggi?”, risposi». Così è nato Dago in the Sky, progetto televisivo visionario di Roberto D’Agostino, fondatore di Dagospia. «Volevo testimoniare il passaggio dall’analogico al digitale.
Negli Anni ‘70 il guru della rivoluzione digitale, Stewart Brand, disse: “Volete provare a cambiare la testa delle persone? Perderete tempo. Cambiate gli strumenti, i dispositivi, gli oggetti che hanno in mano e cambierete il mondo”. Non sono state le ideologie a cambiare la storia, ma gli oggetti: i caratteri mobili della stampa che hanno diffuso il sapere, la foto che riproduce la realtà, l’auto e il treno che hanno fondato la civiltà industriale, la lavatrice e la pillola che hanno cambiato la vita delle donne, la connessione e lo smartphone».
Dago in the sky va in onda ogni giovedì sera su Sky Arte ed è già alla quinta puntata: dopo aver parlato di videogiochi, del diavolo, dello scandalo e della prostituzione nell’arte, D’Agostino si occuperà di come il viaggio ha cambiato l’uomo (il 4 aprile), dell’arte nel regime fascista (11 aprile), della rivoluzione dello smartphone (18 aprile), del rapporto fra arte e identità (25 aprile) e fra arte e pubblicità (il 2 maggio) e dell’immagine proibita (9 maggio).
Domanda. Come cambia la nostra vita nell’era digitale?
Risposta. «Al cinema, a teatro, al museo, lo spettatore è passivo; con la connessione e la tv digitale diventa attivo, crea il palinsesto, riscopre la sua identità. E ciò spiega fenomeni come sovranismo e populismo, che nasce dal pop, da internet».
FIORELLO DAGO DAGOSPIA ROBERTO D AGOSTINO
D. Qual è l’identità ritrovata?
R. «Quella dei social, quella di Instagram. Il problema non è trovare se stessi ma creare se stessi, e lo faccio mettendo le mie foto, i miei giudizi, le mie idiozie sui social. Io devo parlare di arte a uno spettatore che guarda la tv smanettando sul telefonino, ma l’arte ci riguarda da vicino perché racconta il dolore che abbiamo dentro, contiene quello che ci serve per riuscire a comprendere l’esistenza. E allora oltre alle parole ci deve essere un ‘’pensiero visivo’’: vorrei creare un pensiero attraverso le immagini che vada in parallelo con le parole».
D. Siamo schiavi della modernità.
R. «Sa qual è la peggiore maledizione cinese? Suona più o meno così: “Che tu possa vivere tempi interessanti”. Vivere tempi interessanti come questi, dove tutto cambia, crea ansia, perché per capire ciò che è nuovo ti servono le istruzioni: quello che ieri era solido oggi non lo è più».
D. Due milioni di followers su Facebook di ieri non valgono il milione di followers di Instagram di oggi.
R. «Quando arrivò il video la fotografia sembrava defunta, ma con Internet diventa digitale e torna centrale: perché se la pubblichi alla velocità della tecnologia diventa fortissima, ti porta dove le cose accadono e diventa un pensiero visivo. Con buona pace della privacy che si sacrifica in nome dell’identità».
D. È vero che terrà una lezione su internet ad Oxford?
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R. «Sono stato invitato il 10 maggio a tenere una lectio magistralis alla Oxford University. Vado con la toga e racconto la rivoluzione di internet. Vado dopo Grillo e non è casuale: lui è riuscito con la sola connessione e senza tv e giornali a costruire un partito che è arrivato al 30%. L’unico problema è che lui ha fatto un partito digitale ma il parlamento, la politica, sono analogici: è come mettere la benzina a una macchina diesel. Eppure Obama ha vinto grazie a Facebook e Trump grazie a Twitter, e la Brexit è sfuggita ad ogni controllo perché è nata su internet».
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D. Da 19 anni gestisce il fenomeno Dagospia. ma il gossip è ancora una religione?
R. «Per me il giornalismo o è gossip o non è giornalismo, perché bisogna raccontare la società attraverso le storie di tradimenti, di revenge porn, di Corona. Tutto è pettegolezzo, ‘’Alla ricerca del tempo perduto’’ di Proust è pettegolezzo, raccontando i fatti degli altri raccontiamo la vita reale. Io non devo dettare una linea, devo dare i fatti, dire che Salvini esce con la figlia di Verdini prima ancora che li scoprano i fotografi. Signorini è come Tacito che raccontava la società romana, nel 1986 scrissi ‘’Il peggio di Novella 2000’’ in cui raccontavo la storia d’Italia attraverso Albano e Romina».
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D. Si dice che lei, Arbore, Boncompagni, Marenco, Frassica foste avanti di 20 anni: che cosa vi permetteva di guardare oltre?
R. «Eravamo curiosi di quello che succedeva in giro, ‘’Quelli della notte’’’ nasceva dal fatto che a quell’epoca uscivamo tutte le sere fino a tardi, facevamo due o tre cene e andavamo a rompere le scatole a tutti perché volevamo sapere, sentivamo quel cambiamento, ma nessuno lo raccontava in tv. E poi c’erano due intellettuali come Arbore e Boncompagni. Ho lavorato con Gianni a due edizioni di ‘’Domenica in’’ e ho visto da vicino la sua genialità. Sai quali erano le prove della puntata? Le luci, per lui era importante solo che le luci fossero giuste perché noi mandavamo in onda quelle, non Toto Cutugno o Lino Banfi perché, quando accendi la tv, dal buio passi alla luce».
D. Ci sono conduttrici che abusano delle luci in studio.
R. «Anche la chiesa, quando decise di celebrare come in uno spot le sue figure carismatiche attraverso l’arte, ne avvolse la testa con un alone di luce che rappresentava la gloria: per me le conduttrici avvolte dalla luce sono arte sacra».
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