
"O NOI O LA CASA EDITRICE VICINA A CASAPOUND" – L’AUT AUT DEL MUSEO DI AUSCHWITZ AL SALONE DEL LIBRO DI TORINO: “NON SI PUÒ CHIEDERE AI SOPRAVVISSUTI DI CONDIVIDERE LO SPAZIO CON CHI METTE IN DISCUSSIONE I FATTI STORICI CHE HANNO PORTATO ALL'OLOCAUSTO” - COMUNE E REGIONE RIBADISCONO: "SIAMO ANTIFASCISTI" - MA PER ORA LA RICHIESTA DEL MUSEO DI AUSCHWITZ È SENZA RISPOSTA – FRANCESCO POLACCHI, EDITORE DI ALTAFORTE: “UN PO’ DI DITTATURA NON FA MALE”. E SULLA SHOAH…
Luca Ferrua e Francesca Paci per la Stampa
Volete Auschwitz o la casa editrice, vicina a CasaPound, Altaforte? Di provocazione in provocazione lo psicodramma del Salone del Libro di Torino mette gli organizzatori di fronte a un nodo che con il buonsenso non si potrà sciogliere. L' ultimo atto della vicenda risale a ieri sera, quando è arrivata la lettera firmata da Halina Birenbaum, sopravvissuta al lager, dal direttore del Museo Statale di Auschwitz-Birkenau, Piotr M. A. Cywiski, e dal presidente e dall' ideatore del «Treno della memoria» ovvero Paolo Paticchio e il torinese Michele Curto (coinvolto, peraltro, in un' inchiesta sulla gestione dei fondi destinati ai Rom).
Dalle lettera emerge una richiesta ferma, indirizzata al Comune di Torino come «istituzione e come azionista indiretto del Salone»: quella di scegliere tra avere al Lingotto Halina Birembaun e il museo di Auschwitz oppure lo stand della casa editrice Altaforte. Le parole non lasciano dubbi:
«Non si può chiedere ai sopravvissuti di condividere lo spazio con chi mette in discussione i fatti storici che hanno portato all' Olocausto, con chi ripropone una idea fascista della società». E aggiungono: «Non si tratta, come ha semplificato qualcuno, del rispetto di un contratto con una casa editrice, bensì del valore più alto delle istituzioni democratiche, della loro vigilanza, dei loro anticorpi, della costituzione italiana, che supera qualunque contratto».
La sindaca ieri ha sottolineato che «Torino è antifascista e al Salone ci sarà perché le idee si combattono con idee più forti».
Ma la lettera chiede di rescindere il contratto con Altaforte. E quella è un' altra storia.
Il contratto lo hanno stipulato gli organizzatori del Salone dicendo sì alla richiesta di una casa editrice che è stata accettata come tutte le altre e che ha già pagato il suo spazio ben prima di diventare un caso politico. I vertici del Comitato di Indirizzo che guida il nuovo Salone ieri sono stati riuniti fino a notte alta negli uffici del Circolo dei Lettori trasformato in bunker inviolabile.
io sono matteo salvini altaforte
La loro posizione è sempre la stessa, anche di fronte alle ultime dichiarazioni del leader di Altaforte Francesco Polacchi che ieri evidenziava il suo sentirsi fascista: «Le dichiarazioni non spostano l' asse. Nessuna lo fa. Sappiamo che è una provocazione ma il Salone resta aperto a tutti».
L' esempio che circola nei corridoi dello storico palazzo del centro di Torino rende bene l' idea: «Non vogliamo fare la fine di Totti che è stato provocato da Poulsen per tutta la partita ma ha finito per essere lui l' espulso».
Una posizione che mostra tutta la sua complessità, anche perché nel cuore del Salone c' è pure l' Aie casa di tutti - ma proprio tutti - gli editori la cui presa di posizione si può più o meno sintetizzare in questo concetto: «Chiunque ami i libri e la lettura ha nel proprio Dna la libertà di pensiero, di espressione e in particolare di edizione in tutte le sue forme».
Oggi alla luce della lettera firmata dal direttore di Auschwitz e delle continue provocazioni in arrivo da CasaPound è probabile che vengano prese in esame strade diverse, la situazione è in continua evoluzione. Solo ieri è arrivata la defezione di Zerocalcare, uno da folle oceaniche che al Salone mancherà e che in coda al post su Facebook con cui annunciava l' addio ha aperto forse il vero fronte di questa vicenda: «'Sta roba prima non sarebbe mai successa. Qua ogni settimana spostiamo un po' l' asticella del baratro».
Il caso è divampato in un momento di profonde lacerazioni politiche e sta travolgendo un Salone che sull' onda dell' entusiasmo dell' edizione del rilancio non ha fatto in tempo a mettere in campo gli anticorpi per evitare di essere strumentalizzato da Altaforte, capace di conquistare una visibilità inimmaginabile fino a pochi giorni fa. Il Salone comincia giovedì ed è il momento delle scelte, ma il peso non può restare solo sulle spalle degli organizzatori. Città e Regione - che ieri hanno sottolineato il loro essere antifascisti - devono fare la loro parte, magari cominciando a rispondere alla lettera partita da Auschwitz.
chiara appendino al corteo di primo maggio
2. POLACCHI
Lodovico Poletto per la Stampa
«Mi dispiace per questa defezione. Mi dispiace per il Treno della Memoria e anche per il Museo di Auschwitz, ma io non rinuncio di certo al Salone del Libro. È stata una scelta imprenditoriale e editoriale. Io non ho offeso nessuno».
Parla Francesco Polacchi, l' inventore di Altaforte, la casa editrice vicina a CasaPound.
Se le aspettava queste alzate di scudi per la vostra partecipazione al Salone? «Immaginavo che qualche polemica ci sarebbe stata. Ma questo tritacarne assolutamente no. E per cosa poi? Un libro».
Quella è la base di partenza della polemica.
«Già, ma è un libro su una persona che sarà votata da un italiano su tre. Insomma, non è l' ìntervista a Belzebù redivivo. Salvini ha fatto bene sull' immigrazione e anche sui rom. È uno che parla chiaro e mantiene le cose».
Lei ha dichiarato alle agenzie di essere fascista. Forse è per questa ragione che la contestano, non crede?
«Ma sulle questioni storiche che riguardano tragedie personali e storiche io ho una posizione molto morigerata». In radio aveva dichiarato: «Mussolini è stato sicuramente il miglior statista italiano. Ritengo che il fascismo sia stato il momento storico e politico che ha ricostruito una nazione che era uscita perdente dalla prima guerra mondiale. E la dittatura? Un po' di dittatura non fa male»
Ma in questa storia c' è di mezzo la Shoah. Lei che ne dice?
«Io sulla Shoah ho sempre tenuto posizioni concilianti con tutti, non ho mai espresso giudizi e non ho mai messo in dubbio questo. Ma nei miei confronti si è scatenata una guerra».
In che senso, scusi?
«Hanno detto che sarebbero venuti a buttarmi le molotov».
E ha paura?
«No. È stata una scelta di vita aprire questa casa editrice, e vivo in una trincea permanente. No, paura. Temo di più per i miei collaboratori».
Si sente perseguitato?
«Per certi versi, nei miei confronti, si è creata un' opposizione forte come quella che è stata fatta a Berlusconi. La differenza tra me e lui è la capacità imprenditoriale e il conto in banca. Ma pure io sono un imprenditore finito nel mirino di certa gente per le sue idee».
E qual è la linea della sua casa editrice?
«Una linea molto lontana da posizioni antifasciste. Questo mi sembra chiaro, no?»
FRANCESCO POLACCHI
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francesco polacchi
FRANCESCO POLACCHI
MATTEO SALVINI A CENA CON I LEADER DI CASAPOUND E FRANCESCO POLACCHI