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CANTA CHE TI TASSA - PAOLI INDAGATO PER EVASIONE FISCALE FA UNA LEZIONE CONTRO IL FISCO: “LE TASSE SONO GABELLE: L’ITALIA E’ UN PAESE DI COMMERCIALISTI” - IL WEB INSORGE, LA REPLICA: “NON ASCOLTO MAI GLI IMBECILLI”
Renato Tortarolo per “la Stampa”
Henry David Thoreau, primo ribelle americano contro un sistema fiscale che riteneva iniquo, sarebbe al settimo cielo. Gino Paoli, massimo cantautore italiano, attualmente indagato per evasione fiscale, fa una lezione contro le tasse. Per di più alle cerimonia di consegna dei diplomi di un master patrocinato anche dall’Agenzia delle Entrate. Che però non ne sapeva nulla del cantautore. A immaginarla, non sarebbe venuta così bene.
Un mondo capovolto, anche perché Paoli dice cose che pensano un po’ tutti i cittadini: basta gabelle, più umanità agli sportelli, buon senso nel rapporto con il povero cittadino. Paoli non ha remore. Dice la sua in una cerimonia partita bene, i diplomi in innovazione nella pubblica amministrazione, e finita in modo surreale. Primo perché i relatori ce l’avevano messa tutta per assicurare che, sì, il cambiamento nella macchina più complicata e demonizzata dello Stato è alle porte.
Secondo perché Paoli se n’è altamente infischiato della domanda arrivata via web: non avevano nessun altro da invitare? «Certi commenti non mi toccano. Non ascolto mai gli imbecilli». Alla Camera di Commercio di Genova si guada un nuovo Rubicone. I garantisti aspettano che la storia dei capitali nascosti in Svizzera sia definita una volta per tutte dalla magistratura. E francamente non si capisce come possa finire. Ma c’è anche chi si chiede: un indagato può attaccare chi lo sta perseguendo? Paoli, come al solito, è tagliente:
«Basta pensare come nascono, di chi sono figlie le tasse in Italia. Sono figlie delle gabelle che il principe, il duca, il conte o il marchese si facevano dare dal popolo per fare i comodi loro. In America è diverso: là le tasse le raccoglievano i cittadini per costruire una scuola o un bene pubblico nelle città di frontiera».
Esempio delicato: basta pensare ad Al Capone incastrato per le tasse non pagate. Il punto è un altro: contenzioso o meno con le Entrate, due milioni di euro, Paoli è ancora carismatico. Ma per la pubblica amministrazione, difesa con autorevolezza storica dal docente romano Guido Melis, autore del recente e sostanzioso «La burocrazia» per Il Mulino, la cerimonia ieri alla Camera di Commercio è stato un harakiri.
È vero che molti degli attestati di partecipazione sono andati a dipendenti dell’Inps che hanno seguito i master fuori del loro orario di lavoro. Un miracolo. Ma la frittata mediatica è grandiosa.
Paoli attacca a tutto campo: «Non venite a dirmi che burocrazia e pubblica amministrazione sono la stessa cosa. Perché non è vero. Per cancellare la prima bastano semplificazione e informatizzazione». Dove ha imparato tutto questo Paoli? «Da presidente Siae, carica dalla quale mi hanno tolto per motivi che sanno solo loro». E torniamo alla casella di partenza. Nel «Paese dei commercialisti, senza i quali non capisci nulla…», Gino Paoli apre un nuovo fronte: attenti alle tasse, potrebbero chiedervi di pagare senza spiegarvi il perché.