‘’MARADONA NON È MORTO, È SOLO ANDATO A GIOCARE IN TRASFERTA” – LA MORTE DEL GENIO DEL CALCIO HA COLPITO PAOLO SORRENTINO MENTRE STA GIRANDO A NAPOLI. “E' STATA LA MANO DI DIO” - A MARADONA SONO STATI DEDICATI NUMEROSI FILM DIRETTI DA REGISTI DIVERSI TRA LORO COME EMIR KUSTURICA, MARCO RISI, ASIF KAPADIA – NERI PARENTI HA AVUTO L'ONORE DI DIRIGERE IL PIBE DE ORO IN UN CINEPANETTONE: TIFOSI (1999), IN CUI IL CAMPIONE INTERPRETA SE STESSO E SI FA RAPINARE DA NINO D'ANGELO
Gloria Satta per www.ilmessaggero.it
«Maradona non è morto, è solo andato a giocare in trasferta», ha esclamato Paolo Sorrentino alla notizia della morte del campione a cui è dedicato il suo ultimo film E' stata la mano di Dio ancora in lavorazione a Napoli. Ma il regista premio Oscar non è l'unico artista ad aver celebrato il genio del calcio, icona pop dei nostri tempi capace di ispirare non solo il cinema ma anche la cultura musicale contemporanea entrando nei brani di Manu Chao, di The Giornalisti, perfino dei trapper della Dark Polo Gang.
A Diego Armando Maradona sono stati dedicati numerosi film diretti da registi diversi tra loro ma egualmente stregati dal mito del genio del calcio come Emir Kusturica, Marco Risi, Neri Parenti, Asif Kapadia. E ovviamente Sorrentino che ha scelto il titolo E' stata la mano di Dio per evocare la celebre frase che il Pibe de oro utilizzò per descrivere il suo goal irregolare, segnato con la mano, contro l'Inghilterra nella Coppa del Mondo del 1986.
DIEGO ARMANDO MARADONA NEL DOCUMENTARIO DI KUSTURICA 3
Ma il film non è una biografia del genio del calcio, bensì un racconto «di formazione allegro e doloroso» legato ai ricordi personali del regista napoletano che ringraziò Maradona in mondovisione nel 2014, all'atto di ricevere l'Oscar, citandolo tra le sue fonti di ispirazione con Fellini, Scorsese e i Talking Heads. Paolo doveva a Diego non solo la passione calcistica ma anche la vita: da ragazzo, per seguire una partita del Napoli in trasferta a Empoli, rinunciò ad andare a Roccaraso con i genitori che sarebbero poi morti per le esalazioni di una stufa.
L'idolo Maradona compare in altri due film del regista: grasso e silenzioso alle terme in Youth (è interpretato da una controfigura) e nel delizioso corto della raccolta Homemade sotto forma di statuina. Ma all'inizio della lavorazione di E' stata la mano di Dio, il campione aveva minacciato azioni legali contro Sorrentino, convinto (a torto) che la propria immagine fosse un marchio registrato e addirittura non si potesse evocarla senza il suo consenso.
Diego fu meno bellicoso nei confronti di Marco Risi che nel 2007 gli dedicò il bio-pic Maradona - La mano de Diòs affidando il ruolo del protagonista al somigliantissimo Marco Leonardi. «Avevo sottoposto la sceneggiatura alla moglie Claudia che l'aveva bocciata perché parlava anche dei lati oscuri del marito, come la droga e l'infedeltà», racconta il regista. «Così, accompagnato da Gianni Minà che lo conosceva bene, nell'estate del 2005 andai ad incontrare Maradona a Cesenatico dove, ospite di Salvatore Bagni, dirigeva un corso di calcio per bambini. Si era appena disintossicato e dimagrito, ma ebbi l'impressione di un uomo tutt'altro che allegro, inquieto, non risolto».
Un altro regista italiano, Neri Parenti, ha avuto l'onore di dirigere il Pibe de oro in un cinepanettone: Tifosi (1999), in cui il campione interpreta se stesso e si fa rapinare da Nino D'Angelo. In L'allenatore nel pallone (1984) Oronzò Canà-Lino Banfi si limita invece ad evocarlo, illudendosi che il presidente della sua squadra glielo abbia comprato. Non si contano i documentari.
Nel 2005 esce Amando a Maradona dell'argentino Javier Vazquez. Tre anni più tardi in Maradona di Kusturica Diego rilascia al regista un'esplosiva dichiarazione: «La droga? Pensa che giocatore sarei stato senza la cocaina». Seguono Maradonapoli di Alessio Maria Federici (2017) e Diego Maradona di Asif Kapadia, sugli anni napoletani, gran successo l'anno scorso a Cannes dove il Pibe de oro è stato atteso inutilmente. «Alla fine lo rimpiangeremo, come succede a chi ha lasciato una traccia indelebile nel gioco del calcio e della vita - è stato il ricordo del giornalista Gianni Minà, che era prima di tutto un suo amico -. E ora silenzio. Il suo prezzo al mondo del pallone lo ha pagato da tempo».
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