PAPARAZZO E GENTILUOMO – L’ULTIMA INTERVISTA DI RON GALELLA, SCOMPARSO LO SCORSO APRILE A 91 ANNI. HA FOTOGRAFATO TUTTI, DA ELVIS A MADONNA – “MARLON BRANDO MI FECE SALTARE 5 DENTI CON UN PUGNO. ALLA FINE OTTENNI 40 MILA DOLLARI PER LA LIQUIDAZIONE DI UNA CAUSA PER DANNI” - IL DEBOLE PER JACKIE: “LA CHIAMAVO LA MIA “GOLDEN GIRL”. USCII PER UN PO’ CON LA SUA ASSISTENTE. POI UNA VOLTA CI VIDE INSIEME E LA LICENZIÒ” . L’OCCASIONE MANCATA CON MARILYN MONROE – "LE CELEBRITY FANNO UN LAVORO CHE HA A CHE FARE CON L’ILLUSIONE. SULLO SCHERMO SEMBRANO GIGANTESCHE. MA NELLA VITA REALE A VOLTE SONO PERSINO PICCOLETTE...”
Simona Siri per “Vanity Fair”
Lo incontrassi oggi, la prima domanda che gli farei sarebbe sulla polemica Kim Kardashian che indossa l’abito con cui Marilyn Monroe cantò Buon compleanno al presidente Kennedy. Avendolo conosciuto anche solo per poco, sono convinta che non sarebbe contrario: avrebbe colto la similitudine tra i due personaggi – la diva per eccellenza di ieri con quella di oggi.
Purtroppo non posso chiederglielo: Ron Galella è morto lo scorso 30 aprile, a 91 anni, lasciandosi alle spalle una carriera ineguagliabile e un archivio che racchiude alcune tra le immagini più famose della storia del costume americano. Jackie Kennedy, Elvis, Frank Sinatra, Marlon Brando, Sean Penn, Madonna, Robert Redford, Mick Jagger, Brooke Shields, Liz Taylor.
La lista è infinita. Così come sono le mostre che gli sono state dedicate: nonostante il suo lavoro fosse quello di inseguire le star per ottenere scatti rubati, le sue foto sono state riconosciute come arte, esposte in gallerie importanti, acquistate da collezionisti e musei. L’ho incontrato prima della pandemia: vidi un documentario e decisi di contattarlo.
ron galella insegue jackie onassis
Trascorsi un pomeriggio nella sua casa-museo in New Jersey in un salotto con i soffitti altissimi e con un enorme divano rosso a forma di S. Intorno a noi, sopra, sotto, alle pareti, per terra, sui mobili, praticamente in ogni stanza scatole bianche con etichette nere con dentro il suo tesoro, le migliaia di foto scattate durante la vita, tutte perfettamente catalogate. Un archivio senza eguali che preso nel suo insieme è la migliore storia dello star system americano, sicuramente dei suoi tempi più gloriosi.
Che cosa doveva avere una celebrity per essere fotografata da lei?
«La bellezza, ma non solo. La naturalezza e l’azione. Non mi sono mai piaciute le star che si mettono troppo in posa, cercavo immagini realistiche».
robert redford a manhattan nel 1974
Quale è stato il periodo migliore della sua carriera?
«Quello dello Studio 54. Ci passavano tutti, prima o poi. Andavi lì sul tardi e li beccavi tutti».
Le star di quei tempi erano diverse da quelle di oggi?
«Avevano meno filtri, erano più spontanee e libere. Ora prendono lezioni su come comportarsi con i media, come andare in televisione. Ridono troppo, mostrano i denti. E sono sempre circondate da guardie del corpo».
Una delle sue fotografie più famose è Jackie Kennedy che attraversa la strada a New York con i capelli scompigliati dal vento. Oggi sarebbe impossibile.
«È la mia foto migliore, la Monna Lisa, e non solo perché la più famosa, ma anche per la sua espressione, quel sorriso solo degli occhi. Una bellezza naturale, senza tempo, senza trucco. È una foto figlia del caso: ero a Central Park a scattare con una modella, avevo preso quel lavoro solo perché era sulla 88esima, vicino a casa di Jackie, speravo di riuscire a vederla. E infatti successe. La inseguii per qualche isolato su un taxi, per non farmi riconoscere. Quando scesi me la trovai quasi davanti e scattai. Dopo quella prima foto lei si mise gli occhiali da sole che teneva in mano, ma ormai io l’avevo fatta, avevo la foto perfetta».
Ce n’è un’altra in cui corre. Scappava da lei?
«Aveva portato la figlia a giocare a tennis. Mi vide e per evitare che io fotografassi Caroline si mise a correre, convinta che la avrei inseguita, come in effetti ho fatto».
Sbaglio o era un po’ ossessionato da Jackie? Gira voce che lei per un po’ sia uscito con la sua assistente.
«Una ragazza norvegese di nome Gretta, sì. Mi dava dritte tipo il nome di dove Jackie si faceva la manicure… poi una volta ci vide insieme e la licenziò».
Quindi ho ragione, era ossessionato.
«La chiamavo la mia “golden girl”. Non la definirei ossessione, però. Mi piaceva perché stava al gioco, non le importava di essere fotografata, era naturale, non si metteva in posa. Era piena di vita, stava sempre facendo qualcosa, faceva jogging, comprava libri, vedeva le amiche. Era interessante fotografarla. E poi apprezzava il mio lavoro: quando le regalai il mio primo libro su di lei, seppi da conoscenti comuni che lo aveva messo in bella vista in salotto, dove rimase fino alla sua morte».
mick jagger foto by ron galella
Eppure tra voi qualche problema c’è stato.
«Era molto protettiva verso i figli. L’unica volta che si è lamentata è stata quando la fotografai in bicicletta a Central Park con John Jr. Mandò la sua guardia del corpo a chiedermi il rullino, voleva che distruggessi le foto. Io non lo consegnai e mi fecero arrestare per molestie. Su consiglio del mio avvocato controdenunciai (nel 1972 un giudice ordinò a Galella di tenersi a 7 metri di distanza dalla signora Kennedy e a 10 dai suoi figli. Un decennio dopo, rischiando il carcere per aver violato l’ordine, Galella accettò di non fotografarli mai più, ndr).
A parte l’assistente, aveva altri informatori?
«Avevo una rete, sì, gente che lavorava negli alberghi, per esempio. Una volta fui l’unico a fotografare Liz Taylor e Richard Burton perché sapevo che erano in un hotel diverso dal Plaza, nel quale stavano di solito».
C’è qualcuno che non è riuscito a fotografare e che avrebbe voluto?
michael jackson e brooke shields after party grammy awards 1984 ph ron galella
«Marilyn Monroe. Persi l’occasione. Una volta ero nello studio affianco a quello in cui stavano girando Fermata d’autobus e siccome stavo facendo un altro lavoro decisi di non aspettare che uscisse. Me ne pentii il giorno dopo, anche perché con lei non ebbi più alcuna possibilità».
Elvis invece ce l’ha.
«Nel 1974 all’hotel Hilton di Philadelphia. Aveva appena finito un concerto e invece di uscire dal retro passando dalle cucine come faceva di solito uscì dall’entrata principale, con fuori la limousine che lo aspettava. È una foto quasi sfocata, Elvis è dietro, davanti c’è il suo bodyguard che forse non a caso gli assomiglia molto, ma nonostante questo mi piace, anzi forse proprio per questo».
marlon brando e ron galella nel 1974
Marlon Brando le fece saltare cinque denti con un pugno.
«Successe nel giugno del 1973. Sapevo che Brando era a New York per registrare un programma televisivo con Dick Cavett. Lo fotografai quando arrivò con l’elicottero, lo seguii tutto il giorno e alla sera, mentre stava andando a cena a Chinatown, lo inseguii di nuovo per strada. A un certo punto mi disse: “Cosa vuoi che ancora non hai?”. Io risposi che volevo una foto senza occhiali da sole perché erano pagate meglio e lui allora mi sferrò un pugno. Andammo per avvocati e alla fine io ottenni 40 mila dollari per la liquidazione di una causa per danni».
Qual è il segreto per ottenere la foto migliore?
«Essere nel posto giusto al momento giusto. E poi l’audacia. Pensi che io ero un timido: andai a scuola di recitazione, a Pasadena, proprio per combattere la mia timidezza».
La sua tecnica?
«Giravo sempre con due macchine, una in bianco e nero e una a colori. La prima foto la scattavo di sorpresa, senza mettere a fuoco, senza neanche guardare. Magari era sfocata, ma era naturale. Se la celebrity acconsentiva a farsi riprendere ne scattavo altre a colori, più posate, da ritratto. Se si rifiutava, io comunque una foto a casa l’avevo portata. E nel 90% dei casi quella rubata e naturale era anche quella che poi vendevo di più e meglio».
Che cosa ha capito delle celebrity in tutti questi anni che ha passato a fotografarle?
«Che fanno un lavoro che ha a che fare con l’illusione. Le vedi sullo schermo e sembrano gigantesche, sembrano super umane, perché le dimensioni dello schermo le fa sembrare così. Ma nella vita reale non lo sono, anzi a volte sono persino piccolette».
Essere ricordato come paparazzo le darebbe fastidio?
«Non ho mai inseguito le celebrity per il gusto di vederle cadere o riprenderle in situazioni imbarazzanti. Purtroppo oggi la parola paparazzo è abbinata a personaggi di poco gusto. Se io lo sono stato, lo sono stato con classe».
sean penn e madonna a new york nel 1986 ph ron galellajohn lennon e mick jagger al century plaza hotel di los angeles ph ron galellajackie onassisjackie onassis 1976 ph ron galella jackie e aristotele onassiselviselvis by ron galelladionne warwick e burt bacharachelizabeth taylor a parigi nel 1968dustin hoffman ron galellabrooke shields sui pattini nel 1980deneuve truffaut depardieu e travoltabarbara e frank sinatra a beverly hills nel 1979anna wintour karl lagerfeldwoody allen, mia farrow by ron galellasean penn by ron galella truman capote by ron galellasteve mcqueen by ron galellasophia loren by ron galellasophia loren by ron galella copiaron galellaron galella robert redford by ron galellapriscilla presley by ron galellaolivia newton john by ron galellamikhail baryshnikov by ron galellamichael york e richard gere by ron galellalou reed e la moglie sylvia morales by ron galellameryl streep by ron galellalinda evangeslista by ron galellalauren bacall by ron galellala principessa grace di monaco e carolina by ron galellajohn lennon e mick jagger by ron galellajohn lennon e david bowie by ron galellajohn f. kennedy jr. by ron galellajodie foster e linda grayjack nicholson e angelica hust by ron galellajack nicholson by ron galellaiman by ron galellawoody allen diane keetondavid bowie by ron galelladolly parton by ron galellachristopher reeve by ron galellabette davis by ron galellabarbra streisand e jon peters by ron galellaandy warhol by ron galelladavid bowie by ron galella 1