CI SONO VERSI CHE NON ACCADONO MAI - IL CURATORE DELLE OPERE DI ALDA MERINI, ARNOLDO MOSCA MONDADORI: ECCO PERCHE’ NON HO TRASCRITTO I VERSI PIU’ BELLI DELLA POETESSA -"AVEVAMO UN METODO DI LAVORO: IO STAVO AL PIANOFORTE, MENTRE LEI INIZIAVA A DETTARE MA QUEL GIORNO…" - NELLA SUA CASA ERA COME SE TUTTO VOLASSE. SI TOCCAVA IL CIELO. DUE GIORNI PRIMA CHE MORISSE MI CHIESE DI RISCALDARLA CON UN PHON. POI…
Giangiacomo Schiavi per il Corriere della Sera
ALDA MERINI ARNOLDO MOSCA MONDADORI
Lei dettava. E lui scriveva.
Di giorno, di sera, di notte, a qualsiasi ora. «Dovevo essere sempre pronto. Al bar, sul tram, in auto, mentre mangiavo, durante una riunione di lavoro... Quando chiamava dovevo trovare subito una penna e un foglio...».
Arnoldo Mosca Mondadori dice che così ha preso la seconda laurea. Una laurea speciale in una disciplina impossibile da definire, ma inestimabile per il valore artistico e umano, concessa da una donna che viveva tra il cielo e la terra rapita dai suoi versi: Alda Merini, la matta della porta accanto, la poetessa dei Navigli, voce libera e potente della poesia contemporanea.
Sei fuoco e amore , la raccolta che ha curato, è un viaggio nella mistica poetica di un' artista dallo straordinario spirito creativo, generosa di passioni, ma incapace di gestire il suo talento. «La poesia lei la donava, non le interessava che rimanesse su un foglio. Si sentiva un tramite».
Come vi siete conosciuti?
ALDA MERINI ARNOLDO MOSCA MONDADORI COVER
«L' andai a cercare dopo aver visto i suoi occhi in un' intervista televisiva. Mi colpì la luce che aveva dentro. La trovai nel bar dove faceva colazione la mattina: era il "Charlie Bar" sui Navigli».
Che cosa ha fatto scattare la vostra simbiosi poetica?
«Fu come una scintilla. Vidi che in quegli occhi c' era il contatto con il Mistero, con Dio».
E cominciò un' amicizia?
«Le proposi di scrivere un libro sull' anima. Lei accettò, e nacque dopo pochi mesi il libro L' anima innamorata . La nostra collaborazione si sviluppò in una collana per Frassinelli, dove uscirono dieci suoi libri, di carattere spirituale, tra il 1996 e il 2009».
Alda Merini trasgressiva, irregolare, internata in manicomio, casa sul Naviglio, letto in perenne disordine tra bottiglie, avanzi di cibo, centinaia di mozziconi sul pavimento. E lei, giovane filosofo, educazione borghese, un cognome impegnativo, due nonni fuori dal comune, Arnoldo Mondadori e Giovanni Mosca... Sembra una combinazione impossibile.
ALDA MERINI ARNOLDO MOSCA MONDADORI
«In quella casa era come se tutto volasse. Si toccava il cielo. Forse ci ha legati l' amore verso l' eternità. Anch' io ne sento il richiamo».
Un richiamo mistico?
«Le racconto un fatto: quando feci la Prima comunione, a 9 anni, ricevetti come una ferita nel cuore e nello stesso tempo provai una gioia infinita. Mi chiesi da dove provenisse quel misterioso pane che feriva e riempiva di indicibile felicità, e sentii una voce chiara nella coscienza: "Questo pane viene dal Cielo"».
Quando ha intuito la vena mistica di Alda Merini?
«Subito. Anche se cercava di nasconderla, perché era la sua parte più intima».
Sulla lapide hanno inciso queste parole: «Alda Merini 1931-2009. Nell' intimità dei misteri del mondo». Che cosa vuol dire?
«Lei era attraversata dal mistero. C' è una cosa di cui non si parla mai, si ha come il timore di parlarne ed è l' eucaristia. Io credo che sia il cibo sublime, il vero cibo capace di risvegliare l' anima umana. Spesso con Alda andavamo a fare la comunione insieme».
Di che cosa parlavate nei vostri incontri?
«Parlavamo di tutto, e mi raccontava spesso del manicomio e di come venne salvata dal "Dottor G.
", il dottor Enzo Gabrici, che nei momenti più difficili dei ricoveri le portava carta e penna perché potesse scrivere».
Aveva dei riferimenti poetici particolari?
«Rainer Maria Rilke e Dante: recitava a memoria interi canti della Divina Commedia».
È vero che oltre a dettarle le poesie le chiedeva di suonare al pianoforte?
«Sì. Avevamo un metodo di lavoro: lei teneva in mano un registratore acceso e io stavo al pianoforte suonando delle armonie che la toccavano, mentre lei iniziava a dettare».
È così che le è scappata una poesia che non ha potuto trascrivere?
«Vero. Un giorno dimenticai il registratore a casa e lei mi disse: "Suona". Le risposi: "Alda, ma ho dimenticato il registratore". "Suona!" Insistette. Allora suonai. E mi dettò una delle più belle poesie, su Cristo, che abbia mai sentito: non è finita su un libro, ma nell' universo. Lì ho capito che Alda Merini era attraversata dalla poesia e non le interessava trattenere nulla».
Da dove le veniva questa capacità di poetare a braccio? A volte sembrava in trance...
«Sono convinto che "intercettasse" l' opera poetica, la "vedesse", e diventava così lo strumento di una voce molto più grande della sua. Era per lei una necessità».
Il libro scava nell' anima della Merini. Che anima aveva la Merini?
«Fragilissima e fortissima. Nei suoi occhi io vedevo l' anima divina che abbiamo dentro di noi e che ci stiamo dimenticando in questi tempi così bui. Ma nessuno può spegnere l' anima negli uomini: nessun politico, nessun potente pieno di arroganza».
C' è qualcun altro che ha conosciuto con quell' anima e con la luce negli occhi?
«Papa Francesco. Non ho mai visto un essere umano con una luce simile negli occhi e quando l' ho incontrato ho finalmente capito cosa significa "Vicario di Cristo".
Davvero il Papa è trasparenza della luce divina. E tutti coloro che lo combattono penso siano persone ipocrite o in malafede».
Non c' è nessun altro?
«Penso a un altro amico artista, Ennio Morricone: la sua musica sarà ricordata insieme a quella dei più grandi musicisti della storia.Un giorno mi ha detto che le musiche l' artista le "intercetta": esistono già come delle strutture presenti nell' universo. Si, penso che il vero artista sia un' antenna della divinità».
Alda Merini navigava nel cuore dell' uomo e del mondo, vicino ai borderline, ai reclusi, ai dimenticati. C' è qualcosa di lei nella Fondazione che ha creato e dirige, la Casa dello Spirito e delle Arti, che si occupa di migranti e detenuti?
«La necessità di guardare alle persone scartate, agli ultimi, come a dei principi, come ai veri re dell' universo».
Con chi è nato il progetto a favore dei migranti?
«Con Mimmo Paladino. Con lui nacque l' idea di dedicare ai migranti morti e dispersi in mare un' opera d' arte, la sua Porta d' Europa, a Lampedusa, per non dimenticare e non cadere nella cultura dell' indifferenza».
Una cultura molto praticata, purtroppo.
«Oggi stiamo assistendo a una Shoah contemporanea, come quella degli ebrei sterminati nei campi di concentramento: quella di migliaia di bambini, donne e uomini innocenti che sono schiacciati e muoiono sotto i nostri occhi. Insieme alla Porta di Lampedusa pensai a una grande croce, realizzata con il legno delle barche dei migranti affondate a Lampedusa, che viaggiasse per tutto il mondo come silenziosa testimone di questo dramma. Papa Francesco benedisse l' inizio del suo viaggio. Dopo avere attraversato l' Italia e la Spagna, partirà per il Messico».
La musica univa lei e la Merini. Una musica mistica, anche quella?
«La sua poesia in realtà era musica. E la Merini diceva che la musica supera la poesia. Così, quando ero presidente al Conservatorio, decisi di aprire le porte ai bambini rom perché ricevessero una formazione musicale gratuita. Nacque un' orchestra, l' Orchestra dei Popoli, che si pone, in questo Paese in cui c' è il rischio del razzismo sempre più diffuso, come orchestra multietnica per testimoniare con mitezza ma fermezza che la vita umana è sacra, al di là di qualsiasi differenza. Credo nella fratellanza universale, basata sul fatto che siamo figli della stessa origine».
Che cosa lascia Alda Merini?
«Nell' epoca della tecnologia ci ricorda che nulla è più sublime dello stupore umano, e che nessuna macchina potrà mai sostituire la necessità di poesia e di bellezza che esiste in noi».
Starle vicino non deve essere stato facile.
«È stata una scuola incredibile».
Era una donna sola?
«Quando tornava dalle serate pubbliche e rimaneva sola spesso mi tratteneva e mi diceva : "Vedi, non c' è più nessuno". I suoi veri amici furono pochissimi».
È vero che negli ultimi giorni in ospedale le chiese un phon, per sentire un po' di calore di cui aveva bisogno? Aveva la gloria, ma forse non si sentiva amata?
«Due giorni prima che morisse mi chiese di riscaldarla con un phon. Poi si tolse la maschera dell' ossigeno e accese una sigaretta. Allora un amico, Silvio Bordoni, le disse: "Ma signora Merini, non è il caso che lei fumi". E lei rispose: "Caro Bordoni, oramai mi rimane questa sigaretta e il primo bacio di Gesù".
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COPERTINA DEL LIBRO DI ALDA MERINI A CURA DI EMILIA REBUGLIO PAREA