IL CINEMA DEI GIUSTI - “PAURA 3D” NON È SOLO IL MIGLIOR FILM DEI ROMANISSIMI MANETTI BROS, MA ANCHE IL MIGLIOR HORROR O “DE PAURA”, COME DICEVA ROCCO SMITHERSON, GIRATO IN ITALIA IN QUESTI ULTIMI ANNI - DIVERTENTE NELLA PRIMA PARTE E DAVVERO PAUROSO NELLA SECONDA, “PAURA 3D” È TOTALMENTE INDIRIZZATO AI PISCHELLI CHE NON VEDONO TV E SI FANNO DI WEB SERIES E A UN PUBBLICO CHE NON VUOLE PRODOTTI ANONIMI E SENZA STILE…

Marco Giusti per Dagospia

Stavolta ce potemo sta'. "Paura 3D" non è solo il miglior film dei romanissimi Manetti bros, ma anche il miglior horror o "de paura", come diceva Rocco Smitherson, girato in Italia in questi ultimi anni. Prodotto dalla strana coppia Dania Film, cioè Luciano Martino, e Pepito Produzioni, cioè Agostino Saccà (proprio lui...), assieme a Vision Project e Sky Cinema, distribuito in 220 copie da Medusa, con tanto di azzimatissimo Carlo Rossella a presentare il film alla conferenza stampa, non è tanto più ricco del precedente fantascientico "L'arrivo di Wang", prodotto dal solo Martino, ma ha un impianto ben più solido e riporta i Manetti alle loro origini rappettare e videoclippare e a un genere, il piccolo horror tutto racchiuso in una casa, che sembrano dominare meglio del fantascientifico (ma chi è mai riuscito a muoversi in Italia nel fantascientifico?).

Il film è composto da pochi elementi. Un maniaco, il raffinato barone Manzi appassionato d'auto d'epoca interpretato da un inedito Peppe Servillo, una ragazza indifesa sua prigioniera, Francesca Cuttica, già protagonista di Wang, che recita nuda e tremante per tutto il film, tre coattelli romani un po' strafatti, uno, Lorenzo Pedrotti, sfigato mollato dalla tipa radical chic ("sei noioso!"), uno, Claudio Di Biagio, chitarrista rockettaro, un altro, il Domenico Diele di "Acab", elettrauto e apparentemente più furbo e, ovviamente, la casa isolata, proprietà del barone, dove i tre pischelli hanno deciso sciaguratamente di trascorrere un weekend da sballo sapendo che il padrone è via. Ma tornerà, ovviamente, e la casa non è vuota...

Dopo una sequenza pre-titoli da vecchio horror all'italiana, con tanto di voce off a commento di un terribile delitto che avviene nella villa ("Quella notte, Elena, la cameriera russa, aveva deciso di andarsene. Quello che aveva visto era davvero troppo"), e dopo dei titoli inventivi, disegnati da Sergio Gazzo come se fossimo in una serie web, il film apre alla grande sul mondo dei ragazzi romani al ritmo di un rap del Colle der fomento, gruppo storico della capitale: "Questa è Roma, città senza pietà, dove ognuno ci prova, e nessuno ce la fa". Presto seguito da un altro rap cantanto da Chef Ragoo, che fu protagonista in coppia con G Max, del vecchio "Zora la vampira", sfortunata opera prima comica-horror-coatta dei Manetti bros.

E' in questa Roma, insomma, che si muovono i tre pischelli protagonisti e che i Manetti, dopo anni di videoclip, dimostrano di saper bene come inquadrare. La prima parte del film, più di quaranta minuti, è decisamente giocata sui ragazzi e sulle loro battute, prima nella notte romana, poi dentro la villa dove hanno imboccato non sapendo cosa troveranno. La seconda metà, invece, è interamente giocata sull'horror e sul terrore, con punte sempre più splatter (gli effetti sono di Sergio Stivaletti) e sanguinolenti, ma dove la vera paura trionfa nell'uso dello schermo nero in 3D con pochi elementi a vista e nella musica di Pivio.

Rispetto a quello che si è visto negli ultimi tempi in Italia, penso al pur interessante "Shadow" di Federico Zampaglione, ma anche rispetto al già citato "Zora", siamo qui a un livello di costruzione totalmente superiore, dove non solo non si sentono mai i limiti del budget (forse anche grazie al 3D), ma ci si fa addirittura forza dell'italianità, anzi della romanità della storia.

Invece di espandere l'immersione nel genere in chiave internazionale (si poteva girare in inglese alla Balaguero, pensando a un pubblico più vasto), i Manetti radicalizzano il loro horror nella romanità del rap e del pischellume, seminando di battute coatte anche i momenti più hard ("Quello che hai sentito è il rumore della fattanza che ci hai ner cervello!", "Cazzi mosci, volete sta tutta la sera a piagne' o volete fa un giro co' sta machina?") e contemporaneamente recuperano la grande tradizione italiana di Argento e di Bava, addirittura citato nella prima parte del film da un dotto professore di cinema all'università (cameo del critico Antonio Tentori).

Divertente nella prima parte e davvero pauroso nella seconda, "Paura 3D" è totalmente indirizzato ai pischelli che non vedono tv e si fanno di web series e a un pubblico che non vuole prodotti anonimi e senza stile. C'è qualche ingenuità, qualche lunghezza di troppo, qualche battuta inutile, ma nel complesso il film funziona, gli attori, soprattutto Francesca Cuttica e Domenico Diele sono bravi, e, dieci anni dopo il flop di "Zora la vampira", i Manetti sembrano riprovarci con maggior consapevolezza aprendo finalmente la strada a un ritorno rigoroso di un genere che sapevamo fare così bene e che ci ha reso popolari nel mondo.

 

PEPPE SERVILLO SEVIZIA LORENZO PEDROTTI E FRANCESCA CUTTICA IN PAURA TRE D DEI MANETTI BROS PAURA TRE D DEI MANETTI BROS PAURA TRE D DEI MANETTI BROS PAURA TRE D DEI MANETTI BROS PAURA TRE D DEI MANETTI BROS PAURA TRE D DEI MANETTI BROS PAURA TRE D DEI MANETTI BROS PAURA TRE D DEI MANETTI BROS I MANETTI BROS SUL SET DI PAURA TRE D LORENZO PEDROTTI E FRANCESCA CUTTICA IN PAURA TRE D DEI MANETTI BROS PAURA TRE D DEI MANETTI BROS

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