dumbo

IL CINEMA DEI GIUSTI - PER IL SUO “DUMBO”, TIM BURTON È COSTRETTO A PUNTARE VERSO UNA STORIA CHE NON C’ENTRA TANTO COL VECCHIO FILM - DAVVERO NON SI PUÒ VEDERE QUESTO ELEFANTINO CON EVA GREEN SOPRA. E’ CONTRO NATURA - IL PROBLEMA È CHE NON C’ERA IN PARTENZA ABBASTANZA STORIA PER POTERLO RIPROPORRE SENZA INVENTARSI QUALCOSA DI NUOVO. PER GIUNTA SI È DECISO DI TOGLIERE DUE DELLE SCENE CHIAVE, PER IL POLITICAMENTE CORRETTO… - VIDEO

 

Marco Giusti per Dagospia

 

scena del film dumbo

Ma si può rifare Dumbo senza il topino Timoteo? Senza i corvi neri che incontrano l’elefantino sull’albero e esplodono nel coro di “Ne ho viste tante da raccontar, ma mai ho visto un elefante volar”? E spostando l’azione dal 1941 al 1919, inserendo così l’aria da fine Prima Guerra Mondiale a quella da inizio Seconda Guerra Mondiale? Ma, soprattutto, obbligando il povero Dumbo, che è un elefantino con le orecchie troppo grandi, ma è piccolo, a essere cavalcato da Eva Green, bellissima, ma davvero troppo grande per lui.

 

michael keaton in dumbo

E non a caso una delle immagini migliori di questo nuovo Dumbo prodotto dalla Disney, diretto da un grande maestro come Tim Burton, da qualche anno non così in forma, è quando l’elefantino e la trapezista cadono nella rete e si ritrovano vicini. Ora, il vecchio Dumbo era nato da una storiella di Helen Aberson e Harold Pearl letta sul retro di una scatola di corn flakes. Walt Disney lo vedeva come un filmetto un po’ cafone da fare in tempi rapidi, sei mesi di preparazione, un anno per realizzarlo, per recuperare il disastro di Pinocchio, troppo caro, e impossibile da esportare nella Germania nazista e nell’Italia fascista con l’arrivo della guerra.

 

dumbo

Non solo Dumbo fu il film più corto e meno controllato da Disney grandi classici, ma venne amato dai critici, fu omaggiato da “Time” con una copertina e un articolo che non lo citava nemmeno, che uscì il 7 dicembre del 1941, proprio il giorno dell’attacco giapponese a Pearl Harbour. E lo stesso Dumbo, nelle ultime scene del film, è pronto a diventare un aereo militare. Tutto questo, spostando l’azione vent’anni prima, nel Dumbo di Tim Burton, scritto dal modesto Ehren Kruger, già responsabile del disastro di Ghost in a Shell, scompare.

 

dumbo

E, togliendo una serie di scene fondamentali per la censura del politicamente corretto, i corvi neri canterini con le voci del Johnson Choir e di Ukulele Ike alias Cliff Edwards, Dumbo ubriaco che sogna gli elefanti rosa, Burton è costretto a puntare verso una storia che non c’entra tanto col vecchio film. C’è un circo, ovviamente, che parte col trenino Casey Junior (nell’edizione italiana la marcetta di “Casimiro” era cantata dai Cetra) da Sarasota in Florida come ai grandi tempi del Ringling, ma al posto del suo aiutante e “pilota”, Timoteo, che aveva posto sul cappello di Dumbo, troviamo due bambini, Milly e Joe, orfani di madre, e la madre della Milly di Nico Parker, anche nella vita, è la bellissima Thandie Newton, come vediamo in fotografia.

dumbo

 

C’è un padre cavallerizzo che torna dalla guerra senza un braccio, Colin Farrell. C’è un buffo direttore di circo, Max Medici, il grande Danny De Vito, aiutato da una buffa scimmia, un po’ di falsi freaks, perché quelli veri da circo oggi sono scorretti, ma tutto Dumbo e il vecchio circo americano era costruito su veri freaks e veri animali feroci. Non a caso manca l’umiliazione delle elefantesse che quando vedono le orecchie del piccolo gli urlano F R E A K !, cosa che farà imbestialire la mamma di Dumbo. Tim Burton sparge qualcosa per i fan del vecchio film.

 

Compare Mister Stork, la cicogna, quande nasce il piccolo, Milly ha vestito un topino bianco da Timoteo, ma non ha certo né la parlantina di Stefano Sibaldi né le animazioni di Fred Moore, non può privarci della canzone “Baby Mine” di Frank Churchill quando rinchiudono la mamma di Dumbo come “mad elephant”, ovvio, e lei lo culla con la proboscide da dietro le sbarre. Ogni volta che la vedo piango, come il Robert Stack di 1941, il film di Steven Spielberg dove viene celebrata la prima di Dumbo. Se le apparizioni dei clown sono limitate, non si sa perché, la grande scena di Dumbo pagliaccio pompiere con la casa che va a fuoco e lui che alla fine della scena dovrà volare è non solo ricostruita benissimo, ma è superba.

eva green in dumbo

 

Come meravigliose, va detto, sono le scene di Dumbo quando vola nel circo con la sua piuma. E quando entra in scena Eva Green nel ruolo della bellissima trapezista Colette Marchant, si sente la mano di Tim Burton e la sua venerazione sia per l’attrice sia per il vecchio circo. I suoi costumi, disegnati come al solito da Colleen Atwood, sono ripresi da quelli delle grandi trapeziste del Ringling, come Esterina Redenski, che in certe foto vediamo in scena con l’elefante Pepo alla fine degli anni ’30.

 

eva green in dumbo

E pure la ricostruzione del parco di divertimento Dreamland a New York, dove finiscono Dumbo e il suo circo, è di gran classe, inoltre ci fu davvero un fallimentare Freedomland, parco giochi anti-Disneyland, ma trent’anni dopo. Ci furono, nei primissimi anni ’20, dei grandiosi show del Ringling a New York sia al vecchio Madison Square Garden che al Nuovo Madison. E forse Tim Burton e i suoi sceneggiatori mischiano le due cose, ma tutta la storia con Michael Keaton capitalista del circo cattivo che vuole separare Dumbo dalla mamma e costringere Eva Green a cavalcarlo come fosse la scopa di una strega è disastrosa.

 

Perché non si può vedere questo elefantino volante con Eva Green sopra. E’ contro natura. Ora. Il problema principale, nel rifacimento di Dumbo, è che non c’era in partenza abbastanza storia per poterlo riproporre senza inventarsi qualcosa di nuovo. Per giunta si è deciso di togliere due delle scene chiave, per il politicamente corretto, che Tim Burton avrebbe potuto dirigere con la sua sincera passione per il film. Così a metà film il remake è praticamente finito, e ci si deve inventare una storia diversa.

 

dumbo

Che non funziona. E lo spostamento di vent’anni della storia porta a una serie di incongruenze storiche poco riuscite. Rimangono una ricostruzione minuziosa degli anni d’oro del Ringling grazie ai costumi di Colleen Atwood, alle scenografie di Rich Heinrichs (Dark Shadows, Sleepy Hollow), alla fotografia di Ben Davis, una grande Eva Green doppiata in aria da Caridad Angus, un paio di belle scene di circo, una schiera di attori burtoniani, perfino Alan Arkin, in attesa di un vero ruolo, e la musica di Danny Elfman che rielabora le vecchie canzoni. Dumbo funziona, è simpatico, soprattutto quando vola. La Milly di Nico Parker è una scoperta assoluta. Tutta la polemica sulle reti per i trapezisti è notevole, anche se nel 1919 nessuno usava le reti. Si vede. Certo. Ma ridatemi il vecchio Dumbo. E i corvi neri.

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