L’ULTIMA REGINA DI FRANCIA – IL NONNO MERCANTE D’ARTE PAUL ROSENBERG, GRAMSCI E LA VITA CON STRAUSS-KAHN, PARLA ANNE SINCLAIR, DIRETTRICE DELL’HUFFINGTON POST FRANCESE: "IL RIFIUTO DI DIVENTARE MINISTRO DELLA CULTURA? NON HO FAME DI POTERE, PREFERISCO LA LIBERTA’ – IL NO AL RITRATTO DI PICASSO: DA BAMBINA AVEVO SOLO PAURA DI FINIRE IN UN QUADRO CON LA TESTA STORTA E GLI OCCHI AL POSTO DEL NASO"
Stefano Montefiori per il Corriere della Sera
Di sicuro ne sorriderebbe, lei così celebre e per niente altezzosa, ma incontrare Anne Sinclair significa sfiorare la storia di Francia. Suo nonno Paul Rosenberg fu il più grande mercante d' arte del XX secolo, costretto perché ebreo a fuggire a New York dove lei nacque Anne Schwartz, nel 1948, prima di essere naturalizzata in Francia come Sinclair.
Da bambina Picasso la teneva sulle ginocchia, da adulta Anne Sinclair è stata la grande star del giornalismo francese di qualità, radunando negli anni Ottanta e Novanta fino a 12 milioni di spettatori ogni domenica sera per le interviste con i protagonisti della politica, tra i quali un giovane e promettente Dominique Strauss-Kahn, suo marito poi per vent' anni fino al disastro del Sofitel di New York. Quella prova è superata.
Dopo avere affrontato le telecamere di tutto il mondo e aiutato un uomo a terra, DSK, a uscire dalla prigione americana, Anne Sinclair oggi è direttrice dell' Huffington Post francese e dedica «a Pierre», il grande storico Pierre Nora, le quasi 600 pagine del suo saggio «Chronique d' une France blessée» (Grasset).
Le sue osservazioni sulla Francia e l' Europa ferite cominciano dal luglio 2015, i giorni peggiori della crisi greca. Perché ha scelto quel momento?
«La Grecia a un passo dall' uscita dall' euro per me è stata il punto decisivo, rivelatore che stava succedendo qualcosa di sconvolgente nel nostro mondo ormai popolato di mostri, come direbbe Gramsci. Una crisi congiunturale o espressione di un ribollire più profondo, che viene da lontano? Purtroppo propendo per la seconda ipotesi».
Le elezioni francesi sembrano giocarsi tra sostenitori di un mondo aperto e chi lo preferirebbe chiuso, e i primi sono accusati di fare parte di un' élite globale.
«Succede anche in Italia, lo stesso meccanismo fa sì che i cittadini votino per il Movimento 5 Stelle di Beppe Grillo in Italia e per Marine Le Pen in Francia. È la sensazione di essere tenuti ai margini di un mondo globalizzato e digitalizzato. Il livello di vita è più alto di anni fa, ma non ne siamo consapevoli. Le persone hanno l' impressione di essere lasciate indietro, come negli Stati Uniti dove hanno votato per un tipo che aumenterà ancora di più il loro ritardo».
In quanto giornalista di primo piano, e con la sua storia famigliare, si sente toccata dalle critiche alle élite?
«In Francia i media sono detestati in quanto membri della casta ma i giornalisti cercano solo di essere razionali. Oggi tutti pensano di essere migliori del vicino, l' opinione di chiunque vale l' opinione di un professore o di un esperto, il rigetto di tutto ciò che è autorità intellettuale, non dico neanche politica, è generale. Ma con me la gente è gentile e rispettosa, mi sembra di avere un' immagine positiva. Certamente qualcuno fa notare da che pulpito parlo, magari su Twitter. Ma anche se mio nonno è stato un grande mercante d' arte le sue opere oggi sono ovunque nel mondo, non in casa mia, e io comunque non ho alcun merito».
Nel libro lei racconta tra l' altro di quando il presidente Hollande le chiese di diventare ministra della Cultura. Perché ha rifiutato?
«Quel ministero in Francia è il più bel posto del governo, significa André Malraux, Jacques Lang, il prestigio della cultura francese. Ho trovato formidabile che me lo proponessero e normale rifiutare. Perché non ho fame di potere, non volevo passare gli anni successivi tra grane e riunioni sul budget. Poi ho avuto una vita personale agitata, e stava diventando finalmente serena con un uomo che, come me, non è più giovanissimo. Non avevo voglia di rovinarla».
Lei ha detto no anche a Picasso che da piccola voleva farle il ritratto. Sono segni di libertà?
«Forse sì, non sono mai stata molto sensibile agli onori. Ma da bambina avevo solo paura di finire in un quadro con la testa storta e gli occhi al posto del naso, fossi stata più grande avrei accettato. Però è vero che le persone di potere le ho viste da vicino. E non mi impressionano per niente».
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