paolo giordano sangiuliano

PIU’ CHE UN SALONE, UN SALOON! - PAOLO GIORDANO, CANDIDATO FAVORITO NELLA SUCCESSIONE A NICOLA LAGIOIA ALLA DIREZIONE DEL SALONE DEL LIBRO DI TORINO, SI RITIRA E DENUNCIA LE PRESSIONI DELLA MAGGIORANZA DI CENTRODESTRA A ROMA PER INSERIRE 4 FIGURE NELLO STAFF. IL MINISTRO SANGIULIANO AVEVA INDICATO GIORDANO BRUNO GUERRI, MARCELLO VENEZIANI, PIETRANGELO BUTTAFUOCO E ALESSANDRO CAMPI - LA APPENDINO ANNUNCIA UNA INTERROGAZIONE PARLAMENTARE…

Claudia Luise per la Stampa

 

paolo giordano

Ormai è una valanga di fango quella che si sta abbattendo sul Salone del Libro e sta travolgendo tutti. Una partita che si immaginava di risolvere in poco tempo e senza intoppi si è invece rivelata specchio - o spettro - dei mutati pesi politici che vogliono occupare altrettanto spazio culturale.

 

Paolo Giordano, direttore "designato" per il post Nicola Lagioia, decide di raccontare la sua versione ed è un fiume in piena. Sa che con le sue dichiarazioni innescherà reazioni a catena ancora peggiori della soap opera che ha tenuto banco finora. Denuncia pressioni politiche, allude a una sorta di commissariamento da parte della destra di governo cui sarebbe andato incontro accettando l'incarico di direttore. E così spiega il suo no: non gli sarebbero state garantite l'indipendenza e la libertà di pensare il suo Salone, che Lagioia ha invece avuto nei suoi sette anni alla guida della fiera.

 

Se finora si potevano solo immaginare le trame dietro la partita del Salone ora sembra tutto più chiaro. A cominciare dai suggerimenti del ministro della Cultura, Gennaro Sangiuliano al coordinatore del Comitato direttivo del Salone (l'organo che deve nominare il direttore) e presidente del Circolo dei lettori, il notaio torinese Giulio Biino, con i desiderata della maggioranza politica di destra: tre nomi da inserire nel Comitato editoriale che affiancherà il nuovo direttore.

 

gennaro sangiuliano

Peccato che Lagioia aveva potuto scegliere in autonomia tutti e 19 i suoi consulenti. Sangiuliano nega le ingerenze. Biino abbozza: «Non comprendo a cosa si riferisca Giordano quando dichiara che tra le ragioni che lo avrebbero indotto ad assumere questa decisione vi sarebbe la chiara percezione di non essere libero».

 

 Ma poi ammette di aver ricevuto «una garbata richiesta del ministro della Cultura, il cui dicastero peraltro finanzia il Salone attraverso il Centro per il libro e la lettura, di poter condividere, all'interno del rinnovando Comitato editoriale, tre nominativi di espressione del ministero».

 

GENNARO SANGIULIANO E DANTE DI DESTRA - MEME

Dovrebbe essere una toppa e invece finisce per aggravare la situazione proprio perché dallo staff che sta allestendo l'edizione 2023 si affrettano a specificare che «i consulenti editoriali sono nominati dal Salone (non dal ministero o da altri enti, ndr), è la procedura».

Nei giorni scorsi sembrava che a spingere Giordano a dire di no a un tandem con Elena Loewenthal (lui direttore, lei vice) fosse un'incompatibilità tra i due, voci subito smentite dai diretti interessati.

 

Ora Giordano svela le pressioni della maggioranza di centrodestra a Roma. Non fa nomi ma fonti autorevoli citano quattro figure che la destra avrebbe voluto inserire nella squadra del direttore: Giordano Bruno Guerri, Marcello Veneziani, Pietrangelo Buttafuoco e Alessandro Campi. Contattati da La Stampa, l'unico ad ammettere è Veneziani: «Mi avevano sondato, ma non sono disponibile». Bruno Guerri assicura di non saperne nulla e Buttafuoco spedisce la palla in tribuna: «Non ne so nulla ed essendo stato al Salone da autore, presentatore, inviato ed editore ho sempre visto Culicchia che dunque mi sembra un ottimo direttore». Poi è lo stesso ministro, in serata, a spiegare che si era discusso di inserire Buttafuoco, Alessandro Campi e Guerri: «Queste personalità non hanno un curriculum per far parte del Comitato?», si chiede. E poi precisa anche che la sua proposta - rifiutata - era stato un tandem tra Gianni Oliva ed Elena Loewenthal, «e Oliva è stato pure un assessore Pd».

 

marcello veneziani foto di bacco

Precisazioni che non servono a spegnere la polemica politica, tanto che l'ex sindaca di Torino Chiara Appendino, oggi deputata del M5s, annuncia una interrogazione parlamentare: «Lo scenario è preoccupante perché dimostrerebbe la precisa volontà di mettere le mani sull'autonomia della cultura». In questo clima il percorso che doveva portare entro fine 2022 alla designazione del dopo-Lagioia rischia di arenarsi. Il Comitato direttivo fa sapere di aver posticipato a giugno la decisione sul nuovo direttore. È l'epilogo di un percorso che di lineare finora ha avuto ben poco a partire dalla scelta del metodo: una manifestazione d'interesse lanciata a novembre quando l'addio di Lagioia era noto dallo scorso maggio.

 

Una procedura cominciata con un vincitore quasi annunciato (da una parte degli stessi che dovevano decidere), proprio Paolo Giordano. E poi i 53 candidati i cui nomi avrebbero dovuto restare segreti e invece hanno iniziato a circolare nel giro di pochi giorni dando il via al tiro al bersaglio, al gioco dei veti su questo o su quel nome, ai veleni politici, al centrodestra deciso a sbarrare la strada a Giordano e a spingere candidati alternativi (Elena Loewenthal e Giuseppe Culicchia su tutti) sgraditi però ai soci privati della kermesse.

SALONE DEL LIBRO

 

Due mesi di rimpalli che il sindaco di Torino, Stefano Lo Russo, e il presidente della Regione, Alberto Cirio, speravano di aver chiuso con un capolavoro di equilibrismo: Giordano direttore, Loewenthal vice e Culicchia al Circolo dei lettori. Peccato che i primi a non essere convinti fossero i diretti interessati. Tentativo fallito. Ora si riparte da zero. Ma intanto il Salone sta naufragando.

Ultimi Dagoreport

ursula von der leyen donald trump xi jinping cina unione europea stati uniti

FLASH! - COME REAGIRE ALLA TERZA GUERRA MONDIALE DI TRUMP? PIU’ CHE UNA WEB-TAX SULLE BIG TECH, PER METTERE IN GINOCCHIO IL DAZISTA DELLA CASA BIANCA, FACENDO RITORNARE DI COLPO LE ROTELLE AL LORO POSTO, SAREBBE SUFFICIENTE LA VENDITA DEL 10% DEI TITOLI DEL TESORO AMERICANO IN POSSESSO DI CINA E UNIONE EUROPEA (AL 2024 PECHINO NE DETENEVA 768 MILIARDI, MENTRE I 27 PAESI UE NE HANNO IN PANCIA OLTRE DUEMILA MILIARDI) – DI TALE MOSSA MORTALE, CONFERMATA A DAGOSPIA DA FONTI AUTOREVOLI, NE STANNO DISCUTENDO NELLA MASSIMA RISERVATEZZA GLI EMISSARI DEL DRAGONE DI XI JINPING E GLI SHERPA DEI CAPOCCIONI DI BRUXELLES (COME DICONO A QUARTICCIOLO: ‘’EXTREME EVILS, EXTREME REMEDIES…’’)

donald trump matteo salvini giuseppe conte vladimir putin

DAGOREPORT – ALLEGRIA! RICICCIA L’ALLEANZA DEGLI OPPOSTI POPULISMI: SALVINI E CONTE - SABATO SCORSO, I GEMELLI DIVERSI SI SONO RITROVATI IN PIAZZA A SBANDIERARE LE COMUNI POSIZIONI TRUMPUTINIANE CHE DESTABILIZZANO SIA LA MAGGIORANZA DI GOVERNO CHE L’OPPOSIZIONE - IL LORO RUOLO DI GUASTATORI NEI RISPETTIVI SCHIERAMENTI FA GODERE TRUMP, CHE HA PRESO DUE PICCIONI CON LA SUA FAVA: CONDIZIONA IL GOVERNO MELONI E SPACCA IL PD DI ELLY SCHLEIN – SFANCULATO BEPPE GRILLO, ANNIENTATO LO ZOCCOLO DURO PENTASTELLATO, AL POSTO DELL'ELEVATO", COME "IDEOLOGO", CONTE HA MARCO TRAVAGLIO - IL RUOLO DI CASALINO NEL SUCCESSO DELLA MANIFESTAZIONE ANTI-RIARMO DI SABATO... - VIDEO 

giorgia meloni donald trump economia recessione dazi

DAGOREPORT – GIORGIA MELONI VOLERÀ FINALMENTE NEGLI STATI UNITI PER IL TANTO AGOGNATO FACCIA A FACCIA CON TRUMP: MA COSA ANDRÀ A FARE? SOPRATTUTTO: QUALE RISULTATO OTTERRÀ? -L’UNICO SPAZIO CHE OGGI HA A DISPOSIZIONE LA THATCHER DELLA GARBATELLA È IL PERIMETRO STABILITO DA KAISER URSULA CON MACRON E MERZ, CHE SI RIASSUME IN TRE PUNTI: DIALOGO, REAZIONE E DIVERSIFICAZIONE DEI MERCATI - L'EVENTUALITA' CHE, DOPO OCCHIONI E MOINE MELONIANE, IL TRUMPONE RINCULI DAL 20% A ZERO DAZI E' DA ESCLUDERE: IL TYCOON BANCAROTTIERE PERDEREBBE LA FACCIA - MA L'UNDERDOG NON PUO' TRATTARE NEMMENO UN DIMEZZAMENTO DELLE TARIFFE RECIPROCHE AL 10% PERCHE' LA NEGOZIAZIONE DEVE PASSARE PER BRUXELLES – LA DUCETTA PUÒ SOLO PROVARE A ESERCITARE UNA MORAL SUASION SUL SUO AMICO TRUMP E FARSI SCATTARE QUALCHE FOTO PER FAR ROSICARE DI INVIDIA MATTEO SALVINI - VIDEO

vespa meloni berlusconi

DAGOREPORT - VABBE’, HA GIRATO LA BOA DEGLI 80 ANNI, MA QUALCOSA DI GRAVE STA STRAVOLGENDO I NEURONI DI "GIORGIA" VESPA, GIA' BRUNO - IL GIORNALISTA ABRUZZESE, PUPILLO PER DECENNI DEL MODERATISMO DEMOCRISTO DEL CONTERRANEO GIANNI LETTA, CHE ORMAI NE PARLA MALISSIMO CON TUTTI, HA FATTO SOBBALZARE PERFINO QUELLO SCAFATISSIMO NAVIGATORE DEL POTERE ROMANO CHE È GIANMARCO CHIOCCI – IL DIRETTORE DEL TG1, PRIMO REFERENTE DELLA DUCETTA IN RAI, E’ RIMASTO BASITO DAVANTI ALL’”EDITORIALE” DEL VESPONE A "CINQUE MINUTI": "DAZI? PER IL CONSUMATORE ITALIANO NON CAMBIA NULLA; SE LA PIZZA A NEW YORK PASSERÀ DA 21 A 24 EURO NON SARÀ UN PROBLEMA". MA HA TOCCATO IL FONDO QUANDO HA RIVELATO CHI È IL VERO COLPEVOLE DELLA GUERRA COMMERCIALE CHE STA MANDANDO A PICCO L’ECONOMIA MONDIALE: È TUTTA COLPA DELL’EUROPA CON “GLI STUPIDISSIMI DAZI SUL WHISKEY AMERICANO’’ - VIDEO

tulsi gabbard donald trump laura loomer timothy haugh

DAGOREPORT - È ORA D’ALLACCIARSI LE CINTURE. L’INTELLIGENCE OCCIDENTALE E' NEL PANICO TOTALE: SU CONSIGLIO DI UNA MAGA-INFLUENCER, LA PROCACE LAURA LOOMER, GIOVEDI' TRUMP HA CACCIATO SU DUE PIEDI IL GENERALE TIMOTHY HAUGH, DIRETTORE DELLA NATIONAL SECURITY AGENCY - LA NSA È LA PRINCIPALE AGENZIA DI CYBERSPIONAGGIO DEGLI STATI UNITI (CON 32 MILA DIPENDENTI, È QUASI IL 50% PIÙ GRANDE DELLA CIA) - LA CACCIATA DI HAUGH AVVIENE DOPO LA DECAPITAZIONE DEI CAPI DEI SERVIZI SEGRETI DI CIA E DI FBI, CHE TRUMP CONSIDERA IL CUORE DI QUEL DEEP STATE CHE, SECONDO LUI, LO PERSEGUITA FIN DALL’ELEZIONE PRESIDENZIALE PERDUTA CONTRO BIDEN NEL 2020 – UNA EPURAZIONE MAI VISTA NELLA TRANSIZIONE DA UN PRESIDENTE ALL’ALTRO CHE STA ALLARMANDO L’INTELLIGENCE OCCIDENTALE. CON TRUMP CHE SI FA INTORTARE DA INFLUENCER BONAZZE, E FLIRTA CON PUTIN, CONDIVIDERE INFORMAZIONI RISERVATE CON WASHINGTON, DIVENTA UN ENORME RISCHIO - (E C’È CHI, TRA GLI 007 BUTTATI FUORI A CALCI DA ''KING DONALD'', CHE PUÒ VENDICARSI METTENDO A DISPOSIZIONE CIÒ CHE SA…)

elon musk donald trump matteo salvini giorgia meloni

DAGOREPORT - LE “DUE STAFFE” NON REGGONO PIÙ. IL CAMALEONTISMO DI GIORGIA MELONI NON PUÒ PIÙ PERMETTERSI DI SGARRARE CON MACRON, MERZ, URSULA, CHE GIÀ EVITANO DI CONDIVIDERE I LORO PIANI PER NON CORRERE IL RISCHIO CHE GIORGIA SPIFFERI TUTTO A TRUMP. UN BLITZ ALLA CASA BIANCA PRIMA DEL CONSIGLIO EUROPEO, PREVISTO PRIMA DI PASQUA, SAREBBE LA SUA FINE -  UNA RECESSIONE PROVOCATA DALL’AMICO DAZISTA TRAVOLGEREBBE FRATELLI D’ITALIA, MENTRE IL SUO GOVERNO VIVE SOTTO SCACCO DEL TRUMPUTINIANO SALVINI,

IMPEGNATISSIMO NEL SUO OBIETTIVO DI STRAPPARE 4/5 PUNTI AGLI ‘’USURPATORI’’ DELLA FIAMMA (INTANTO LE HA “STRAPPATO” ELON MUSK AL CONGRESSO LEGHISTA A FIRENZE) - UN CARROCCIO FORTIFICATO DAI MEZZI ILLIMITATI DELLA "TESLA DI MINCHIA" POTREBBE FAR SALTARE IN ARIA IL GOVERNO MELONI, MA VUOLE ESSERE LEI A SCEGLIERE IL MOMENTO DEL “VAFFA” (PRIMAVERA 2026). MA PRIMA, A OTTOBRE, CI SONO LE REGIONALI DOVE RISCHIA DI BUSCARE UNA SONORA SCOPPOLA…